Illegalità della pena: non basta un errore di calcolo per l’annullamento
Un recente provvedimento della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso contro le sentenze di patteggiamento, in particolare quando si contesta la correttezza del calcolo della sanzione. La decisione ribadisce un principio fondamentale: non ogni errore nella determinazione della pena ne comporta l’illegalità della pena, concetto che consente l’impugnazione. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi espressi dai giudici.
I Fatti del Caso
Il caso nasce dal ricorso di un imputato avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (il cosiddetto ‘patteggiamento’). Il ricorrente sosteneva che la pena applicata fosse viziata da un’errata applicazione dell’articolo 62 bis del codice penale, relativo alle circostanze attenuanti generiche. A suo dire, l’errore nel giudizio di bilanciamento tra attenuanti e aggravanti aveva portato a una quantificazione errata della pena finale, rendendola di fatto illegale e, pertanto, meritevole di annullamento.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, senza necessità di formalità. I giudici hanno sottolineato come, a seguito delle riforme legislative (in particolare la legge n. 103 del 2017), i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento siano stati drasticamente limitati.
Attualmente, l’impugnazione è consentita solo per motivi specifici, tra cui l’erronea qualificazione giuridica del fatto e, appunto, l’illegalità della pena o della misura di sicurezza. La contestazione relativa alla dosimetria della pena, ovvero al suo calcolo, non rientra più, di per sé, tra i motivi ammessi.
Le Motivazioni: la distinzione cruciale sull’illegalità della pena
Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra un mero errore di calcolo e la vera e propria illegalità della pena. La Corte, richiamando una precedente e autorevole pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza n. 877 del 2022), ha ribadito un principio cardine: la pena è da considerarsi illegale solo quando eccede i limiti edittali generali previsti dal codice penale (artt. 23, 65, 71) oppure i limiti specifici stabiliti per la singola fattispecie di reato.
In altre parole, non ha importanza se i passaggi intermedi che hanno portato alla determinazione della pena siano viziati da un errore (ad esempio, un errato bilanciamento delle circostanze). Ciò che conta è il risultato finale. Se la pena conclusiva, pur frutto di un calcolo potenzialmente errato, rientra comunque nel ‘range’ (minimo e massimo) previsto dalla legge per quel reato, essa non può essere definita ‘illegale’. Nel caso di specie, il ricorrente non lamentava uno sforamento dei limiti massimi, ma solo un errore nel procedimento di calcolo, motivo per cui il suo ricorso è stato giudicato manifestamente inammissibile.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale restrittivo in materia di impugnazione delle sentenze di patteggiamento. La decisione chiarisce che l’ambito del controllo della Cassazione è limitato a vizi sostanziali e non a semplici errori di calcolo interni al processo di dosimetria della pena. Per poter parlare di illegalità della pena, è necessario che la sanzione irrogata sia contra legem, ovvero al di fuori dei confini stabiliti dal legislatore. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento?
Dopo la riforma del 2017, il ricorso è possibile solo per motivi specifici: vizio nella volontà dell’imputato, mancata correlazione tra richiesta e sentenza, erronea qualificazione giuridica del fatto e illegalità della pena o della misura di sicurezza.
Un errore nel calcolo della pena (dosimetria) la rende automaticamente illegale?
No. Secondo la Corte, un errore nei passaggi intermedi del calcolo, come il bilanciamento delle circostanze, non rende la pena illegale, a meno che la sanzione finale non superi i limiti massimi (edittali) previsti dalla legge per quel reato.
Quali sono le conseguenze di un ricorso giudicato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la parte ricorrente viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15424 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15424 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a VIBO VALENTIA il 08/03/1969
avverso la sentenza del 13/12/2024 del TRIBUNALE di PALMI
dato avyfso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale gli è stata applicata la pena richiesta ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. ;deducendo violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 62 bis cod. pen. con riferimento alla dosimetria della pena conseguente al correlato giudizio di bilanciamento, assumendo da ciò il vizio di illegalità della pena applicata. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso è inammissibile per cause che possono dichiararsi senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5bis cod. proc. pen. introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017. E invero, a far tempo da tale ultima data, il pubblico ministero e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di applicazione della pena ex artt. 444 e ss. cod. proc. pen. “solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità della pena e della misura di sicurezza”. Non rientra più, pertanto, tra i motivi di ricorribilità per cassazione quello – come avvenuto nel caso che ci occupa- attinente alla dosimetria della pena, peraltro assolutamente aspecifico, e perciò manifestamente inammissibile in quanto, come visto, l’ambito di ricorribilità rispetto a sentenze come quella che ci occupa è ristretto ai soli casi di illegalità della pena.
In particolare, si è affermato (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022 (dep. 2023) Rv. 283886 – 01), che la pena determinata a seguito dell’erronea applicazione del giudizio di comparazione tra circostanze eterogenee concorrenti è illegale soltanto nel caso, qui non ricorrente, in cui essa ecceda i limiti edittali generali previsti dagl artt. 23 e seguenti, nonché 65 e 71 e seguenti, cod. pen., oppure i limiti edittali previsti per le singole fattispecie di reato, a nulla rilevando il fatto che i passagg intermedi che portano alla sua determinazione siano computati in violazione di legge.(Fattispecie relativa a procedimento di applicazione della pena).
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 2 aprile 2025
La Cons . Nera est.
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