Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23009 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23009 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Marino il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 30/05/2023 della Corte di appello di Milano udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE, S. COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
1.NOME COGNOME impugna, a mezzo dei difensori di fiducia, l’ordinanza con la quale la Corte di appello di Milano, in data 30 maggio 2023, ha revocato i benefici della sospensione condizionale della pena concessigli con le sentenze della Corte di appello di Roma, rese in data 10 dicembre 2009, divenuta irrevocabile in data 8 ottobre 2010, nonché in data 7 ottobre 2009, divenuta irrevocabile il 29 marzo 2011.
Avverso il provvedimento ricorre per cassazione il condanNOME, per il tramite dei difensori, con due distinti atti di impugnazione.
2.1.11 difensore, AVV_NOTAIO, denuncia due vizi.
2.1.1. Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 168, comma primo, cod. pen. 649, 666, 674 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, sotto il profilo della contraddittorietà.
La difesa aveva eccepito l’inammissibilità della richiesta avanzata dal AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE al Giudice dell’esecuzione trattandosi di richiesta già formulata in sede di merito.
Infatti, nelle conclusioni riportate nell’epigrafe della sentenza di primo grado, allegata al ricorso, resa dal Tribunale di Milano, risulta che il Pubblico ministero aveva chiesto la condanna dell’imputato alla pena di anni tre di reclusione e la revoca della sospensione condizionale concessa con le sentenze di cui ai n. 5 e 6 del casellario giudiziale.
Il Tribunale, invece, in quella sede non ha accolto la richiesta della parte pubblica e non ha provveduto alla revoca dei benefici di ufficio.
La Corte di appello, in sede esecutiva, nel rigettare tale motivo ha richiamato due pronunce della Corte di legittimità che, a parere del ricorrente, riguardano la revoca del beneficio in fase esecutiva ai sensi dell’art. 168, comma terzo, cod. pen, da reputare non conferenti.
Inoltre, vi sarebbe contraddittorietà della motivazione per avere la Corte di appello di Milano indicato, da una parte, che l’ambito decisorio dell’incidente di esecuzione è verificare la sussistenza della causa di revoca di diritto, invocata dal AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art 168, comma primo, cod. pen., dall’altra, precedenti di legittimità relativi a caso diverso.
Si richiama la pronuncia della Corte di legittimità n. 24103 resa in data 8 aprile 2021 che conferma la sussistenza della preclusione, per il Pubblico ministero, di riproporre in fase esecutiva la medesima richiesta, formulata in sede di cognizione, quando questo giudice non l’abbia accolta.
Si specifica che in questa pronuncia il potere di revoca di ufficio del giudice di appello è considerato solo facoltativo e, quindi, il suo mancato
esercizio non è statuizione suscettibile di acquisire forza di giudicato, diversamente dal caso in cui esso sia stato sollecitato, anche solo con la ric della parte interessata e diversamente dal caso in cui il giudice di primo grado abbia illegittimamente concesso il beneficio.
Solo in questi casi, per la Corte di legittimità, la statuizione è suscettibil di divenire giudicato seppure cd. debole.
Si richiama, inoltre, giurisprudenza di legittimità secondo la quale, rispetto alla revoca obbligatoria della sospensione condizionale della pena in giudizio di cognizione, si ritiene che sussista il potere di revoca d’ufficio in cap al giudice dell’appello con la precisazione che, nel caso in cui vi sia sul punto richiesta del pubblico ministero, il giudice è tenuto a provvedere.
Si tratta, peraltro, di attuazione del principio di preclusione processuale tenuto conto che tutte le questioni esaminate e decise, nella fase del giudizio di merito, non possono essere riproposte in sede di esecuzione secondo i principi generali ricavabili dagli artt. 649, 666 e 674 del codice di rito.
2.1.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione agli artt. 168, n. 2, 172 cod. pen. e 674 cod. proc. pen.
La Corte avrebbe ignorato la richiesta difensiva di declaratoria di estinzione della pena, di cui alla sentenza riportata al n. 6 del casellario giudiziale
La prescrizione della pena inizia a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza che costituisce causa della revoca della condizione.
Nel caso in esame, la causa di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso con la sentenza n. 6 del casellario giudiziale, divenuta irrevocabile, in data 8 ottobre 2010, è costituita dalla sentenza sub 5 dello stesso certificato, divenuta irrevocabile il 29 marzo 2011.
Diversamente, la Corte di appello di Milano ha ritenuto che la causa di revoca del beneficio sia rappresentata dall’ultima sentenza della Corte di appello di Milano, divenuta irrevocabile il 19 gennaio 2023, per fatti commessi da luglio a dicembre del 2012.
Si richiama giurisprudenza di legittimità secondo la quale il termine di decorrenza della prescrizione della pena divenuta eseguibile, a seguito del verificarsi delle condizioni per la revoca del beneficio della sospensione condizionale precedentemente concesso, coincide col momento in cui è divenuta irrevocabile la decisione che ha accertato la causa della revoca. Si tratta di termine iniziale che non può che coincidere, per il ricorrente, con l’accertamento giudiziale definitivo della commissione del reato da cui consegue,U
Tanto, ai sensi dell’art 168 n. 2 cod. pen. secondo il quale la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena segue, come nel caso di specie,
al fatto che il condanNOME ha riportato altra condanna per delitto, anteriormente commesso, a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti dall’art 163 cod. pen. Inoltre, si tratta di attuazione del prin stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di legittimità nella sentenza n. 2 de 30/10/2014, ricorrente COGNOME.
Considerato che la sentenza della Corte di appello di Roma del 7 ottobre 2009 è divenuta irrevocabile il 29 marzo 2011 e che tale pronuncia comporta la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena concessa con la sentenza della Corte di appello di Roma, divenuta irrevocabile in data 8 ottobre 2011, di condanna alla pena di anni due di reclusione, il ricorrente ritiene che detta pena è estinta il 29 marzo 2021 perché sono decorsi dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza che ha costituito causa di revoca del beneficio.
A parere della difesa, la pronuncia richiamata dalla Corte di appello di Milano n. 11759 del 2019 della Sez. 5 x, di questa Corte di legittimità non sarebbe in termini.
2.2. Con atto di impugnazione a firma dell’AVV_NOTAIO, sono proposti due motivi, di seguito riassunti nei limiti necessari ai sensi dell’art. 173 disp. at cod. proc. pen.
2.2.1. Con il primo motivo si denuncia omessa motivazione circa la conoscenza delle cause ostative alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, mancata istruttoria in ordine alla conoscenza delle cause ostative da parte del giudice che ha concesso il beneficio revocato.
COGNOME è stato raggiunto da ordine di esecuzione per la carcerazione relativamente alla sentenza n. 6126 del 2021, emessa in data 24 settembre 2021 dalla Corte di appello di Milano, divenuta definitiva in data 19 gennaio 2023, di condanna alla pena di anni quattro di reclusione.
In data 23 febbraio 2023 la Procura RAGIONE_SOCIALE della Repubblica presso la Corte di appello di Milano ha avanzato richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena, relativamente alle sentenze di cui ai hn. 5 e 6 del casellario giudiziale, ai sensi dell’art. 168 n. 1 cod. pen.
Si è ritenuto, infatti, che sia intervenuta causa di revoca, individuata nella commissione di un altro reato nel quinquennio, cioè quello accertato con la sentenza della Corte di appello di Milano del 2023 in esecuzione.
La Corte territoriale ha accolto la richiesta della parte pubblica, revocando entrambi i benefici, senza dare conto di aver preventivamente appurato se effettivamente, dall’esame dei fascicoli processuali, i precedenti ostativi risultassero documentalmente al giudice della cognizione che aveva concesso il beneficio.
La giurisprudenza sul punto si colloca in perfetta coerenza con quella formatasi nell’interpretazione delle condizioni di revoca dell’indulto. La richiesta del AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE riguardava l’accertamento della sussistenza di una causa ostativa ai sensi dell’art 168 n.1 cod. pen. Sicché, l’acquisizione dei fascicoli, per la difesa, riveste carattere necessario per l’accertamento della conoscibilità della causa ostativa alla concessione del beneficio.
Si richiama la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte che ha affermato che l’introduzione, all’art 674 del codice di rito, del comma 1- bis, ha incrementato l’attribuzione del giudice della esecuzione abilitandolo a rimuovere la statuizione illegale contenuta in sentenza irrevocabile di applicazione della sospensione condizionale in violazione dei limiti fissati dalla legge.
Tuttavia, si è rilevato che risulta ridisegNOME il perimetro di intangibilit delle situazioni giuridiche prodotte da provvedimenti revocabili.
La motivazione della revoca, quindi, deve fondar< sull'analisi di quanto oggettivamente conosciuto o conoscibile dal giudice della cognizione.
In questo, caso alla data del 1° dicembre 2009 era conosciuta o conoscibile la primaria causa ostativa rappresentata dal passaggio in giudicato di sentenza che ha erogato la pena di anni due mesi quattro di reclusione di cui al n. 4 del casellario giudiziale.
Di qui la richiesta di annullamento del provvedimento perché privo di specifica indagine sulla revocabilità dei benefici ad opera dei giudici della cognizione, per entrambe le sentenze,rn. 5 e 6 del casellario.
2.2.2. Con il secondo motivo si denuncia erronea applicazione di legge penale e vizio di motivazione quanto alla richiesta di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena disattesa nel giudizio di merito e non oggetto di gravame in appello, nonché omessa motivazione.
Il principio di preclusione processuale e di divieto di bis in idem sono applicabili anche nella fase dell'esecuzione.
Di qui il divieto di rinnovazione dello scrutinio di questioni, già esaminate e decise nella fase della cognizione, ai sensi dell'art. 674, comma 1-bis cod. proc. pen.
Si ripropone la questione prospettata come memoria difensiva in sede di discussione e si sottolinea che, per questa questione, risulta omessa motivazione.
Le Sezioni Unite, ricorrente COGNOME hanno affermato la natura cd. debole della preclusione alla riproposizione in sede esecutiva di questioni già trattate e risolte nel corso di processo di cognizione che, come tale, riguarda soltanto il dedotto e non il deducibile.
Se il punto della decisione che riguarda la concessione della sospensione condizionale della pena, pur in contrasto con i limiti di legge, non è stata
eccepita e decisa in sede di cognizione, non opera la preclusione nemmeno per il giudice dell'esecuzione a esercitare il potere attribuitogli ai sensi dell'art 674 de codice di rito.
Diverso è il caso, come quello di specie, in cui la questione è stata prospettata, non accolta e non coltivata nel successivo grado di merito.
Nel caso in esame, per la difesa, la situazione si è creata nel giudizio di merito definito con sentenza passata in giudicato, nel gennaio 2023, secondo l'iter delineato a p. 6 del ricorso.
Il Pubblico ministero aveva espressamente chiesto al Tribunale la revoca dei benefici ai sensi dell'articolo 168 n. 1 del cod. pen., mentre il Tribunale d Milano non ha pronunciato sul punto e la parte pubblica non ha proposto impugnazione.
La Corte di appello di Milano non ha provveduto di ufficio alla revoca di diritto; dunque, tali condizioni non consentono di riproporre la questione in sede esecutiva, dovendosi ritenere implicito il rigetto rispetto a quanto espressamente richiesto dal Pubblico ministero al giudice della cognizione.
Si richiama giurisprudenza in tema di onere da parte del giudice dell'appello di provvedere di ufficio alla revoca della sospensione condizionale della pena quando questa è obbligatoria, ove si è ribadito che il giudice della cognizione non può omettere di pronunciarsi sulla revoca della sospensione condizionale della stessa, quando di questa sia stata fatta espressa richiesta nelle conclusioni.
In questo caso si è formato a parere del ricorrente, un giudicato pro reo: si richiama giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 39190 del 2021), secondo la quale il potere di revoca di ufficio del giudice dell'appello è solo facoltativo.
Quindi, il mancato esercizio di questo potere non costituisce statuizione suscettibile di acquisire forza di giudicato, diversamente dal caso in cui esso sia stato sollecitato, anche solo con richiesta della parte interessata e diversamente dal caso in cui il giudice di primo grado abbia concesso illegittimamente il beneficio. Soltanto in questi casi si è in presenza di una statuizione di contenuto, nel primo caso, negativo, nel secondo caso, positivo suscettibili di divenire giudicato seppure cd. debole.
Si richiama giurisprudenza di legittimità secondo la quale la condizione negativa per la quale al giudice dell'esecuzione non è consentita la revoca della sospensione condizionale della pena e cioè che le cause ostative al beneficio fossero documentalmente note al giudice della cognizione, opererebbe anche laddove il dato sia stato oggetto di una valutazione implicita in sede di cognizione.
2.3.Con motivi aggiunti depositati a mezzo p.e.c. del 29 dicembre 2023, da entrambi i difensori, vengono denunciati due vizi.
2.3.1.Con il primo motivo si denuncia violazione dell'art. 525, comma 2, cod. proc. pen.
Si deduce che l'ordinanza impugnata è stata deliberata da collegio formato da persone fisiche diverse da quelli che avevano partecipato all'udienza di trattazione dell'incidente di esecuzione; si contesta, dunque, la nullità assoluta e insanabile del provvedimento emesso da un Collegio diversamente composto rispetto a quello che aveva assunto la decisione.
Per -consolidato orientamento della Corte di legittimità il principio di immutabilità del giudice a mente del quale alla deliberazione concorrono, a pena di nullità nullità assoluta, gli stessi giudici vhanno partecipato al dibattimento, trova applicazione anche nei procedimenti camerali come quelli di sorveglianza e di esecuzione e comporta che la decisione debba essere emanata dallo stesso giudice che ha provveduto alla trattazione della procedura (si richiamano precedenti: Sez. 1, n. 13599 del 2017 e n. 9006 del 2009).
2.3.2.Con il secondo motivo aggiunto si denuncia violazione degli artt. 168 n. 2, 172 cod. pen. e 674 cod. proc. pen.
La Corte di appello non ha deciso sulla richiesta di declaratoria di estinzione della pena di cui alla sentenza n. 6 del casellario giudiziale.
La causa di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena di anni due di reclusione, concessa con tale sentenza divenuta irrevocabile è costituita dalla sentenza indicata sub 5 del casellario, divenuta irrevocabile il 29 marzo 2011.
La Corte, quindi, non ha fatto buon governo delle norme di cui agli artt. 168 n. 2 e 172 cod. pen. ritenendo erroneamente che la causa di revoca del beneficio sia stata rappresentata dalla sentenza del 24 settembre 2021, divenuta irrevocabile il 19 gennaio 2023, stante il riferimento di tale pronuncia a fatt commessi dal mese di luglio al mese di dicembre 2012.
Si richiama giurisprudenza di legittimità secondo la quale il termine di decorrenza della prescrizione della pena, divenuta eseguibile a seguito del verificarsi le condizioni per la revoca del beneficio della sospensione condizionale precedentemente concesso, coincide con il momento in cui è divenuta definitiva la decisione che ha accertato la causa della revoca. Da quel momento si ha la certezza dell'avvenuta verificazione della condizione risolutiva e non dal momento in cui si è adottato dal giudice dell'esecuzione il provvedimento di revoca del beneficio.
Tale opzione interpretativa, per il ricorrente, sarebbe sorretta da univoci argomenti testuali e rispetto alla ratio della disciplina della prescrizione della pena, è ispirata all'esigenza di certezza delle situazioni giuridiche.
L'art 168 n. 2 cod. pen. dispone la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena laddove nei termini stabiliti il condanNOME, come nel caso
in esame, riporti altra condanna per delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, supera i limiti di cui all'ad 163 cod. pen.
Nel caso di specie, la sentenza della Corte d'appello di Roma del 7 ottobre 2009 è divenuta irrevocabile il 29 marzo 2011 e ha comportato la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena, concessa con la sentenza della Corte d'appello di Roma, del 10 dicembre 2009, divenuta irrevocabile in data 8 ottobre 2010, di condanna la pena di anni due di reclusione. Tale pena, quindi, deve essere dichiarata estinta ai sensi dell'art. 172 cod. pen., in data 29 marzo 2021, essendo decorsi dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza che costituisce causa di revoca del beneficio concesso.
Si deduce l'omessa motivazione, da parte della Corte di appello di Milano, la quale nell'affrontare la questione avrebbe richiamato un precedente inconferente (Sez. 5, n. 11759 del 2019). La difesa, peraltro, aveva chiesto l'applicazione del principio di diritto sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte, ricorrente Malore/la, mentre la Corte di appello di Milano ha affermato che, nella specie, non può essere invocato il principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite, nella pronuncia n. 37345 del 2015, non richiamato dalla difesa in alcuna argomentazione prospettata.
3.11 Sostituto AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE di questa Corte, NOME COGNOME, intervenuto con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
lrordinanza impugnata, in quanto affetta da nullità, deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice dell'esecuzione.
2.Va, preliminarmente, esaminata la questione devoluta con il primo motivo aggiunto proposto dalla difesa, peraltro attinente a questione rilevabile di ufficio.
2.1. Questa Corte, invero, ha costantemente affermato che l'immutabilità del giudice, sancita dall'art. 525, comma secondo, cod. proc. pen., essendo espressione di un principio RAGIONE_SOCIALE, si estende anche alle decisioni assunte nei giudizi di impugnazione cautelare (cfr. Sez. 1, n. 13599 del 22/11/2016, dep. 2017, Sarr, Rv. 270057 – 01), in materia di esecuzione e sorveglianza (Sez. 1, n. 20351 del 10/04/2014, NOME COGNOME, Rv. 262258 – 01; Sez. 1, n. 17146 del 05/04/2016, Loi, Rv. 267242 – 01).
2.2. Con specifico riferimento al giudizio di esecuzione e a quello di sorveglianza, diversamente da quello di cognizione, peraltro, la Corte di
legittimità ha precisato che il principio di immutabilità del giudice comporta che la decisione debba essere assunta dallo stesso giudice che ha provveduto alla trattazione della procedura, ma non impedisce che nella stessa possano essere utilizzati anche atti precedentemente ammessi o acquisiti innanzi al giudice in diversa composizione.
Nel procedimento di sorveglianza, poi, si è ulteriormente precisato che si tratta di procedura caratterizzata da un'attività semplificata di raccolta del materiale probatorio, senza necessità di formali provvedimenti di ammissione e di lettura; sicché tale caratteristica comporta che la decisione, da assumere da parte dello stesso giudice che ha provveduto alla trattazione, non impedisce che possano essere utilizzati atti acquisiti in precedenza dinanzi·al giudice in diversa composizione nel caso in cui le parti presenti non si siano opposte né abbiano esplicitamente richiesto di rinnovare la trattazione.
2.3.In ogni caso, con riferimento al mutamento della persona fisica del giudice nel dibattimento, si reputa che la sentenza sia affetta da nullità assoluta e insanabile, vizio rilevabile, in ogni stato e grado, anche di ufficio (Sez. 5, n 6432 del 7/01/2015, Fontana, Rv. 263424 – 01), con principio da estendersi, come detto, anche alle decisioni del giudice dell'esecuzione. Sicché, anche in tale giudizio, la decisione deve essere assunta dallo stesso giudice che ha provveduto alla trattazione della procedura e dunque, in caso di provvedimento di competenza di un giudice collegiale, dal collegio composto dalle medesime persone fisich pena la nullità del provvedimento adottato.
2.4. Ciò premesso, si rileva che, nel caso al vaglio, l'esame degli atti, necessitato dalla qualità dell'eccezione formulata (in materia processuale, la Corte di cassazione è anche giudice del fatto, nel senso che, nella ricerca degli eventuali erro res in procedendo, opportunamente denunciati con specifico motivo di ricorso, occorre verificare, ex actis, l'osservanza della legge processuale : Sez. U., n. 42792 del 31/10/2001, Rv 220092), ha fatto emergere che:
dal verbale di udienza del 30 maggio 2023 risulta che la Corte di appello, seconda Sezione, è composta dal Presidente NOME COGNOME e dai consiglieri NOME COGNOME, NOME COGNOME, Giudice collegiale in funzione di Giudice dell'esecuzione che, all'esito della discussione, si è riservato di decidere sulla richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena introdotta dalla parte pubblica;
dal frontespizio dell'ordinanza impugnata il collegio giudicante risulta diversamente composto perché nell'epigrafe, oltre al Presidente relatore e al giudice NOME COGNOME, risulta, quale componente, il giudice NOME COGNOME, il quale non ha partecipato all'udienza di trattazione dell'incidente di esecuzione, secondo la composizione che risulta dal verbale di udienza;
con nota del 23 gennaio 2014, la Corte di appello di Milano ha fatto pervenire chiarimento, indicando che il Collegio che ha proceduto nei confronti di COGNOME nel procedimento di esecuzione in esame, era composto dai giudici COGNOME–COGNOME e che alcuna ordinanza di correzione dell'errore materiale è stata adottata, in relazione all'ordinanza impugnata, evidentemente anche quanto all'indicazione del Collegio che ha emesso il provvedimento.
Nel caso esamiNOME, dunque, il contrasto tra il verbale di udienza e l'epigrafe dell'ordinanza impugnata fa emergere il rilievo che uno dei magistrati del collegio deliberante (il magistrato COGNOME il quale ha concorso alla deliberazione del provvedimento) non era stato presente nel collegio che ha trattato l'udienza camerale di discussione esitata dall'assunzione della riserva di decisione da parte della Corte territoriale.
Questa constatazione comporta ineludibilmente, per la nullità che ha inficiato la deliberazione, l'annullamento dell'ordinanza impugnata, con rinvio per nuova trattazione e deliberazione.
È appena il caso di osservare che i restanti motivi sono assorbiti nell'adottata decisione e che l'ammissibilità del ricorso principale dell'AVV_NOTAIO è dei tempestivi motivi aggiunti, esonera il Collegio dall'esame della (eventuale) inammissibilità dell'impugnazione proposta dall'AVV_NOTAIO, secondo quanto segnalato dalla Cancelleria della Corte di appello, per essere stato trasmesso il ricorso del predetto legale a indirizzo p.e.c. diverso da quello indicato per l'Ufficio della Corte di appello di Milano, dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (cfr. Sez. 4, n. 48804 del 14/11/2023, COGNOME, Rv. 285399 – 01 nel senso che, in tema di impugnazioni, è inammissibile il gravame depositato telematicamente presso un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato nel decreto del RAGIONE_SOCIALE di cui all'art. 87-bis, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150).
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano.
Così deciso il 24 gennaio 2024