Atti non impugnabili: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile
Nel complesso iter del processo penale, non tutte le decisioni del giudice possono essere contestate immediatamente. Un principio fondamentale regola l’impugnazione degli atti endoprocedimentali, ovvero quei provvedimenti emessi durante il corso del procedimento e prima della sentenza finale. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di tale impugnazione, confermando che il decreto di rinvio a giudizio non è, di norma, appellabile separatamente, neppure se ritenuto ‘abnorme’.
I fatti del caso
Un soggetto, imputato per i reati di calunnia, falso e truffa, si è visto rinviare a giudizio dal Giudice dell’Udienza Preliminare (GUP) del Tribunale di Pescara. Ritenendo illegittimo tale provvedimento e altri atti istruttori connessi, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione di numerose norme del codice di procedura penale relative alle nullità.
Il ricorrente sosteneva, in sostanza, che gli atti del GUP fossero viziati al punto da dover essere considerati ‘abnormi’, una categoria creata dalla giurisprudenza per consentire l’impugnazione immediata di atti che, altrimenti, non sarebbero contestabili se non con la sentenza finale.
La decisione della Corte: i limiti dell’impugnazione degli atti endoprocedimentali
La Corte di Cassazione, con una procedura snella de plano, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un caposaldo del nostro sistema processuale: i provvedimenti endoprocedimentali, come il decreto che dispone il giudizio, non sono autonomamente impugnabili in Cassazione. Essi possono, semmai, diventare oggetto di doglianza solo al termine del processo, con l’impugnazione della sentenza di merito.
Questo principio serve a garantire un ordinato svolgimento del processo, evitando continue interruzioni e ritardi causati da ricorsi su questioni procedurali intermedie. La sede naturale per far valere eventuali nullità verificatesi prima del dibattimento è il processo stesso.
Le motivazioni
La Suprema Corte ha smontato la tesi difensiva basata sulla presunta ‘abnormità’ del decreto di rinvio a giudizio. I giudici hanno chiarito che il concetto di abnormità, essendo una creazione giurisprudenziale, ha un’applicazione molto ristretta. Esso è stato configurato per porre rimedio a situazioni eccezionali in cui un atto processuale provoca una ‘stasi irreversibile del processo’.
In altre parole, si può parlare di abnormità solo quando un provvedimento del giudice crea una situazione di stallo insuperabile, una vera e propria paralisi procedurale. Il decreto che dispone il giudizio, al contrario, è l’atto che per sua natura fa progredire il processo, portandolo dalla fase preliminare a quella dibattimentale. Pertanto, non può mai causare una stasi, men che meno irreversibile.
L’inammissibilità del ricorso ha comportato, come conseguenza di legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver adito la Corte con un ricorso palesemente infondato.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio cruciale per l’efficienza del sistema giudiziario: la regola della non impugnabilità autonoma degli atti intermedi del processo penale. Il tentativo di utilizzare la categoria dell’abnormità per contestare un rinvio a giudizio è destinato a fallire, poiché tale atto è funzionale alla progressione e non alla paralisi del procedimento. Questa decisione funge da monito, sottolineando che le questioni procedurali devono essere sollevate nelle sedi e nei tempi previsti dalla legge, evitando ricorsi dilatori che, oltre a essere respinti, comportano sanzioni economiche per il proponente.
È possibile impugnare in Cassazione il decreto che dispone il rinvio a giudizio?
No, l’ordinanza stabilisce che il decreto che dispone il giudizio è un provvedimento endoprocedimentale e, in quanto tale, non è autonomamente impugnabile in Cassazione. Eventuali vizi possono essere fatti valere solo impugnando la sentenza finale.
In quali casi un atto processuale può essere considerato “abnorme” e quindi impugnato immediatamente?
Secondo la Corte, un atto è “abnorme” e immediatamente impugnabile solo nell’ipotesi in cui determini una stasi irreversibile del processo, cioè una paralisi che non può essere superata. Il rinvio a giudizio, al contrario, fa progredire il processo e quindi non rientra in questa casistica.
Cosa succede se si propone un ricorso inammissibile alla Corte di Cassazione?
La conseguenza dell’inammissibilità del ricorso, come deciso in questo caso, è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, qui quantificata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31503 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31503 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il 30/08/1963
avverso il decreto del 02/07/2024 del GIUDICE COGNOME PRELIMINARE di PESCARA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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FATTO E DIRITTO
Con ricorso affidato al difensore di fiducia, NOME COGNOME imputato nel procedimento n 5833/2022 mod. 21 pendente presso il Tribunale di Pescara in ordine ai delitti di calunnia, fals e truffa, ha impugnato il decreto che ha disposto il giudizio da parte del giudice dell’Udie preliminare e i connessi atti istruttori anche emessi dal Tribunale di Pescara, deducendo violazione degli artt. 177, 178, 180, 181, 182, 183, 184 e 185 in relazione agli artt. 420e 4 bis, 420-ter, 429-quater, 421, 424, 431, 484 e 489 cod. proc. pen.
Il ricorso, tenuto conto altresì delle memorie del 27 giugno 2025 della difesa, deve essere dichiarato inammissibile con procedura de plano perché proposto avverso provvedimenti endoprocedimentali che, in quanto tali, non sono impugnabili in cassazione, ma semmai costituire oggetto di impugnazione all’esito della decisione nel merito. Sotto questo profilo, n è ipotizzabile la pur dedotta abnormità, tenuto conto che detto vizio dell’atto, di creazi giurisprudenziale onde consentire la impugnabilità degli atti endoprocedimentali, è stato ritenu sussistente nella sola ipotesi in cui lo stesso determina una stasi irreversibile del processo, ipo non ricorrente nel caso di specie . /
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si reputa equo determinare nella misura di euro tremila.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07/07/2025