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Illecita influenza sull’assemblea: quando è reato?

Un consulente è stato condannato per aver falsificato i verbali delle assemblee societarie. La Corte di Cassazione, intervenendo sul caso, ha chiarito un punto fondamentale: il reato di illecita influenza sull’assemblea si configura solo se la riunione si è effettivamente tenuta. La sentenza ha quindi annullato una delle condanne, precisando che la semplice simulazione di un’assemblea non è sufficiente per integrare questo specifico delitto societario.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Illecita influenza sull’assemblea: se la riunione non c’è, il reato non sussiste

Il reato di illecita influenza sull’assemblea, previsto dall’articolo 2636 del codice civile, rappresenta un importante presidio a tutela della corretta formazione della volontà societaria. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale su un elemento essenziale di questa fattispecie: per commettere il reato, è indispensabile che l’assemblea si sia effettivamente tenuta. La mera creazione di un verbale falso, relativo a una riunione mai avvenuta, non è sufficiente a configurare questo specifico delitto.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine dalla condotta di un consulente commercialista, accusato di aver agito in concorso con uno degli eredi del fondatore di due società a responsabilità limitata. L’obiettivo era escludere gli altri eredi dalla gestione aziendale.

La prima accusa (capo a) riguardava la falsificazione del verbale di un’assemblea societaria, che veniva registrato presso la Camera di Commercio il giorno prima del decesso dell’amministratore unico. Secondo l’accusa, questa assemblea non si era mai svolta. Il verbale fittizio attestava le dimissioni dell’amministratore e la nomina del figlio come suo successore, con tanto di firme false. Questo atto avrebbe permesso al figlio di assumere il controllo della società, precludendo la partecipazione degli altri eredi legittimi (la seconda moglie e l’altra figlia del defunto).

La seconda accusa (capo c) si riferiva a due assemblee successive, tenutesi dopo il decesso dell’imprenditore. In queste occasioni, il consulente, in qualità di segretario, avrebbe contribuito a costituire una maggioranza fittizia, estromettendo una degli eredi sulla base di presupposti giuridici inesistenti.

I tribunali di primo e secondo grado avevano condannato il professionista per entrambi i capi di imputazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha esaminato i tre motivi di ricorso presentati dalla difesa del consulente, giungendo a una decisione parziale.

Il ricorso relativo alla seconda accusa (capo c) è stato respinto. La Corte ha ritenuto che la condotta fraudolenta fosse evidente, poiché la maggioranza era stata calcolata illegittimamente e uno dei soci era stato deliberatamente disincentivato dal partecipare.

Tuttavia, la Corte ha accolto il ricorso relativo alla prima accusa (capo a), quella concernente l’assemblea mai tenuta.

Illecita influenza sull’assemblea: il principio chiave

Il punto centrale della decisione riguarda la natura del reato di illecita influenza sull’assemblea. La Cassazione ha ribadito che si tratta di un reato di evento, il cui elemento costitutivo è l’effettiva alterazione del processo di formazione della maggioranza all’interno di una riunione societaria reale e non virtuale. L’azione fraudolenta deve ‘effettivamente’ incidere sulla volontà dei soci riuniti.

Se l’assemblea non si è mai svolta, come contestato dalla stessa accusa, manca l’oggetto materiale su cui la condotta illecita avrebbe dovuto incidere. La semplice simulazione della tenuta dell’assemblea, attraverso la creazione di un verbale falso, non integra gli estremi del reato previsto dall’art. 2636 c.c., potendo eventualmente configurare altre fattispecie di reato.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la norma mira a proteggere il corretto funzionamento dell’organo assembleare. Pertanto, la condotta fraudolenta o simulatoria deve innescare un processo causale che altera la maggioranza in assemblea. Questo presuppone, logicamente, che un’assemblea sia stata effettivamente convocata e tenuta. Nel caso di specie, l’accusa stessa partiva dal presupposto che la riunione non fosse mai avvenuta. Questa contraddizione è risultata fatale per l’impianto accusatorio su questo specifico punto.

Di conseguenza, la Corte ha annullato la sentenza di condanna per il capo a) e ha rinviato il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame, con il compito di verificare se, contrariamente a quanto emerso, l’assemblea si fosse in qualche modo tenuta.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica per amministratori, soci e professionisti. Il delitto di illecita influenza sull’assemblea non punisce qualsiasi falso in ambito societario, ma specificamente le manipolazioni che viziano la formazione della volontà collettiva durante una riunione effettiva. La creazione di un verbale per un’assemblea ‘fantasma’ non rientra in questa fattispecie. Resta fermo che tali condotte possono comunque avere rilevanza penale sotto altri profili, ma è fondamentale qualificare correttamente i fatti per garantire l’applicazione precisa della legge.

Falsificare il verbale di un’assemblea mai tenuta costituisce reato di illecita influenza sull’assemblea?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il reato di illecita influenza sull’assemblea è un reato di evento che richiede che una riunione si sia effettivamente tenuta. La condotta illecita deve alterare la formazione della maggioranza all’interno di un’assemblea reale, non semplicemente simularne l’esistenza.

Quali atti possono integrare il reato di illecita influenza sull’assemblea?
Il reato si configura con comportamenti artificiosi o simulatori che realizzano un inganno e determinano ‘effettivamente’ l’alterazione della maggioranza. Ad esempio, attestare falsamente la presenza di soci assenti, falsificare firme su un verbale di un’assemblea reale, o dissuadere con l’inganno un socio dal partecipare per alterare gli equilibri di voto.

La preesistenza di una maggioranza teorica di quote esclude la responsabilità penale?
No, non necessariamente. La Corte ha chiarito che il reato può sussistere anche se alcuni soci detengono la maggioranza teorica del capitale. Se la maggioranza in assemblea viene costituita con mezzi fraudolenti, ad esempio escludendo illegittimamente un socio con diritto di voto o basandosi su presupposti giuridici falsi, la condotta è penalmente rilevante perché altera l’effettivo processo decisionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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