Impugnazione cautelare: la Cassazione corregge il PM e converte il ricorso
Nel processo penale, la scelta del corretto strumento processuale è fondamentale. Un errore nella presentazione di un atto può avere conseguenze significative, anche se non sempre fatali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto cruciale in materia di impugnazione cautelare, ribadendo i confini del ricorso diretto (o per saltum) e il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. Questo caso serve come un importante promemoria sulle rigide regole procedurali che governano i ricorsi contro le decisioni sulle misure cautelari.
Il caso: rigetto della custodia in carcere e l’appello errato
La vicenda ha origine da un procedimento per furto aggravato. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Avezzano, all’esito dell’udienza di convalida dell’arresto, aveva richiesto l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere per l’indagato. Il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.), tuttavia, rigettava tale richiesta.
Contro questa decisione, il Pubblico Ministero decideva di agire proponendo un ricorso immediato, cosiddetto per saltum, direttamente alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge processuale.
L’impugnazione cautelare corretta: perché non il ricorso diretto?
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha immediatamente rilevato un vizio procedurale. Il ricorso diretto alla Suprema Corte è uno strumento eccezionale, utilizzabile solo nei casi espressamente previsti dalla legge. Nel contesto delle misure cautelari, la procedura standard per contestare un’ordinanza del G.i.p. che respinge una richiesta del PM è l’appello al Tribunale del riesame, secondo quanto disposto dall’art. 310 del codice di procedura penale.
Il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione
La decisione della Corte si fonda su un pilastro del nostro sistema processuale: il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. Questo principio stabilisce che per ogni provvedimento giudiziario esiste uno specifico mezzo di impugnazione previsto dalla legge, e le parti non possono sceglierne uno diverso a loro piacimento. La giurisprudenza citata nell’ordinanza (tra cui Cass. n. 7437/2023) è consolidata nel negare al PM la facoltà di proporre ricorso per saltum avverso l’ordinanza che respinge la domanda cautelare.
La decisione della Corte: conversione dell’atto e trasmissione
L’errore del PM non ha però portato a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Il nostro ordinamento prevede infatti un meccanismo di ‘salvataggio’ per gli atti procedurali.
L’applicazione dell’art. 568, comma 5, c.p.p.
La Corte ha applicato l’articolo 568, comma 5, del codice di procedura penale, che disciplina la conversione del mezzo di impugnazione. Questa norma prevede che, se una parte propone un’impugnazione con un mezzo diverso da quello prescritto, l’atto non è inammissibile se possiede i requisiti di forma e sostanza del mezzo corretto. In tal caso, il giudice che riceve l’atto lo trasmette all’organo competente.
Di conseguenza, la Cassazione ha qualificato il ricorso del PM come un appello e ha disposto la trasmissione di tutti gli atti al Tribunale del riesame de L’Aquila, identificato come il giudice competente per l’appello cautelare in quella circoscrizione.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato e il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione. È stato sottolineato che il Pubblico Ministero non è legittimato a ‘saltare’ un grado di giudizio in questa specifica materia. La legge prevede un percorso chiaro: l’appello al Tribunale del riesame. Qualsiasi deviazione da questo percorso è proceduralmente scorretta. La conversione dell’atto, anziché la sua declaratoria di inammissibilità, risponde a un principio di conservazione degli atti giuridici, consentendo alla richiesta del PM di essere comunque esaminata dal giudice naturale previsto dalla legge, sebbene con un inevitabile allungamento dei tempi processuali.
Le conclusioni
Questa ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, ribadisce la rigidità delle norme procedurali in materia di impugnazioni, specialmente quelle cautelari, dove sono in gioco diritti fondamentali. In secondo luogo, dimostra l’operatività del principio di conservazione degli atti, che, attraverso lo strumento della conversione, permette di sanare un errore procedurale senza pregiudicare il diritto della parte a ottenere una decisione nel merito. Per gli operatori del diritto, è un monito a seguire scrupolosamente le vie indicate dal codice, per evitare ritardi e garantire la corretta amministrazione della giustizia.
Può il Pubblico Ministero fare ricorso diretto in Cassazione se il G.I.P. respinge una richiesta di custodia cautelare?
No, secondo l’ordinanza in esame e la giurisprudenza consolidata, il Pubblico Ministero non è legittimato a proporre ricorso immediato per cassazione contro l’ordinanza che respinge una domanda cautelare. Il mezzo corretto è l’appello.
Cosa succede se viene presentato un mezzo di impugnazione errato?
L’impugnazione proposta con un mezzo non corretto non è automaticamente inammissibile. Ai sensi dell’art. 568, comma 5, c.p.p., se l’atto ha i requisiti del mezzo corretto, viene convertito in quello previsto dalla legge e trasmesso al giudice competente.
Qual è l’organo competente a decidere sull’appello contro il rigetto di una misura cautelare?
L’organo competente è il Tribunale del riesame, che in questi casi agisce come giudice dell’appello cautelare, come specificato nell’ordinanza che ha disposto la trasmissione degli atti al Tribunale del riesame di L’Aquila.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 338 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 5 Num. 338 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI AVEZZANO nel procedimento a carico di:
NOME nato in MAROCCO il 25/09/1994
avverso l’ordinanza del 16/10/2024 del GIP TRIBUNALE di AVEZZANO; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la ordinanza del 16 ottobre 2024 il G.i.p. del Tribunale di Avezzano, rigettava, all’esito dell’udienza di convalida dell’arresto, la mozione cautelare con la quale il Pubblico ministero aveva chiesto applicare la custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione al delitto di furto aggravato, sia dalla violenza sulla cosa, sia dalla commissione in orario notturno del delitto, così da ostacolare la difesa privata e pubblica.
Avverso l’ordinanza di rigetto della mozione cautelare propone ricorso per saltum il Pubblico ministero presso il Tribunale di Avezzano, lamentando violazione di legge processuale.
Tanto premesso va evidenziato come consolidato sia il principio per cui, in virtù del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, il pubblico ministero non è legittimato a proporre ricorso immediato per cassazione avverso l’ordinanza che respinge la domanda cautelare, con la conseguenza che l’impugnazione proposta dev’essere convertita in appello, ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen (Sez. 5, n. 7437 del 24/01/2023, COGNOME, Rv. 284222 -01; conf. N. 6229 del 2016 Rv. 266049 – 01, N. 39630 del 2007 Rv. 237934 – 01, N. 20790 del 2014 Rv. 259180 -01).
Ne consegue che il ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avezzano va qualificato come appello ex art. 310 cod. proc. pen., in ragione della previsione dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. e gli atti vanno trasmessi al Tribunale del riesame di L’Aquila, quale giudice dell’appello cautelare.
P.Q.M.
Qualificata l’impugnazione come appello, dispone la trasmissione degli atti al Tribunale del riesame di L’Aquila per il giudizio.
Così deciso il 21/11/2024