Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29504 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29504 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a TARANTO il 04/09/1984
avverso l’ordinanza del 03/02/2025 del TRIBUNALE di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 5 febbraio 2019 il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Taranto, in applicazione dell’art. 112 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ha revocato il provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio emesso il 17 ottobre 2017 in favore di NOMECOGNOME
Tale decreto è stato impugnato il 2 settembre 2019 dall’interessato, ai sensi dell’art. 99 D.P.R. n. 115 del 2002, e il Tribunale di Taranto, con ordinanza del 3 febbraio 2025, ha dichiarato estinto il giudizio per mancata integrazione del contraddittorio nel termine perentorio assegnato dal giudice, e in particolare per non essere stata effettuata dal Nuzzo, entro tale termine, la notifica del ricorso alla Agenzia delle Entrate, contraddittore necessario secondo quanto previsto dal comma 2 dell’indicata norma.
Avverso tale provvedimento NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione – così riqualificato dal Tribunale di Taranto l’atto di “reclamo con ricorso al collegio ex art. 178 c.p.c.” – eccependo l’illegittimità dell’ordinanza impugnata.
Il ricorrente lamenta, in particolare, che l’originario decreto di fissazione dell’udienza per il 19 ottobre 2023 non avrebbe contenuto l’ordine di notificare il decreto al litisconsorte necessario, ovvero alla competente Direzione Regionale delle Entrate. D’altro canto, l’ordine di notificare, a cura del ricorrente, il ricor e il decreto di fissazione dell’udienza alla parte convenuta non sarebbe stato neppure previsto nel verbale di udienza del 25 gennaio 2024 ) t per l’appunto di rinvio, al fine di consentire la notifica degli atti introduttivi all’Agenzia d Entrate M.
Per il COGNOME, quindi, vi sarebbe stato un vulnus difensivo per essere stato trattato il procedimento in maniera complessa, confusamente utilizzando sia le forme del processo civile che quelle del processo penale, laddove, invece, l’onere di notifica del ricorso e del provvedimento di fissazione dell’udienza alla controparte sarebbe postulabile solo ove si proceda con il rito civile, k£ che, celebrandosi in via telematica, consente di estrarre copia informatica dei provvedimenti e di notificarli a mezzo pec›.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato con trasmissione degli atti al Tribunale di Taranto per nuovo giudizio, previa integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato, per cui lo stesso deve essere rigettato.
Priva di pregio, in primo luogo, è la doglianza con cui il ricorrente ha eccepito che il giudizio conseguente all’opposizione ex art. 99 D.P.R. n. 115 del 2002 debba essere trattato con le forme del rito civile.
E’, infatti, consolidata nella giurisprudenza di legittimità l’esegesi per cui tale procedimento segue le forme del processo penale, essendo stato, in particolare, affermato che è abnorme il provvedimento con cui il Presidente del Tribunale abbia disposto la trasmissione al giudice civile dell’opposizione proposta avverso il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato emesso nell’ambito di un procedimento penale, in quanto tale opposizione, a differenza di quella al decreto di liquidazione del compenso al custode o all’ausiliario del giudice, va proposta al giudice penale, stante il carattere accessorio della controversia rispetto al processo penale, e il provvedimento del Presidente del Tribunale comporta l’impossibilità di proseguire il procedimento nelle forme previste dalla legge (così, espressamente, Sez. 4, n. 1223 del 16/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274908-01).
Ed ancora, nel procedimento di opposizione avverso i provvedimenti reiettivi dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il rinvio operato dall’art. 99, comma 3, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, al processo speciale per gli onorari di avvocato, disciplinato dall’art. 14 d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, che richiama il rito semplificato di cognizione, oggi regolato dagli artt. 281-decies e ss. cod. proc. civ., non esclude che trovino applicazione le previsioni degli artt. 76 e segg. D.P.R. n. 115 del 2002, da coordinare, per le fasi non espressamente disciplinate, con le disposizioni generali relative al processo penale principale (cfr., in questi termini, Sez. 4, n. 24410 del 24/06/2025, COGNOME, Rv. 288077-01; Sez. 4, n. 9459 del 06/11/2024, Noia, Rv. 287549-01; Sez. 4, n. 29385 del 26/05/2022, COGNOME, Rv. 283424-01).
Chiarito l’indicato aspetto, è parimenti infondata la censura con cui il COGNOME ha lamentato che non sarebbe stato suo onere quello di provvedere alla notifica all’Agenzia dell’Entrate degli atti introduttivi del giudizio, per non essere stato contenuto il relativo ordine sia nell’originario decreto di fissazione dell’udienza che nei successivi verbali di udienza.
L’indicato assunto muove, infatti, da un duplice errore prospettico, dovendo, in primo luogo, essere osservato come l’onere di integrazione del
contraddittorio posto a carico dell’opponente non trovi origine in uno specifico ordine di volta in volta imposto da parte del giudice, bensì gravi in termini obiettivi a carico dell’istante, essendo stato reiteratamente affermato da questa Suprema Corte che, in tema di patrocinio a spese dello Stato, quando l’opposizione dell’interessato avverso il decreto di rigetto dell’istanza di ammissione sia stata tempestivamente depositata presso il giudice “ad quem”, ma non notificata alla Direzione Regionale delle Entrate a cura dell’instante, non si configura – in difetto di una espressa previsione di legge in tal senso l’inammissibilità del gravame, sicché va disposta la rituale notifica del ricorso all’Amministrazione finanziaria, che va eseguita a cura del ricorrente ai fini della regolare instaurazione del contraddittorio (così, tra le altre, Sez. 4, n. 18842 del 13/04/2016, COGNOME, Rv. 266846-01; Sez. 4, n. 44916 del 10/12/2010, Stivaletti, Rv. 249066-01).
Sotto altro profilo, comunque, non è neanche corretta la doglianza per cui il ricorrente non sarebbe stato edotto dell’onere di notifica all’Agenzia delle Entrate e del termine perentorio assegnato per l’adempimento, disposto all’udienza del 18 aprile 2024, atteso che, in termini contrari, è stato dato espressamente atto nel provvedimento impugnato dell’avvenuta notificazione al Nuzzo di detto provvedimento, così come nel verbale del 20 giugno 2024, peraltro rilevando come il difensore, pur informato dell’incombente assegnatogli, avesse disatteso l’indicata prescrizione, limitandosi a richiedere la trattazione del giudizio con le forme del rito civile, o almeno in videoconferenza.
Ritenuta, dunque, l’infondatezza delle censure eccepite da parte del ricorrente, determinanti il conseguente rigetto dell’impugnazione proposta, il Collegio ritiene, tuttavia, doveroso effettuare una precisazione conclusiva.
Come osservato, il Tribunale ha ritenuto di ovviare alla stasi giudiziale determinatasi in conseguenza della mancata integrazione del contraddittorio da parte dell’istante – unico legittimato a provvedere alla notificazione del decreto di fissazione dell’udienza all’Amministrazione finanziaria – fissando un termine perentorio entro cui adempiere a tale incombenza, altresì disponendo, in caso di omissione, la declaratoria di estinzione del giudizio.
In modo particolare, il Tribunale ha ritenuto di individuare la soluzione allo stallo creatosi facendo ricorso alle previsioni degli artt. 102 e 307 cod. proc. civ., che, rispettivamente, riconoscono il potere del giudice di ordinare alla parte l’integrazione del contraddittorio entro un termine perentorio da lui stabilito, nonché quello di dichiarare la conseguente estinzione del giudizio ove il soggetto onerato non provveda a integrare il contraddittorio entro il termine fissato.
La modalità seguita non è, tuttavia, giuridicamente corretta.
In primo luogo, infatti, dovendo trovare applicazione, per le ragioni in precedenza esposte, la normativa propria del processo penale, risulta di palmare
evidenza come la disposizione dell’art. 173 cod. proc. pen., di disciplina dei termini stabiliti a pena di decadenza, precisi che essi sono tali solo ove
espressamente previsti dalla legge, tra cui, all’evidenza, non rientra quello assegnato dal Tribunale nel presente giudizio.
Per ragioni analoghe, non appare neanche corretto il richiamo effettuato, nel provvedimento impugnato, alle norme degli artt. 102 e 307 cod. proc. civ.,
trattandosi di disposizioni di esclusivo rilievo civilistico, come tali non applicabi nel procedimento in esame, essendo esso assoggettato alle regole del giudizio
penale, sia pur nei limiti derivanti dalla previsione dell’innesto del rito previst per gli onorari di avvocato.
L’inadempimento del COGNOME e la conseguente omessa integrazione del contraddittorio a lui imputabile ha determinato, quindi, una situazione di
improcedibilità, rendendo non più perseguibile l’azione da lui proposta.
Di tale aspetto è stata data congrua esplicitazione nel provvedimento impugnato, sebbene non risulti giuridicamente corretta la modalità con cui il Tribunale ha ritenuto di ovviare a tale stasi, facendo richiamo a norme e a istituti non applicabili nel presente giudizio.
In conclusione, deve essere disposto il rigetto del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 18 giugno 2025
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