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Impugnazione archiviazione: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una persona offesa contro l’archiviazione di una denuncia per usura. La Suprema Corte ha stabilito che l’ordinanza del Tribunale che decide sul reclamo contro un decreto di archiviazione non è ulteriormente impugnabile, soprattutto se il ricorso si limita a riproporre le medesime doglianze. Questa decisione sull’impugnazione archiviazione conferma un principio di definitività procedurale.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Archiviazione: la Cassazione Chiarisce i Limiti

L’ordinanza della Corte di Cassazione, sez. 2 Penale, n. 5912 del 2024, offre un importante chiarimento sui limiti dell’impugnazione archiviazione nel sistema processuale penale. La Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’ordinanza del Tribunale che si pronuncia su un reclamo avverso un decreto di archiviazione non è, di regola, ulteriormente impugnabile. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione per comprenderne la portata.

I Fatti del Caso: Dalla Denuncia all’Archiviazione

Il caso ha origine da un esposto per il reato di usura presentato da una cittadina. A seguito delle indagini preliminari, il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Genova aveva emesso un decreto di archiviazione. La persona offesa, ritenendo che le indagini richieste non fossero state svolte, si era opposta a tale decisione.

Il GIP, tuttavia, aveva dichiarato inammissibile l’opposizione per “evidente superfluità dei mezzi di prova indicati”. Contro questa decisione, la persona offesa aveva proposto reclamo al Tribunale di Genova, il quale, dopo aver fissato un’udienza, aveva confermato la legittimità del provvedimento del GIP, respingendo il reclamo.

L’Impugnazione Archiviazione e le Censure della Ricorrente

Non arrendendosi, la persona offesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando due principali violazioni:

1. Violazione del diritto al contraddittorio: Sosteneva che la sua denuncia fosse stata archiviata senza lo svolgimento di alcuna delle indagini richieste.
2. Violazione dell’articolo 410 bis c.p.p.: Contestava la legittimità del decreto di archiviazione, sostenendo che il GIP avrebbe dovuto motivare in modo specifico sia sulla fondatezza della notizia di reato sia sull’inammissibilità dell’opposizione.

In sostanza, la ricorrente ha riproposto davanti alla Suprema Corte le stesse argomentazioni già presentate e respinte dal Tribunale in sede di reclamo.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su una chiara norma procedurale. Il punto centrale delle motivazioni risiede nell’articolo 410 bis, terzo comma, del codice di procedura penale. Questa disposizione stabilisce espressamente che l’ordinanza emessa dal Tribunale a seguito di un reclamo contro un decreto di archiviazione non è impugnabile.

La Corte ha sottolineato che il ricorso presentato si limitava a riproporre le medesime censure già esaminate e rigettate dal Tribunale. Questa reiterazione non è consentita, in quanto il procedimento di reclamo è disegnato dal legislatore come un rimedio definitivo contro i decreti di archiviazione emessi de plano.

I giudici hanno inoltre precisato che un’impugnazione sarebbe stata astrattamente possibile solo se si fosse prospettata una “abnormità” del provvedimento impugnato, ovvero un’anomalia procedurale talmente grave da renderlo strutturalmente o funzionalmente viziato. Tuttavia, nel caso di specie, la ricorrente non ha sollevato tale questione, limitandosi a criticare il merito della decisione del Tribunale, una censura non ammessa in quella sede.

La decisione del Tribunale di fissare l’udienza e di decidere nel merito del reclamo è stata ritenuta una procedura corretta, che ha garantito il contraddittorio. La successiva decisione di respingere il reclamo, ritenendo legittima la valutazione di inammissibilità dell’opposizione da parte del GIP, rientra pienamente nelle sue prerogative e non è sindacabile in Cassazione.

Le Conclusioni: Quando un Ricorso è Destinato al Fallimento

La pronuncia in esame consolida un principio di certezza e definitività nei procedimenti di archiviazione. L’impugnazione archiviazione davanti alla Corte di Cassazione non è una terza istanza di merito. Il legislatore ha previsto nel reclamo al Tribunale l’unico e ultimo strumento per contestare un decreto di archiviazione emesso senza udienza.

La conseguenza pratica è netta: insistere con un ricorso in Cassazione che ripropone le stesse argomentazioni del reclamo è un’azione destinata all’insuccesso e comporta conseguenze economiche. La Corte, infatti, ha condannato la ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro alla cassa delle ammende, a causa del grado di colpa nella proposizione di un’impugnazione palesemente inammissibile.

È possibile impugnare in Cassazione l’ordinanza del Tribunale che decide su un reclamo contro un decreto di archiviazione?
No, di regola non è possibile. L’articolo 410 bis, terzo comma, del codice di procedura penale stabilisce che tale ordinanza non è impugnabile, chiudendo di fatto la questione a quel livello di giudizio.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due motivi principali: primo, perché la legge prevede espressamente la non impugnabilità dell’ordinanza del Tribunale; secondo, perché il ricorrente si è limitato a riproporre le stesse identiche censure già formulate e respinte in sede di reclamo.

Quali sono le conseguenze per chi propone un ricorso palesemente inammissibile in Cassazione?
La parte che propone un ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata quantificata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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