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Improcedibilità appello: i termini della Riforma Cartabia

La Corte di Cassazione chiarisce l’applicazione dei termini di improcedibilità dell’appello introdotti dalla Riforma Cartabia. Con l’ordinanza n. 23345/2024, ha stabilito che per tutte le impugnazioni proposte entro il 31 dicembre 2024, anche se pendenti da prima della riforma, si applica il termine transitorio di tre anni e non quello ordinario di due. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che sosteneva l’avvenuto decorso del termine, sottolineando che la norma transitoria ha lo scopo di consentire al sistema giudiziario di adeguarsi, evitando di penalizzare i procedimenti più datati.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Improcedibilità Appello: La Cassazione Chiarisce i Termini della Riforma Cartabia

L’introduzione della improcedibilità appello con la Riforma Cartabia ha sollevato importanti questioni interpretative, in particolare riguardo all’applicazione delle nuove norme ai procedimenti già in corso. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento decisivo sul regime transitorio, stabilendo quale termine di durata massima si applichi ai giudizi di appello pendenti prima e dopo l’entrata in vigore della riforma.

Il Fatto: Un Ricorso Basato sui Termini di Durata del Processo

Il caso analizzato dalla Suprema Corte trae origine dal ricorso di un imputato condannato per il reato di cui all’art. 385 c.p. La difesa sosteneva che la sentenza della Corte d’Appello, emessa il 2 novembre 2023, dovesse essere dichiarata improcedibile. Secondo il ricorrente, al suo caso si sarebbe dovuto applicare il termine di durata massima di due anni previsto dalla nuova disciplina “a regime” (art. 2, comma 4, L. 134/2021). Poiché questo termine era già decorso, l’azione penale si sarebbe dovuta estinguere.

La questione centrale, quindi, era stabilire se ai procedimenti di appello già pendenti al momento dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia si applicasse il termine ordinario di due anni o quello più lungo, di tre anni, previsto dalla disciplina transitoria.

L’Interpretazione della Cassazione sulla Improcedibilità Appello

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che la tesi del ricorrente si basava su un’errata interpretazione della normativa. La disciplina corretta da applicare è quella contenuta nel comma 5 dell’art. 2 della Legge n. 134/2021, che costituisce il regime transitorio.

Questa norma stabilisce esplicitamente che “per i procedimenti nei quali l’impugnazione è proposta entro la data del 31 dicembre 2024 i termini previsti […] sono di tre anni per il giudizio di appello”. La Corte ha sottolineato che questa disposizione si applica in modo chiaro e inequivocabile a tutti i casi in cui l’atto di appello sia stato presentato entro tale data, inclusi quelli, come il caso di specie, già pervenuti alla Corte d’Appello prima dell’entrata in vigore della nuova legge.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione sia letterale che sistematica della norma. Dal punto di vista letterale, la dizione “nei quali l’impugnazione è proposta entro la data del 31 dicembre 2024” include senza dubbio anche le impugnazioni già pendenti.

Dal punto di vista sistematico, la Corte ha evidenziato la ratio del regime transitorio. Il legislatore ha introdotto questo periodo più lungo per consentire alle Corti territoriali di riorganizzare le proprie risorse umane e materiali e di smaltire l’arretrato, in vista della più celere definizione dei giudizi richiesta dalla nuova normativa a regime. Sarebbe stato illogico e contrario allo scopo della norma applicare termini più brevi e stringenti proprio ai procedimenti più datati, ovvero quelli che più necessitavano di tempo per essere definiti. Applicare il termine di due anni agli appelli più vecchi avrebbe frustrato irrimediabilmente l’obiettivo del legislatore, creando un paradosso normativo. Il termine più ampio di tre anni è stato quindi previsto per gestire la transizione verso un sistema più efficiente, senza sacrificare i procedimenti già incardinati.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La decisione della Cassazione stabilisce un principio chiaro e fondamentale per la gestione della improcedibilità appello nel periodo transitorio. L’ordinanza conferma che tutti i giudizi di appello la cui impugnazione è stata proposta entro il 31 dicembre 2024 sono soggetti al termine di durata massima di tre anni. Questo fornisce certezza giuridica agli operatori del diritto e alle parti processuali, garantendo che i processi pendenti non vengano travolti da una prematura declaratoria di improcedibilità. La pronuncia ribadisce l’importanza di interpretare le norme transitorie alla luce della loro finalità, che in questo caso è quella di assicurare una transizione graduale ed efficace verso il nuovo modello processuale voluto dalla Riforma Cartabia.

Quale termine di improcedibilità si applica ai giudizi di appello con impugnazione proposta prima dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia?
Per tutti i procedimenti in cui l’impugnazione è proposta entro il 31 dicembre 2024, inclusi quelli già pendenti, si applica il termine di durata massima di tre anni previsto dalla disciplina transitoria.

Perché la Corte di Cassazione ha ritenuto infondata la tesi del ricorrente sull’applicazione del termine biennale?
Perché la norma transitoria (art. 2, comma 5, L. 134/2021) è chiara nell’applicare il termine di tre anni a tutte le impugnazioni proposte entro il 31 dicembre 2024. Applicare il termine più breve di due anni sarebbe contrario sia all’interpretazione letterale che alla finalità della norma.

Qual è lo scopo (ratio) del regime transitorio per l’improcedibilità appello?
Lo scopo è concedere alle Corti d’Appello un periodo di tempo più ampio per adeguare le proprie risorse e definire i procedimenti pendenti, evitando che proprio gli appelli più datati vengano dichiarati improcedibili a causa dell’applicazione immediata dei termini più stringenti previsti a regime.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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