Improcedibilità Appello: La Cassazione Chiarisce i Termini della Riforma Cartabia
L’introduzione della improcedibilità appello con la Riforma Cartabia ha sollevato importanti questioni interpretative, in particolare riguardo all’applicazione delle nuove norme ai procedimenti già in corso. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento decisivo sul regime transitorio, stabilendo quale termine di durata massima si applichi ai giudizi di appello pendenti prima e dopo l’entrata in vigore della riforma.
Il Fatto: Un Ricorso Basato sui Termini di Durata del Processo
Il caso analizzato dalla Suprema Corte trae origine dal ricorso di un imputato condannato per il reato di cui all’art. 385 c.p. La difesa sosteneva che la sentenza della Corte d’Appello, emessa il 2 novembre 2023, dovesse essere dichiarata improcedibile. Secondo il ricorrente, al suo caso si sarebbe dovuto applicare il termine di durata massima di due anni previsto dalla nuova disciplina “a regime” (art. 2, comma 4, L. 134/2021). Poiché questo termine era già decorso, l’azione penale si sarebbe dovuta estinguere.
La questione centrale, quindi, era stabilire se ai procedimenti di appello già pendenti al momento dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia si applicasse il termine ordinario di due anni o quello più lungo, di tre anni, previsto dalla disciplina transitoria.
L’Interpretazione della Cassazione sulla Improcedibilità Appello
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che la tesi del ricorrente si basava su un’errata interpretazione della normativa. La disciplina corretta da applicare è quella contenuta nel comma 5 dell’art. 2 della Legge n. 134/2021, che costituisce il regime transitorio.
Questa norma stabilisce esplicitamente che “per i procedimenti nei quali l’impugnazione è proposta entro la data del 31 dicembre 2024 i termini previsti […] sono di tre anni per il giudizio di appello”. La Corte ha sottolineato che questa disposizione si applica in modo chiaro e inequivocabile a tutti i casi in cui l’atto di appello sia stato presentato entro tale data, inclusi quelli, come il caso di specie, già pervenuti alla Corte d’Appello prima dell’entrata in vigore della nuova legge.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione sia letterale che sistematica della norma. Dal punto di vista letterale, la dizione “nei quali l’impugnazione è proposta entro la data del 31 dicembre 2024” include senza dubbio anche le impugnazioni già pendenti.
Dal punto di vista sistematico, la Corte ha evidenziato la ratio del regime transitorio. Il legislatore ha introdotto questo periodo più lungo per consentire alle Corti territoriali di riorganizzare le proprie risorse umane e materiali e di smaltire l’arretrato, in vista della più celere definizione dei giudizi richiesta dalla nuova normativa a regime. Sarebbe stato illogico e contrario allo scopo della norma applicare termini più brevi e stringenti proprio ai procedimenti più datati, ovvero quelli che più necessitavano di tempo per essere definiti. Applicare il termine di due anni agli appelli più vecchi avrebbe frustrato irrimediabilmente l’obiettivo del legislatore, creando un paradosso normativo. Il termine più ampio di tre anni è stato quindi previsto per gestire la transizione verso un sistema più efficiente, senza sacrificare i procedimenti già incardinati.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La decisione della Cassazione stabilisce un principio chiaro e fondamentale per la gestione della improcedibilità appello nel periodo transitorio. L’ordinanza conferma che tutti i giudizi di appello la cui impugnazione è stata proposta entro il 31 dicembre 2024 sono soggetti al termine di durata massima di tre anni. Questo fornisce certezza giuridica agli operatori del diritto e alle parti processuali, garantendo che i processi pendenti non vengano travolti da una prematura declaratoria di improcedibilità. La pronuncia ribadisce l’importanza di interpretare le norme transitorie alla luce della loro finalità, che in questo caso è quella di assicurare una transizione graduale ed efficace verso il nuovo modello processuale voluto dalla Riforma Cartabia.
Quale termine di improcedibilità si applica ai giudizi di appello con impugnazione proposta prima dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia?
Per tutti i procedimenti in cui l’impugnazione è proposta entro il 31 dicembre 2024, inclusi quelli già pendenti, si applica il termine di durata massima di tre anni previsto dalla disciplina transitoria.
Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto infondata la tesi del ricorrente sull’applicazione del termine biennale?
Perché la norma transitoria (art. 2, comma 5, L. 134/2021) è chiara nell’applicare il termine di tre anni a tutte le impugnazioni proposte entro il 31 dicembre 2024. Applicare il termine più breve di due anni sarebbe contrario sia all’interpretazione letterale che alla finalità della norma.
Qual è lo scopo (ratio) del regime transitorio per l’improcedibilità appello?
Lo scopo è concedere alle Corti d’Appello un periodo di tempo più ampio per adeguare le proprie risorse e definire i procedimenti pendenti, evitando che proprio gli appelli più datati vengano dichiarati improcedibili a causa dell’applicazione immediata dei termini più stringenti previsti a regime.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23345 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23345 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il motivo dedotto con il ricorso in relazione alla sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 385 cod. pen. è inammissibile perché avente ad oggetto censura manifestamente infondata;
Considerato, invero, che il ricorrente reitera il motivo – già proposto in appello – relativo all’intervenuta improcedibilità ex art. 344 bis cod. proc. pen. Ciò sul presupposto che al giudizio di gravame in oggetto non possa applicarsi la disciplina di cui al comma 5 dell’art. 2 della In. 134 del 2021, ma solo quella di cui al precedente comma 4, con la conseguenza che il termine massimo di durata del giudizio di appello sarebbe pari a due anni, termine che è decorso prima della pronuncia della sentenza di secondo grado (2 novembre 2023);
Considerato che tale doglianza è manifestamente infondata, atteso che la disciplina contenuta nel comma 5 dell’art. 2 I.n. 134 del 2021 (che stabilisce che “per i procedimenti di cui al comma 3 nei quali l’impugnazione è proposta entro la data del 31 dicembre 2024 i termini previsti … sono … di tre anni per il giudizio di appello”) si applica chiaramente all’ipotesi in cui l’atto ‘zii appello sia – come nel caso in esame – già pervenuto alla Corte di appello prima dell’entrata in vigore della legge n. 134 cit. Invero, la differente interpretazione – invocata dal ricorrente – secondo cui a questi appelli dovrebbe applicarsi l’ordinario termine di improcedibilità biennale (che è quello stabilito per la fase a “regime”) non trova conforto né nello scrutinio letterale della disposizione poiché è evidente che nei procedimenti “nei quali l’impugnazione è proposta entro la data del 31 dicembre 2024” rientrano anche quelli pervenuti al giudice di secondo grado prima della data di entrata in vigore della nuova disciplina né nell’interpretazione sistematica della nuova disciplina. Al riguardo, infatti, va rilevato che il regime transitorio ivi introdotto ha la chiara ratio di consentire, in attesa di un riassetto delle risorse, umane e materiali, necessarie per consentire la celere definizione dei giudizi dinanzi alle Corti territoriali, tempi più ampi di quelli stabiliti “a regime” per la definizione delle impugnazioni che, alla data dell’entrata in vigore della nuova disciplina, siano già pendenti presso le Corti di appello ovvero vengano proposte entro il dicembre del 2024. Ratio che verrebbe irrimediabilmente frustrata ove proprio per gli appelli più risalenti si applicassero, come vorrebbe la tesi qui disattesa, i termini di improcedibilità
indicati per le impugnazioni presentate quando il sistema sarà ormai “rodato” e che, quindi, hanno durata inferiore rispetto agli appelli proposti precedentemente alla nuova disciplina, ma non ancora definiti, ovvero proposti nella prima fase successiva all’entrata in vigore della “riforma Cartabia” e sino al 31 dicembre 2024.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma – giudicata congrua – di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31 maggio 2024
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