Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4418 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 4418 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MILANO il 02/04/1992
avverso l’ordinanza del 24/05/2024 del TRIBUNALE di Roma; sentita la relazione della Consigliera NOME COGNOME letta la memoria depositata dalla Procura generale, in persona del Sostituto NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; letta la memorie depositata dal difensore dell’imputato:
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24/05/2024, il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione presentata, a mezzo del proprio difensore, ex art. 99 DPR n. 115/2002)da NOME COGNOME detenuto presso la Casa circondariale di Rebibbia dal 23 settembre 2021, avverso il decreto emesso in data 23/10/2023, con cui il medesimo Tribunale aveva dichiarato non luogo a provvedere in ordine alla istanza – presentata relativamente al procedimento n. 12997/2022 R.G. Dib. – in data 20.10.2023.
Il giudice dell’opposizione ha chiarito in fatto che tale istanza era stata dichiarata inammissibile con provvedimento dello stesso giorno, in quanto priva dei documenti che si affermava essere stati allegati (documento di identità; tessera sanitaria con codice fiscale; dichiarazione a fini i.s.e.e.; iscrizione dell’avvocato nell’apposito albo); successivamente, il 6 dicembre 2023, il ricorrente aveva presentato domanda per ammissione al gratuito patrocinio penale, nonché nota integrativa all’istanza di ammissione al gratuito patrocinio penale, con la quale rappresentava di non essere in possesso di un valido documerito di identità e che tuttavia la sua identità era certa in quanto ristretto in carcerei inoltre, era stato ammesso al beneficio in parola in relazione ad altri sei procedimenti penali. Il Tribunale, con provvedimento del 14 dicembre 2023, dichiarava non luogo a provvedere in merito a tale ultima istanza, rinviando ad eventuale successiva opposizione le eventuali doglianze.
Il Tribunale, con il provvedimento ora impugnato, ha osservato che il ricorrente, come già era accaduto per l’istanza del 23 ottobre 2023, non era stato identificato attraverso un documento d’identità e non aveva allegato quanto richiesto dall’art. 79 DPR n. 115/2002 e, in particolare, l’istanza non era corredata dall’autocertificazione sul reddito, richiesta a pena dì inammissibilità. Anche la successiva “nota integrativa” presentava le medesime carenze. Inoltre, era preclusa la possibilità, per il giudice, di revocare i provvedimenti definitivamente emessi, a fronte della impugnabilità dei medesimi.
2. Il ricorso per cassazione è articolato in due motivi.
Con il primo motivo, il ricorrente assume la violazione degli artt. 74, 76, 79 e 96, comma 2, d.P.R. n. 115/2002, ritenendo che il Tribunale abbia errato nel ritenere calata una sorta di giudicato sulla prima istanza, dovendosi invece concepire il procedimento come connotato da una intrinseca flessibilità, idonea alla realizzazione del fine di solidarietà sociale sotteso al beneficio; deduce l’illegittimità del punto della decisione con cui il Tribunale aveva ritenuto preclusa la possibilità di integrare la produzione della prima istanza del 23 ottobre 2023;
dunque, posto che l’accertamento circa l’identità dell’istante era avvenuto ad opera del Direttore dell’Istituto di pena all’atto dell’ingresso in carcere, sarebbe spettato al giudice accertare, anche mediante l’esercizio di poteri officiosi, la sussistenza dei presupposti socio-reddituali necessari ad ottenere il beneficio.
Con il secondo motivo, riferito alla errata applicazione delle medesime disposizioni, il ricorrente evidenzia come il giudice dell’opposizione abbia errato laddove, piuttosto che procedere all’accertamento dei presupposti di legge, si era limitato a valutare la legittimità della pronuncia di non luogo a provvedere, emessa dal Tribunale in risposta al deposito della nota integrativa.
Il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME con requisitoria scritta depositata il 30 novembre 2024, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente, con memoria depositata in data 12 dicembre 2024, ha rilevato di non aver ricevuto comunicazione in ordine al deposito delle conclusioni del pubblico ministero, con successiva memoria del 17 dicembre 2024, ha indicato l’esistenza di un errore materiale alla pagina 4, secondo capoverso, del ricorso per cassazione, che ha corretto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare, va osservato che il presente procedimento è soggetto al procedimento in camera di consiglio “non partecipato” giusto il disposto dell’art. 611 cod.proc.pen., trattandosi di ricorso avverso ordinanza emessa ai sensi dell’art. 99 d.P.R. n. 115 del 2002. L’art. 611 cod.proc.pen., nell’attuale formulazione, prevede che, ” la corte procede in camera di consiglio quando deve decidere su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento, fatta eccezione delle sentenze pronunciate a norma dell’art. 442. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’art. 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie delle altre parti senza intervento dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell’udienza, tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e, fino a cinque giorni prima, possono presentare memorie di replica”.
Nel modello di base, il contraddittorio si svolge in forma meramente cartolare e senza l’intervento delle parti; la camera di consiglio ha natura “non partecipata”: in tal caso la Corte giudica senza l’intervento dei difensori (e dunque senza la discussione orale) esclusivamente in base ai motivi scritti, alla requisitoria scritta del procuratore generale (la cui acquisizione non è presupposto necessario ai fini della fissazione della data dell’udienza e della trattazione del ricorso, Sez. U, n.
51207 del 17/12/2015, Rv. 265113 – 01; Sez. 2, n. 24629 del 02/07/2020, Rv. 279552 – 01; Sez. 1, n. 4355 del 19/11/1991, dep. 1992, Chille’, Rv. 188823), alle memorie delle altre parti, ai motivi aggiunti tempestivamente (fino a quindici giorni prima dell’udienza) e regolarmente depositati (presso la cancelleria della Corte, a pena di inammissibilità, Sez. 7 n. 44277/2015), alle eventuali memorie di replica; non è prevista la comunicazione a cura della Cancelleria delle memorie 4 L t depositate dalle parti nei termini fissati; dunque,~ di parte non assume rilievo.
I due motivi di ricorso, per la loro stretta connessione, vanno esaminati congiuntamente e sono infondati.
A fronte della peculiare situazione determinatasi, in fatto, il ricorrente pone il tema della definizione del potere-dovere del giudice di procedere all’accertamento dei presupposti di ammissione al beneficio, nella fase di introduzione del procedimento. In particolare, il ricorrente lamenta una complessiva violazione della disciplina di settore, posto che, pur consapevole della effettiva carenza della prima e della seconda istanza presentata, sia quanto al documento di identità che quanto alla autodichiarazione relativa ai redditi prodotti, ritiene che tali carenze non possano impedire l’attivazione della giurisdizione di merito sul diritto dell’imputato ad ottenere il patrocinio, con il connesso esercizio dei poteri officiosi finalizzati alla verifica dei presupposti reddituali richies dalla legge.
Va chiarito che le considerazioni critiche svolte dal ricorrente, in ordine all’erronea applicazione del principio del giudicato da parte dell’ordinanza impugnata, non sono pertinenti. Il Tribunale, nel motivare il provvedimento di rigetto della opposizione avverso il diniego alla domanda presentata il 6 dicembre 2023, ha semplicemente spiegato che il procedimento previsto dal d.P.R. n. 115/2002, come è ovvio, è scandito nelle diverse fasi ivi previste, attribuite ai magistrati indicati, di talché, una volta esaurita una fasi”! non è consentito riaprirla e le eventuali doglianze vanno proposte al giudice della successiva fase di opposizione ex art. 99 d.P.R. n. 115/2002.
La ricostruzione propugnata dal ricorrente non è rispondente allo schema procedimentale delineato dalla normativa vigente (d.P.R. n. 115/2002, parte terza e titolo secondo) e confonde il piano del rispetto delle previsioni di legge relative ai requisiti di ammissibilità della istanza di ammissione al beneficio, con quello, ulteriore e distinto, della disciplina che regola la fase di accertamento dei medesimi presupposti.
IL
Ai sensi dell’art. 79 d.P.R. cit., a pena di inammissibilità, l’istanza deve, tra l’altro, contenere una dichiarazione sostitutiva di certificazione da parte dell’interessato, ai sensi dell’articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell’articolo 76; è rispetto a tale presupposto che si introduce il dovere del giudice di procedere all’accertamento, mentre il difetto della autodichiarazione impone la declaratoria di inammissibilità dell’istanza, come testualmente ed inequivocabilmente stabilito dal legislatore.
Può essere accolta o respinta l’istanza che sia ammissibile, ed è solo in questo caso che la valutazione del giudice deve essere svolta nel rispetto degli specifici parametri indicati nell’art. 96, comma 2, d.P.R. cit. e cioè, specificamente: le risultanze del casellario giudiziale, il tenore di vita, le condizioni personali e familiari e le attività economiche eventualmente svolte. Al magistrato, a questo fine, è attribuita la facoltà preliminare di effettuare accertamenti tramite la Guardia di Finanza per le necessarie verifiche.
Anche il tema della identificazione delle reali generalità del richiedente attiene alle condizioni di ammissibilità dell’istanza. Dunque, anche per questo aspetto, va disattesa la censura proposta in ricorso, che invece confonde l’identificazione reale della persona richiedente con l’identificazione della provenienza della richiesta dalla sua persona. Il combinato disposto dagli artt. 123 cod.proc.pen. e art. 93 d.P.R. n. 115/2002 comporta che la dichiarazione proveniente dal detenuto si abbia per immediatamente comunicata all’A.G. senza necessità di autentica da parte del difensore, essendo il Direttore del carcere certo della identità di colui il quale propone la richiesta o avanza la dichiarazione.
Cosa diversa sono le generalità del richiedente, le quali, nel caso in esame non possono dirsi certe, come rimarcato dal giudice di merito. Il ricorrente, infatti, non è mai stato identificato a mezzo di un documento d’identità, ma solo attraverso rilievi dattiloscopici, in seguito ai quali gli è stato attribuito un numero CUI. Si attaglia dunque al caso in esame il condivisibile orientamento di questa Corte, in base al quale: “E’ legittimo il provvedimento con cui il giudice respinge la domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato qualora vi sia incertezza in ordine all’esattezza delle generalità dichiarate dall’interessato nell’istanza, in quanto la mancanza di certezza sulla sua identità impedisce di eseguire le verifiche sulle sue condizioni per l’ammissione al beneficio ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 96, commi 2 e 3 e art. 98, comma 2. (Fattispecie in cui l’incertezza era stata riferita ai precedenti dattiloscopici
dell’istante, dai quali emergevano diverse generalità, e al fatto che il medesi aveva fornito false dichiarazioni in ordine al suo domicilio)” così Sez. 4, n. 117 del 10/02/2009, Rv. 243204).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali.
Così deciso, li 18 dicembre 2024.