Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 22854 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 22854 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTELVETRANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/05/2023 del TRIBUNALE di SCIACCA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, con le quali è stato chiesto il rigetto del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
1. Il Presidente del Tribunale di Sciacca, con ordinanza emessa ai sensi dell’art. 702-ter cod. proc. civ., ha rigettato l’opposizione proposta ex art. 99 DPR n. 115/2002 da NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, avverso il decreto del GIP del Tribunale di Sciacca, con il quale era stata respinta la domanda di ammissione dello stesso al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti.
Con l’istanza, corredata da autocertificazione attestante la consistenza del nucleo familiare, il COGNOME aveva dichiarato la sussistenza di tutti i presupposti e le condizioni per poter essere ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato e dichiarava, altresì, che nell’anno di .imposta precedente a quello oggetto del procedimento, il reddito familiare era stato di euro 6.573,80, inferiore a quello stabilito dalla legge per poter essere ammesso al beneficio. Il GIP, richiamando la giurisprudenza di legittimità che ritiene rilevante, ai fini del beneficio in oggett anche il reddito non rientrante nella base imponibile perché tratto da attività illecita, ha attribuito rilievo alla circostanza che a carico dell’imputato risultava almeno quattro procedimenti per reati contro il patrimonio, che facevano presumere che l’imputato si alimentasse con attività illecite e che avesse un reddito superiore a quello previsto come limite per l’ammissione al gratuito patrocinio.
Il Presidente del Tribunale, nel giudizio ex art. 99 d.P.R. n. 115/2002 e 702bis e ss. cod.proc.civ., proposto dall’interessato in ragione della insufficiente istruttoria svolta dal GIP, ha motivato il rigetto della opposizione stessa sulla base della considerazione che, dal testo dell’art. 96 d.P.R. n. 115 del 2002, come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, si doveva ritenere che il Giudice può rigettare l’istanza, nonostante l’interessato abbia dichiarato la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l’ammissione, ove ricorrano fondati motivi tenuto conto delle risultanze del casellario giudiziale, del tenore di vita, dell condizioni personali e familiari e delle attività eventualmente svolte.
In particolare, poiché l’imputato si era limitato a dichiarare che i precedenti penali erano relativi a reati contro il patrimonio di modesto valore o per furto di energia, ma aveva prodotto solo la copia di alcuni provvedimenti relativi ai procedimenti penali cui era stato sottoposto, senza offrire alcuna prova in merito all’assenza di altri precedenti, l’istanza ben poteva essere respinta anche solo sulla base del fatto che la parte non aveva prodotto il certificato del casellario, in quanto aveva un onere in tal senso.
Avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione, NOME COGNOME, a mezzo del difensore, elevando un unico motivo di ricorso, con il quale si deduce la nullità dell’ordinanza per inosservanza o erronea applicazione della disciplina dettata dal d.P.R. n. 115/2002 per mancanza di motivazione, nel senso della sua apparenza.
Nella sostanza, il ricorrente sostiene che il ragionamento del presidente del Tribunale non dà conto delle ragioni effettive del rigetto dell’istanza, che lo stesso ricorrente aveva basato sulla propria autodichiarazione, utilizzando uno schema logico presuntivo basato sulla circostanza, negativa, della mancata produzione del certificato del casellario giudiziale, in modo da inferirne il ragionevol convincimento della esistenza di redditi occultati derivanti da attività illecita. Ta modo di rappresentare le ragioni del rigetto, ad avviso del ricorrente, avrebbe portata meramente congetturale e nasconderebbe una sostanziale elusione dell’obbligo di motivare i provvedimenti giudiziari.
Il Procuratore generale ha rassegnato condusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il motivo è fondato.
La questione che il motivo di ricorso prospetta, risolta dall’ordinanza impugnata, mediante il mero ricorso al meccanismo presuntivo negativo legato alla mancata produzione nel giudizio di opposizione del certificato del casellario giudiziale, si colloca all’interno del peculiare procedimento disciplinato dall’art. 9 d.P.R. n. 115/2002.
Il ricorrente lamenta, nella sostanza, la violazione da parte del giudice dell’obbligo di giudicare integralmente e motivatamente, secondo le regole processuali applicabili al relativo procedimento, in ordine ai presupposti fondanti il proprio diritto al patrocinio a spese dello Stato.
A fronte della laconicità della previsione normativa, si pone la necessità di precisare la natura di tale giudizio, l’ampiezza della cognizione (con riferimento all’eventuale effetto devolutivo rispetto ai contenuti del provvedimento di rigetto o di revoca dell’ammissione al patrocinio), gli oneri imposti al richiedente e la regola di giudizio della quale il giudice deve fare applicazione per formare il proprio convincimento.
Nella giurisprudenza della Corte di cassazione, il tema del sistema processuale introdotto con le disposizioni contenute nel d.P.R. n. 115/2002, con particolare attenzione alle garanzie del diritto della difesa dei non abbienti nel processo penale, è stato avvertito nella sua complessità.
Così, Sez. 4, n. 12491 del 2011, COGNOME, ha ravvisato nella opposizione ex art. 99 “un rimedio straordinario ed atipico, da includere nell’area degli strumenti impugnatori, con i quali – cioè – si fa valere una censura avverso un atto decisorio; con la conseguenza che sono applicabili i principi dell’ordinamento processuale penale in tema di effetto devolutivo e di divieto di reformatio in peius, come già ritenuto dalla giurisprudenza di questa Sezione (Cass. 4^, del 21/10/2003, Rv. 227870; Cass. 4^, 4/12/2007, Rv. 238752; Cass. 4^, 2/04/2008 Cc. (dep. 21/05/2008) Rv. 240219)”.
5. La pronuncia appena ricordata, ha fatto applicazione di tali principi in una fattispecie in cui il ricorso ex art. 99 era stato rigettato per motivi diversi da qu per i quali la domanda di ammissione al patrocinio era stata rigettata, cosicché la Corte di cassazione ha ritenuto illegittima tale pronuncia (in senso analogo, più di recente, Sez. 4, 2/5/2018, n. 18697).
Va, ai fini di una più completa ricostruzione del quadro della giurisprudenza di legittimità, inoltre, ricordato che a risultati analoghi la Corte di cassazione addivenuta con riguardo alle ipotesi di opposizione ai provvedimenti di rigetto delle istanze di liquidazione delle spese in favore dei difensori in ipotesi di ammissioni al patrocinio a spese dello Stato, in tal senso si sono espresse ad es. Sez. 4, n. 642 del 2004 Rv. 227870 – 01; Sez. 4, n. 1686 del 2008 Rv. 238752 – 01; sez. 4, n. 20371 del 2008 Rv. 240219 – 01, consolidando il principio secondo il quale, in tema di patrocinio dei non abbienti, nel caso di opposizione promossa dal difensore avverso il decreto di liquidazione dei propri compensi professionali vale il divieto di “reformatio in peius”. Pertanto, è illegittimo il decreto del Presidente della Corte d’Appello che, decidendo il gravame, abbia revocato il provvedimento impugnato per la mancanza della prova dell’iscrizione del difensore nell’elenco degli avvocati disponibili al patrocinio a spese dello Stato.
È rilevante precisare che la ratio sottesa a tali decisioni è quella secondo la quale, «nell’ammissione al diritto alla difesa gratuita, pur non difettando un profilo di carattere patrimoniale, acquista innegabile peso la circostanza che il diritto di cui si discute si riverbera sull’effettivo esercizio del diritto di difes processo penale. In tale ambito, quindi, appare razionale e conforme ai principi dell’ordinamento ritenere che, dato il carattere accessorio della controversia rispetto al processo penale, debbano trovare applicazione, fin dove è possibile, i principi e le regole dell’ordinamento penale».
L’applicazione del principio, nel concreto, ha impedito che il Presidente del Tribunale o della Corte di appello, adito ex art. 99 d.P.R. cit., ampliasse l’ambito del proprio giudizio ravvisando ragioni diverse ed ulteriori rispetto a quelle
utilizzate dal primo giudice ed avversate dal ricorrente, finendo per realizzar reformatio in peius per il richiedente. Si tratta, all’evidenza, di una ricostruzi interpretativa che milita in favore dell’istante.
Nel caso di specie, la questione in fatto si pone in termini parzialme PzytuAtret, diversi. Infatti, nel giudizio ora in esame, il l~in adito ex art. 9 arbitrariamente allargato l’ambito definito dal provvedimento di rigetto, come precedenti citati, ma, al contrario, non ha esaminato l’intero ambito che il r ex art. 99 aveva tracciato.
Il ricorrente, infatti, ricorrendo avverso il provvedimento di rigett contestato la valenza del ragionamento presuntivo, fondato sulla mera sussisten dei precedenti penali, per ribadire la veridicità dell’autodichiarazione r momento della presentazione dell’istanza. Tutte tali ragioni costituiscon devolutum al giudizio di opposizione.
In sostanza il devolutum, a fronte del ricorso proposto avverso il provvedimento di rigetto basato sulla affermata sussistenza della presunzio dell’esistenza di redditi da attività illecita non dichiarati, si è esteso ( poteva che essere) all’esame di tutti gli altri indici che la disciplina della consente di valutare per stabilire la sussistenza del presupposto reddituale.
Il giudizio di cui all’art. 99 d.P.R. n. 115/2002, che testualmente pre che avverso il provvedimento con cui il magistrato competente rigetta l’istanza ammissione, l’interessato può proporre ricorso, entro venti giorni dalla no avutane ai sensi dell’articolo 97, davanti al presidente del tribunale o al pre della corte d’appello ai quali appartiene il magistrato che ha emesso il decre rigetto, non è a critica vincolata e consente una piena devoluzione delle quest al giudice competente.
Dunque, a seguito del rigetto dell’istanza, per qualunque ragione lo stes sia stato adottato, ben può il ricorrente, ricorrendo avverso il provvedime devolvere l’intera questione al giudice dell’opposizione.
In questo caso, il giudice dovrà, quindi applicare la regola del giud corrispondente a quella prevista dall’art. 96 d.P.R. n. 115/2002, secondo la q l’istanza va respinta “se vi sono fondati motivi per ritenere che l’interessa versa nelle condizioni di cui agli articoli 76 e 92 del d.P.R. n. 115/2002, t conto delle risultanze del casellario giudiziale, del tenore di vita, delle con personali e familiari, e delle attività economiche eventualmente svolte”. Que giudizio, naturalmente, comporta per il giudice l’obbligo di motivare in relazion contenuti probatori, anche indiziari, acquisiti al processo. Si tratta, come evidente l’elencazione delle possibili fonti di prova, di un giudizio composito non detta alcuna presunzione assoluta o gerarchia tra le fonti di prova.
Ciò precisato, è evidente che quanto sin qui affermato non si pone in contrasto con i precedenti citati, ma, semmai, ne costituisce una integrazione, concorrendo a completare l’affermazione del principio devolutivo in ambiti differenti da quelli fatti oggetto delle precedenti pronunce.
Applicando al caso di specie i principi enunciati, si deve ritenere la fondatezza del ricorso.
Già in fattispecie analoga, (vd. Sez. 4, n. 44900 del 18/09/2018, Rv. 274271 – 01), si è precisato che, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato l’art. 76, comma 1, lettera c), D.P.R. 115/2002, prevede la presentazione, da parte dell’istante, di una dichiarazione sostitutiva, dalla quale risulti la “specifi determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell’articolo 76”, è assorbente il rilievo in base al quale non può argomentarsi in modo univoco il rigetto della richiesta sulla sola base di precedenti penali, ritenendoli sufficienti a far ritenere che l’interessato abbia percepito redditi illeciti non dichiarati nell’anno di riferimento.
La Corte di legittimità(con la pronuncia citata da ultimo) ha inoltre ribadito che il già citato art. 96, comma 2, stabilisce che l’istanza va respinta “se vi sono fondati motivi per ritenere che l’interessato non versa nelle condizioni di cui agli articoli 76 e 92” del d.P.R. n. 115/2002, “tenuto conto delle risultanze del casellario giudiziale, del tenore di vita, delle condizioni personali e familiari, e delle attiv economiche eventualmente svolte”.
La fondatezza dell’istanza, secondo la medesima giurisprudenza di legittimità, può anche essere valutata con ricorso alla prova indiziaria, qualora si riscontrino i requisiti di gravità, precisione e concordanza (indicati dall’art. 19 cod.proc.pen ed analogamente dall’art. 2729 cod. civ.).
Tuttavia, perché gli indizi possano assurgere in subiecta materia al rango di prova presuntiva, debbono valutarsi con rigore e con adeguato riferimento ai fatti noti, dai quali risalire con deduzioni logiche ai fatti ignorati, il cui significato d essere apprezzato senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative: ad esempio, possono assumere rilievo a tal fine il tenore di vita dell’interessato e dei familiari conviventi, come pure qualunque altro fatto che riveli la percezione, lecita o illecita, di reddito (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 25044 del 11/04/2007, COGNOME e altri, Rv. 237008).
In tale quadro, non può dirsi corretta, per la sua apoditticità, l’osservazione, contenuta nell’ordinanza impugnata, secondo la quale la
dichiarazione reddituale presentata dal COGNOME non è attendibile, in quanto lo stesso sarebbe gravato da carichi pendenti per reati contro il patrimonio non meglio indicati e non è stato depositato il certificato del casellario giudiziale.
Invero tali circostanze, che nel percorso argomentativo vengono poste a base della decisione impugnata, non possono qualificarsi come specifici ed oggettivi elementi fattuali di tale portata da far ritenere che il COGNOME percepisse redditi illeciti nel corso dell’anno 2019 e che quanto dichiarato dall’istante a proposito dei propri redditi sia viziato da falsità o reticenza.
17. Pertanto, l’ordinanza impugnata risulta così carente sotto il profilo argomentativo da palesarsi come apparente, in quanto basata su argomentazioni di puro genere e di asserzioni apodittiche e prive di efficacia dimostrativa (cfr. Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Vassallo, Rv. 263100), di tal ché sussiste la denunciata violazione di legge e si impone l’annullamento della stessa con rinvio al Presidente del Tribunale di Sciacca, che rivaluterà l’istanza avanzata dall’interessato alla luce dei seguenti principi:
<< Il giudizio di cui all'art. 99 d.P.R. n. 115/2002 avverso il provvedimento con cui il magistrato competente rigetta l'istanza di ammissione non è a critica vincolata e consente una piena devoluzione delle questioni relative all'accertamento dei presupposti del beneficio al giudice competente.
A seguito del rigetto dell'istanza, a prescindere dalle ragioni indicate nel provvedimento, posto che il ricorrente può devolvere l'intera questione al giudice dell'opposizione, lo stesso giudice dovrà applicare la regola di giudizio corrispondente a quella prevista dall'art. 96 d.P.R. n. 115/2002, con l'obbligo di procedere alla valutazione composita degli indici ivi indicati, compresi quelli indiziari (nel rispetto delle previsioni dell'art. 192 cod.proc.pen.), secondo le acquisizioni del processo e senza dare ingresso a presunzioni assolute o a criteri di gerarchia tra le medesime fonti di prova».
Ciò al fine di stabilire se l'istante possa o meno essere ammesso al beneficio richiesto.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Presidente del Tribunale di Sciacca.
Così deciso in
Roma, il 28 marzo 2024.