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Impugnazione archiviazione: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di archiviazione, specificando che, a seguito della riforma del 2017, tale provvedimento non è più appellabile per vizi di motivazione. L’impugnazione archiviazione è consentita solo tramite reclamo e per specifici casi di nullità procedurale, come la violazione del contraddittorio, escludendo un controllo di legittimità sul merito della decisione del giudice.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Impugnazione Archiviazione: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Ricorso

L’impugnazione archiviazione di un procedimento penale rappresenta un momento cruciale per la persona offesa che cerca giustizia. Tuttavia, le vie per contestare la decisione del giudice non sono illimitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili di tale impugnazione, specificando quando un ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Analizziamo questa importante decisione per comprendere le regole attuali.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un cittadino avverso un’ordinanza del Tribunale di Milano. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) aveva dichiarato inammissibile la sua opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero in un procedimento contro ignoti. Ritenendo errata la decisione del GIP, il cittadino ha proposto ricorso direttamente alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione nell’ordinanza impugnata.

L’Impugnazione Archiviazione e la Decisione della Cassazione

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha chiarito che, a seguito delle modifiche legislative introdotte nel 2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”), il sistema di impugnazione delle ordinanze di archiviazione è stato profondamente modificato.

Oggi, l’ordinanza di archiviazione non è più direttamente ricorribile per cassazione. L’unico rimedio previsto è il reclamo davanti al tribunale in composizione monocratica, ai sensi dell’art. 410-bis del codice di procedura penale. Tuttavia, questo reclamo è ammesso solo per specifici vizi procedurali, e non per contestare il merito della valutazione del giudice.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha fondato la sua decisione su un’analisi rigorosa della normativa vigente. Ecco i punti salienti del ragionamento seguito dai giudici:

1. Ambito Limitato del Reclamo: Il reclamo ex art. 410-bis c.p.p. è esperibile solo nei casi di nullità previsti dall’art. 127, comma 5, c.p.p. Questi casi riguardano essenzialmente la violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio (ad esempio, la mancata notifica dell’avviso di udienza). Nel caso di specie, il ricorrente non lamentava un difetto procedurale di questo tipo, ma un errore nel ragionamento del giudice (vizio di motivazione). Questo motivo, secondo la Cassazione, non rientra tra quelli che possono fondare il reclamo.

2. Esclusione del Ricorso per saltum: I giudici hanno specificato che non è possibile “saltare” un grado di giudizio e adire direttamente la Cassazione (ricorso per saltum). La mancanza di uno specifico mezzo di impugnazione per far valere i vizi di motivazione non può essere superata invocando un accesso diretto al giudice di legittimità.

3. Interpretazione del Rinvio all’art. 127 c.p.p.: Un punto tecnico ma fondamentale riguarda il modo in cui altre norme richiamano l’articolo 127 c.p.p., che disciplina il procedimento in camera di consiglio. La Corte ha ribadito un principio consolidato: quando la legge afferma che un procedimento si svolge “secondo le forme” o “con le forme” previste dall’art. 127, si riferisce solo alle modalità di svolgimento dell’udienza (avvisi, partecipazione delle parti, etc.), ma non importa automaticamente anche il diritto al ricorso per cassazione previsto dal comma 7 dello stesso articolo. Per ammettere il ricorso, è necessaria una previsione esplicita del legislatore.

Le Conclusioni

La pronuncia in esame consolida un orientamento ormai pacifico: le possibilità di contestare un’ordinanza di archiviazione per la persona offesa sono state notevolmente ristrette. L’impugnazione archiviazione è oggi confinata al reclamo per sole nullità procedurali che abbiano leso il diritto al contraddittorio. Resta esclusa qualsiasi possibilità di contestare davanti a un giudice superiore la valutazione di merito compiuta dal GIP circa l’infondatezza della notizia di reato. Questa decisione sottolinea l’importanza, per la persona offesa, di formulare un’opposizione all’archiviazione che sia il più possibile dettagliata e fondata sin dal principio, poiché le successive finestre di impugnazione sono estremamente limitate.

È sempre possibile impugnare un’ordinanza di archiviazione con ricorso per cassazione?
No. A seguito della legge n. 103 del 2017, l’ordinanza di archiviazione non è direttamente ricorribile per cassazione. L’unico strumento è il reclamo dinanzi al tribunale in composizione monocratica, e solo per specifici motivi.

Quali sono i motivi per cui si può contestare un’ordinanza di archiviazione?
Secondo l’ordinanza, il provvedimento di archiviazione può essere contestato tramite reclamo solo per i casi di nullità previsti dall’art. 127, comma 5, del codice di procedura penale, che riguardano principalmente la violazione del principio del contraddittorio. Non è ammesso per contestare vizi di motivazione.

Cosa succede se si presenta un ricorso per cassazione per un vizio di motivazione contro un’ordinanza di archiviazione?
Come stabilito in questo caso, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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