Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46019 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46019 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CATANIA il 22/05/1980
avverso la sentenza del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
udito il difensore
L’avvocato NOME COGNOME del foro di CATANIA insiste per l’accoglimento dei motivi del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Catania del 5/10/2023, con cui è stata confermata la sentenza del Tribunale di Catania che ha condannato l’imputato alla pena di giustizia in ordine al delitto di rapina aggravata in concorso.
La difesa affida il ricorso a due motivi (nell’ambito del primo però sono articolate due censure) che, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., saranno enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1.1. Violazione degli artt. 179, comma 2, e 525, comma 2, cod. proc. pen., in relazione alla diversa composizione del collegio giudicante che ha deliberato la sentenza rispetto a quello che ha assunto le prove rispetto a quello innanzi al quale le parti hanno discusso all’udienza del 5/04/2019, a sua volta diverso rispetto a quello che ha pronunciato la sentenza all’udienza in data 24/05/2019, fissata anche per repliche.
2.1.2. Vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità, con particolare riguardo agli elementi da cui è stata tratta la presenza del ricorrente sul luogo della rapina.
2.2. Violazione degli artt. 99 e 133 cod. pen. in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Con nota del 21/10/2024, la difesa, ai fini della fondatezza del terzo motivo, ha depositato l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza del 25/11/2023 con cui è stata concessa al ricorrente la detenzione domiciliare per l’altro episodio del 4/11/2019 citato dalla Corte d’appello a fondamento del diniego della concessione delle attenuanti generiche, unitamente a documentazione lavorativa e di volontariato.
Con requisitoria-memoria del 10 ottobre 2024, il Pubblico ministero – nella persona del sostituto P.G. NOME COGNOME – ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato riguardo al primo motivo avente carattere assorbente degli altri proposti.
Dall’esame del fascicolo processuale relativo al giudizio di primo grado, al quale il Collegio può accedere trattandosi di questione processuale, risulta che:
all’udienza del 25 gennaio 2019 il Tribunale (composto da COGNOME
COGNOME e COGNOME), in diversa composizione dal collegio precedente, procedette alla rinnovazione del dibattimento e le parti, dopo essersi riportate alle richieste di prova, espressero il consenso alla rinnovazione del dibattimento mediante lettura, rinviandosi il processo alla successiva udienza del 5 aprile 2019 per la discussione;
all’udienza del 5 aprile 2019 il Tribunale (composto da COGNOME, COGNOME e COGNOME), in diversa composizione, raccolte le conclusioni delle parti rinviò per repliche a quella del 10 maggio 2019;
all’udienza del 10 maggio 2019, il Tribunale (composto da COGNOME, COGNOME e COGNOME), in diversa composizione, a seguito dell’astensione del difensore dalle udienze proclamata dall’UCPI, rinviò il processo all’udienza del 24 maggio 2019 sempre per repliche, sospendendo i termini di prescrizione;
all’udienza del 24 maggio 2019, il Tribunale (composto da COGNOME, COGNOME e COGNOME), nella stessa composizione (ma in diversa composizione per 2 giudici rispetto al collegio dinanzi al quale le parti avevano espresso il consenso alla rinnovazione e in diversa composizione per 1 giudice rispetto a quello dinanzi al quale venne svolta la discussione e precisate le conclusioni), sulla rinunzia delle parti alle repliche, deliberò la decisione.
Tanto premesso, la questione attiene alla esatta individuazione dell’ambito applicativo del principio di immutabilità del giudice e, in particolare, se esso operi anche nel caso in cui la sola discussione si svolga davanti ad un giudice la cui composizione sia diversa da quella che poi deliberi la sentenza.
Ai sensi dell’art. 525, comma 2 cod. proc. pen., alla deliberazione della sentenza concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. La regola è codificata anche nel processo civile e in quello amministrativo; tuttavia, solo il legislatore del processo penale del 1988 ha stabilito, a presidio della regola in questione, la sanzione della nullità assoluta per l’eventuale inosservanza.
Il principio di immutabilità è rispettato quando l’organo giudicante che procede alla deliberazione sia lo stesso che abbia partecipato interamente al dibattimento, svolgendo la relativa attività di formazione della prova e ascoltando le parti nelle rispettive discussioni, al cui esito, solo, il presidente del collegio sensi dell’art. 526 cod. proc. pen., dichiara chiuso il dibattimento (in tal senso, Sez. 5, n. 45649 del 25/09/2012, Scambia, Rv. 254004; sul tema, in generale, Sez. U, n. 2 del 15/01/1999, COGNOME, Rv. 212395).
Al riguardo, è stato in modo condivisibile osservato che il principio di immutabilità del giudice, sancito dall’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., si applica anche nel caso in cui l’attività dibattimentale consista nella sola discussione, senza
che vi sia l’acquisizione di prove. (Fattispecie in cui la Corte ha dichiarato la nullit della sentenza d’appello in quanto le parti avevano discusso e concluso dinanzi ad un collegio che aveva rinviato per repliche ad altra udienza e questa era stata tenuta da un collegio in diversa composizione che aveva deciso senza procedere alla rinnovazione della discussione).(In termini Sez. 6, n. 17982 del 21/11/2017, COGNOME, Rv. 273006 – 01; Sez. 1, n. 32991 del 23/06/2023, COGNOME, non mass.).
Dunque, anche nel caso di specie, il Collegio del Tribunale che deliberò la sentenza in composizione diversa rispetto a quello davanti al quale le parti avevano discusso e concluso, avrebbe dovuto rinnovare il dibattimento.
In giurisprudenza si è posta la questione se, ove una parte abbia concluso avanti a giudice monocratico ovvero a collegio diverso, la difesa possa dare, al nuovo collegio, il consenso alla mancata rinnovazione della discussione e se la mancata richiesta della difesa di rinnovazione della discussione possa valere come consenso implicito.
Il tema non attiene al modo con cui il consenso può essere espresso, non potendosi escludere in astratto che le parti possano manifestare acquiescenza ovvero tacito consenso alla omessa rinnovazione del dibattimento anche con un comportamento silente, quanto, piuttosto, alla necessità che il comportamento, ancorché silente, sia univoco, cioè che ad esso possa essere attribuito univocamente il significato di non voler procedere alla materiale rinnovazione dell’attività dibattimentale già compiuta.
A tal fine assume decisivo rilievo la circostanza che il giudice, nella nuova composizione, osservi rigorosamente la sequenza procedimentale nel cui contesto il silenzio della parte può eventualmente assumere significato univoco; il giudice, che è tenuto a ripercorrere la ordinaria sequenza degli atti dibattimentali a seguito del mutamento della composizione del collegio giudicante, deve chiedere alle parti se intendano procedere alla materiale rinnovazione dell’attività dibattimentale compiuta o se, invece, intendano direttamente utilizzare quella già espletata. Solo davanti a tale dato di presupposizione potrà quindi essere attribuito alla parte che resti silente, cioè che non formalizzi la richiesta di materiale rinnovazione, la volontà di utilizzare immediatamente l’attività compiuta senza procedere alla sua rinnovazione.
Nel caso di specie, invece, il Tribunale, in diversa composizione collegiale rispetto a quella davanti alle quale tutte le parti avevano rassegnato le proprie conclusioni e rispetto pure quello dinanzi al quale era stato espresso il consenso alla rinnovazione mediante lettura, non ha nemmeno dato atto della diversa
composizione, né ha invitato le parti a pronunciarsi sul se il dibattimento dovesse materialmente essere rinnovato ovvero si potesse direttamente procedere alla deliberazione.
Ne discende che al silenzio della parte deve essere attribuito un significato neutro: esso, in relazione proprio al modus procedendi seguito dal Tribunale, non può valere come acquiescenza ovvero come consenso implicito o tacito alla mancata materiale rinnovazione.
Di conseguenza, non è invocabile il principio affermato in materia dalle S.U. COGNOME (sentenza n. 41736 del 30/05/2019, Rv. 276754 – 03) al quale la sentenza impugnata ha fatto riferimento, in quanto, nel caso in esame, il Tribunale nell’ultima diversa composizione neppure procedette alla rinnovazione del dibattimento, ma si ritirò direttamente in camera di consiglio per deliberare la decisione.
In conclusione, avendo concorso alla deliberazione della decisione giudici diversi da quelli che hanno partecipato al dibattimento, ricorre, ai sensi dell’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., un’ipotesi di nullità assoluta della sentenza di primo grado che avrebbe dovuto essere dichiarata dal giudice di appello ai sensi dell’art. 604, comma 4, cod. proc. pen.
Va, di conseguenza, annullata senza rinvio la sentenza impugnata, unitamente a quella del Tribunale di Catania del 24/05/2019, con trasmissione degli atti al Tribunale di Catania in diversa composizione per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella del Tribunale di Catania del 24/05/2019 e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Catania in diversa composizione per l’ulteriore corso.
Così deciso, il 7 novembre 2024.