Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28615 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28615 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti dal
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Potenza
e dalle parti civili
COGNOME NOMECOGNOME nato a Grottole il 02/01/1965
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo amministratore delegato COGNOME COGNOME
nel procedimento a carico di
COGNOME RoccoCOGNOME nato a Ponnarico il 11/05/1961
NOME NOMECOGNOME nato a Matera il 10/03/1977
COGNOME NOME nato a Grottole il 28/04/1972
COGNOME GiuseppeCOGNOME nato a Grottole il 08/11/1962
Brindisi NOME nato a Brindisi il 29/04/1953
COGNOME NOMECOGNOME nato ad Irsina il 23/04/1965
COGNOME NOME COGNOME nato a Grottole il 05/07/1968
COGNOME GiuseppeCOGNOME nato a Matera il 26/12/1960
avverso la sentenza del 11/10/2024 della Corte di appello di Potenza visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udito il difensore delle parti civili, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi e l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Potenza; uditi i difensori di COGNOME, Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME e Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che hanno concluso per il rigetto dei ricorsi; udito il difensore di COGNOME Gaetano, Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; udito il difensore di COGNOME Rocco, Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; udito il difensore di COGNOME Michele, Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; udito il difensore di COGNOME, Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; udito il difensore di COGNOME Giuseppe, Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Potenza ha annullato la sentenza del 22 giugno 2022 del Tribunale di Matera che aveva affermato la penale responsabilità di:
NOME COGNOME per i reati di concorso in falso ideologico in atto pubblico (capi C, E, G) e di frode nelle pubbliche forniture ex art. 356 cod. pen., così riqualificati i fatti originariamente contestati come truffa aggravata (capi D, F e H) e falso materiale in atto pubblico (capo I);
NOME COGNOME per i reati di concorso in turbata libertà degli incanti (capo A), falso ideologico in atto pubblico (capo G) e di frode nelle pubbliche forniture ex art. 356 cod. pen., così riqualificato il fatto originariamente contestato come truffa aggravata (capo H) e di falso materiale in atto pubblico (capo I);
NOME COGNOME per i reati di concorso in turbata libertà degli inca (capo A) e in falso ideologico in atto pubblico (capi C e E) e di frode pubbliche forniture ex art. 356 cod. pen., così riqualificati i fatti originariamente contestati come truffa aggravata (capi D e F);
NOME COGNOME per i reati di concorso in falso ideologico in atto pubblico (capi E e G) e di frode nelle pubbliche forniture ex art. 356 cod. pen., così
riqualificati i fatti originariamente contestati come truffa aggravata (capi F e H);
NOME COGNOME per il reato di falso materiale in atto pubblico (capo I);
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di concorso in turbata libertà degli incanti (capo A).
Il Tribunale di Matera aveva quindi condannato i predetti alle pene ritenute di giustizia e aveva altresì condannato NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME al risarcimento del danno, da liquidarsi separatamente, derivato dal reato di cui al capo A) in favore della parte civile RAGIONE_SOCIALE costituitasi parte civile.
La Corte di appello ha, invece, annullato la sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., in quanto deliberata da giudici in parte diversi da quelli che avevano partecipato al dibattimento, con rinvio al Tribunale di Matera.
Più specificamente, la discussione finale aveva impegnato più udienze ed all’ultima udienza, in cui la sentenza era stata emessa, la composizione del Collegio risultava mutata rispetto a quella del Collegio che, nelle udienze precedenti, aveva partecipato alla discussione finale.
Avverso la sentenza della Corte di appello ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Potenza, chiedendone l’annullamento ed articolando due motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 525, comma 2, cod. proc. pen. come interpretato dalle Sezioni Unite.
Il ricorrente evidenzia che all’udienza del 4 maggio 2022 il Tribunale aveva dato atto che il Collegio originario non si era potuto ricomporre per l’assenza di un Giudice, il dott. COGNOME e quindi si era proceduto alla dichiarazione di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale con utilizzazione degli atti espletati poi, in assenza di ulteriori istanze, avevano discusso il Pubblico ministero e gran parte dei difensori; l’udienza era stata rinviata all’udienza del 22 giugno 2022 su richiesta di uno dei difensori. All’udienza del 22 giugno 2022 il Collegio si era ricomposto nella formazione originaria, presente il dott. COGNOME e l’ultimo difensore aveva proceduto alla discussione e il Collegio si era ritirato in camera di consiglio per la decisione.
Sostiene il ricorrente che la Corte di appello ha omesso di applicare i principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza COGNOME (Sez. U, n. 41736 del 30/05/2019, Pg, Rv. 276754) che hanno inteso prediligere il rispetto del principio della ragionevole durata del processo rispetto al principio di immediatezza della decisione osservando che sul difensore incombe un onere di diligenza e, nello specifico, di rilevare il mutamento della composizione del giudice e di attivarsi
formulando eventuali conseguenti richieste di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
Nel caso di specie, in occasione di entrambi i mutamenti di composizione del Collegio, nessuno dei difensori ha eccepito alcunché e nemmeno ha avanzato richieste di rinnovazione dell’istruttoria o di termine a difesa, cosicché, dovendo trovare applicazione i principi affermati dalla sentenza delle Sezioni Unite sopra citata, non avrebbe potuto essere dichiarata la nullità della sentenza di primo grado.
Il ricorrente segnala altre decisioni di questa Corte di cassazione che in tal senso hanno applicato detti principi (Sez. 2, n. 16046 del 19/03/2024, D., Rv. 286377 – 01; Sez. 2, n. 41701 del 05/05/2023, COGNOME, Rv. 285133 – 01), sostenendo che nel caso di specie non vi è stata alcuna effettiva lesione del diritto di difesa.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la carenza di motivazione, non consentendo la sentenza qui impugnata di ricostruire il ragionamento logicogiuridico della decisione, essendosi la Corte di merito limitata ad elencare alcune decisioni di questa Corte di cassazione.
Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso anche NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE a mezzo del loro comune difensore, chiedendone l’annullamento con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Potenza ed articolando tre motivi.
3.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 525, comma 2, cod. proc. pen.
Invocano i principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza COGNOME ed evidenziano che le difese non hanno sollevato alcuna eccezione nel corso del giudizio di primo grado e che il mutamento della composizione del Collegio non ha inciso sul contraddittorio e comunque il Collegio si è successivamente ricostituito nella sua originaria composizione, senza che vi fosse pregiudizio per gli imputati, e che in ogni caso la Corte di appello ha annullato la sentenza di primo grado per tutti gli imputati, senza valutare se il mutamento della composizione del Collegio avesse arrecato un effettivo pregiudizio a ciascuno degli imputati.
3.2. Con il secondo motivo denunciano la illogicità e contraddittorietà della motivazione, non avendo la Corte di merito considerato che la mancata eccezione della difesa nel corso del giudizio di primo grado avrebbe dovuto condurre alla esclusione della nullità assoluta, non avendo motivato sulla necessità di annullare l’intero giudizio e non avendo operato un bilanciamento tra il principio di immutabilità del giudice con quello della ragionevole durata del
processo; infine, neppure la Corte di appello aveva motivato in ordine alla necessità di annullare la sentenza nei confronti di tutti gli imputati.
3.3. Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione del loro diritto ad un processo equo ed alla ragionevole durata del processo, in contrasto con l’art. 111 Cost. e gli artt. 6 e 8 CEDU.
I difensori di NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno fatto pervenire memorie difensive con le quali hanno chiesto il rigetto dei ricorsi.
Il difensore di NOME COGNOME ha anche eccepito la estinzione del reato di cui al capo A) per prescrizione.
Il difensore di NOME COGNOME ha fatto pervenire il certificato rilasciato in data 4 dicembre 2024 dal quale risulta che il suo assistito è deceduto in data 3 dicembre 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Deve pregiudizialmente essere dichiarata la inammissibilità del ricorso proposto da NOME COGNOME in proprio perché la condanna in primo grado è stata disposta a favore della sola RAGIONE_SOCIALE. e COGNOME NOME non ha proposto appello. Egli non è quindi legittimato a proporre ricorso per cassazione.
Deve altresì essere dichiarata, nei confronti di NOME COGNOME, l’estinzione del reato per morte dell’imputato, essendo egli deceduto in data 3 dicembre 2024, come risulta dal certificato di morte rilasciato in data 4 dicembre 2024 e fatto pervenire dal suo difensore. La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata senza rinvio.
Il ricorso del Procuratore generale e quello della parte civile RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima per il solo capo A), l’unico per il quale vi è stata pronuncia di condanna al risarcimento del danno, devono essere rigettati.
3.1. Le Sezioni Unite, con la sentenza COGNOME hanno innanzitutto ribadito i principi già da esse affermati con la sentenza COGNOME (Sez. Un. sentenza n. 2 del 15/01/1999, COGNOME, Rv. 212395) secondo la quale «il principio di immutabilità del giudice (“alla deliberazione concorrono gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento”) posto dall’art. 525, comma 2, cod. proc. pen. a pena di nullità assoluta, impone che quando muti la persona del giudice
monocratico o la composizione del giudice collegiale il dibattimento sia integralmente rinnovato, con la ripetizione della sequenza procedimentale costituita dalla dichiarazione di apertura del dibattimento (art. 492), dall’esposizione introduttiva e dalle richieste di ammissione delle prove (art. 493), dai provvedimenti relativi all’ammissione (art. 495), dall’assunzione delle prove secondo le regole stabilite negli artt. 496 ss. cod. proc. pen.» e che se, nel corso del dibattimento rinnovato a causa del mutamento del giudice, nessuna delle parti riproponga la richiesta di ammissione della prova assunta in precedenza, ai sensi dell’art. 511, comma 2, cod. proc. pen. si deve ritenere che, «non avendo alcuna parte esercitato la facoltà di nuova richiesta di prove, il giudice possa d’ufficio disporre la lettura dell dichiarazioni precedentemente raccolte nel contraddittorio delle parti e inserite legittimamente negli atti dibattimentali», escludendo, all’infuori dell’ipotes eccezionale di cui all’art. 190-bis cod. proc. pen., che, «quando l’ammissione della prova sia nuovamente richiesta, il giudice che la ammetta ai sensi degli articoli 190 e 495 cod. proc. pen. abbia il potere di disporre la lettura dell dichiarazioni raccolte nel dibattimento precedente, alla quale non consentano entrambe le parti, senza previo riesame del dichiarante».
In particolare, le Sezioni Unite, con la sentenza COGNOME, hanno osservato che «La formulazione letterale dell’art. 525, comma 2, prima parte, cod. proc. pen. evidenzia inequivocabilmente che, in virtù del principio d’immutabilità del giudice, l’intero “dibattimento” deve svolgersi dinanzi al giudice nella composizione che provvederà alla deliberazione conclusiva»… «il che comporta la necessità della ripetizione della sequenza procedimentale costituita dalla dichiarazione di apertura del dibattimento (art. 492), dalle richieste di ammissione delle prove (art. 493), dai provvedimenti relativi all’ammissione (art. 495), dall’assunzione delle prove «che siano state ammesse» e hanno aggiunto che «non è necessario che il giudice, nella diversa composizione sopravvenuta, rinnovi formalmente l’ordinanza ammissiva delle prove chieste dalle parti, perché i provvedimenti in precedenza emessi dal giudice diversamente composto e non espressamente revocati o modificati conservano efficacia», in ossequio al principio generale di conservazione degli atti giuridici ed a quello della ragionevole durata del processo.
La sentenza COGNOME si occupa principalmente della possibilità di utilizzare le prove già assunte e di fissare dei principi in ordine alla necessità o meno di riassumere le prove dichiarative già assunte dal giudice diversamente composto.
Non affronta, invece, se non indirettamente (stabilendo che alla modifica della composizione del Collegio consegue la necessità della rinnovazione dell’intera sequenza della fase dibattimentale a partire dalla dichiarazione della
sua apertura), la questione che assume rilievo in questa sede, ossia la possibilità che la discussione finale, iniziata dinanzi al Tribunale in una determinata composizione, prosegua innanzi al Tribunale diversamente composto che poi proceda alla decisione.
La questione è stata affrontata prima della sentenza delle Sezioni Unite COGNOME da questa Quinta Sezione penale che ha affermato che costituisce un’ipotesi di nullità assoluta per violazione del principio dell’immutabilità del giudice il frazionamento degli interventi conclusivi delle parti svolti dinanzi a due collegi diversamente composti (Sez. 5, n. 45649 del 25/09/2012, Scambia, Rv. 254004 – 01).
In particolare, con questa decisione, si è osservato che non è possibile, a differenza che per quanto attiene alle prove orali, la rinnovazione mediante lettura degli interventi conclusivi delle parti, che constano delle conclusioni e della illustrazione delle stesse, cosicché è irrilevante la mancata opposizione delle parti alla rinnovazione, non essendo configurabile una mancata opposizione alla rinnovazione di atti non rinnovabili mediante lettura.
Secondo altro precedente della Seconda Sezione penale di questa Corte di cassazione, non sussiste la nullità della sentenza qualora la discussione finale sia stata frazionata dinanzi a collegi diversamente composti ed il tribunale non si sia limitato alla rinnovazione mediante lettura dei verbali delle prove raccolte, ma abbia espressamente disposto anche la lettura degli interventi conclusivi svolti dinanzi al precedente collegio – registrati e trascritti – senza opposizione delle parti, in quanto, in tal caso, si deve intendere che esse abbiano prestato consenso, sia pure implicitamente, alla lettura degli atti suddetti (Sez. 2, n. 4940 del 12/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268988 – 01).
Secondo questa sentenza, la denunciata nullità assoluta non sussisteva perché nella specie il Tribunale non si era limitato a disporre la rinnovazione mediante lettura dei soli verbali delle prove raccolte, bensì aveva «espressamente disposto la lettura, in assenza di opposizioni, (anche) delle trascrizioni degli interventi conclusivi di tutti i soggetti processuali che li avevan già formulati dinanzi al Tribunale differentemente composto. Con tale modalità di rinnovazione degli atti risulta evidente come nessun vulnus al principio dell’immutabilità del giudice possa ravvisarsi nella fattispecie. Infatti, la lettu dinanzi al rinnovato collegio (anche) della requisitoria e delle arringhe precedentemente formulate al cospetto di altro collegio (tutte registrate e trascritte, con resoconti ritualmente depositati a distanza di pochissimi giorni dalla relativa udienza) rappresenta all’evidenza solamente una particolare modalità di rinnovazione dell’atto, a cui le stesse parti interessate hanno aderito mediante la mancata opposizione al provvedimento che disponeva la lettura delle
trascrizioni già presenti agli atti, nonché mediante la mancata richiesta di integrazione o modificazione degli argomenti e delle istanze conclusive già contenute nei resoconti in parola».
Tali principi sono stati recentemente ribaditi da questa Quinta Sezione penale in una più recente sentenza che ha affermato che, in caso di discussione finale frazionata innanzi a collegi diversamente composti, non sussiste nullità della sentenza qualora, in assenza di richiesta di rinnovazione del proprio intervento da parte della difesa, nel verbale dell’ udienza in cui esse sono state rese risultino puntualmente riprodotte solo le conclusioni formulate dalle parti e non anche le argomentazioni a sostegno, in quanto solo le prime rappresentano la parte essenziale della discussione finale (Sez. 5, n. 40338 del 13/06/2024, G., Rv. 287240 – 01).
Quest’ultima sentenza, tuttavia, riguarda una fattispecie in cui il Giudice aveva formalmente dichiarato di rinnovare il dibattimento compresa la già avvenuta discussione mediante lettura delle conclusioni già rassegnate dai difensori.
Nel caso di specie, invece, manca del tutto la rinnovazione della sequenza dibattimentale, che comprende anche la discussione e si conclude con la dichiarazione di chiusura del dibattimento prevista dall’art. 524 cod. proc. pen., atteso che nemmeno prima della chiusura del dibattimento il Tribunale ha dato atto della lettura della trascrizione degli interventi in sede di discussione dei difensori che avevano già discusso all’udienza precedente a quelle in cui il collegio è risultato mutato.
Non essendosi proceduto alla rinnovazione del dibattimento, la sentenza risulta affetta da nullità assoluta in relazione a tutti gli imputati.
Né può sostenersi che non sussista nullità per essere le prove state assunte tutte innanzi al Collegio che ha poi emesso la sentenza, poiché, come si è già sopra esposto, il dibattimento comprende non solo la dichiarazione di apertura del dibattimento, la ammissione e l’assunzione delle prove, ma anche la discussione finale.
3.2. Laddove, invece, i ricorrenti hanno articolato motivi volti a denunciare la carenza di motivazione della sentenza impugnata, i ricorsi sono inammissibili.
Deve, infatti, osservarsi, in tema di ricorso per cassazione, che qualora sia sottoposta al vaglio del giudice di legittimità la correttezza di una decisi rito, la Corte stessa è giudice dei presupposti della decisione, sulla quale e il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificar consegue che non incorre nel vizio del difetto di motivazione la sentenza appello che non motivi le ragioni del rigetto di un motivo afferente ad asserita violazione di norme processuali, se tale violazione sia comunq
insussistente (Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, COGNOME, Rv. 255515) e nel caso di specie, per quanto sopra esposto, la violazione processuale non sussiste.
Manifestamente infondato è poi il terzo motivo del ricorso della parte civile NOME RAGIONE_SOCIALE, atteso che la norma di cui all’art. 525, comma 2, cod. proc. pen. è volta ad assicurare maggiori garanzie alle parti processuali escludendo che la decisione del processo possa essere adottata da magistrati che non hanno partecipato alla intera «sequenza procedimentale» in cui si articola il «dibattimento».
Stante la infondatezza dei ricorsi, la sentenza impugnata dovrebbe essere integralmente confermata e quindi il processo ritornare innanzi al Giudice di primo grado.
Deve, tuttavia, rilevarsi che i reati di cui ai capi A), commesso a dicembre 2015, C) e D), commessi il 9 febbraio 2016, sono ormai estinti per prescrizione, nonostante il termine massimo di prescrizione sia rimasto sospeso per complessivi 487 giorni, cosicché la sentenza impugnata deve, in relazione a tali delitti, essere annullata senza rinvio perché i reati sono estinti per prescrizione, non risultando evidente la sussistenza di alcuna delle più favorevoli cause di proscioglimento previste dall’art. 129, comma 2, cod. proc. pen.
Il processo dovrà quindi riprendere innanzi al Tribunale che, in realazione ai reati non dichiarati estinti per prescrizione con questa sentenza, dovrà procedere alla rinnovazione del dibattimento applicando i principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza «COGNOME» sopra citata.
Alla inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00.
Al rigetto del ricorso della RAGIONE_SOCIALE, risultata integralmente soccombente nel presente grado di giudizio, consegue la sua condanna al pagamento delle spese processuali, ai sensi della disposizione appena citata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME per essere il reato a lui ascritto al capo A) estinto per morte dell’imputato.
Annulla senza rinvio la medesima sentenza, in relazione ai capi A), C), D), perché estinti per prescrizione.
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Dichiara inammissibile il ricorso della parte civile NOME COGNOME in proprio che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
tremila in favore della Cassa delle ammende.
Rigetta nel resto i ricorsi del P.G. e della RAGIONE_SOCIALE e condanna quest’ultima al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 13/06/2025.