Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 7018 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 7018 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALMI il 30/08/1958
avverso l’ordinanza del 18/06/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la memoria depositata dal procuratore Generale, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. COGNOME NOME propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza con cui il Tribunale di Sorveglianza di Sassari, in data 18 giugno 2024, ha respinto l’opposizione avverso il decreto n.4699/23 del Magistrato di Sorveglianza della stessa città, il quale aveva rigettato la sua istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in relazione al procedimento n.2968/2021 SIUS.
1.1 D ricorrente, con il primo motivo, censura la decisione per violazione di legge, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lettere b), c) ed e), in relazione agli artt. 125, comma 3 e 178, comma 1 lett. c), cod.proc.pen..
In proposito osserva che, con l’impugnazione del decreto del Magistrato di sorveglianza, aveva contestato il rilievo del difetto di autenticazione della firma del detenuto, ma anche l mancanza di motivazione in ordine ai documenti prodotti, idonei a superare la presunzione di cui all’art.76, comma 4 bis, DPR 115/2002.
Assume che il giudice non si era confrontato con i numerosi decreti di ammissione adottati a favore del Gallico da parte di altri uffici giudiziari, e inoltre con le ris dell’informativa relativa alle condizioni patrimoniali, economiche e reddituali del predetto redatta dalla Guardia di Finanza di Palmi, nella quale si dava atto della sua condizione di non abbiente.
I provvedimenti di ammissione, emessi da altre autorità giudiziarie, avrebbero dovuto essere valutati come prove documentali, con le quali l’interessato aveva superato la presunzione legale.
1.2 Con il secondo motivo, deduce violazione ed erronea applicazione dell’art.76, comma 4 bis, DPR 115/2002, in relazione agli articoli 3, 24, commi 2 e 3, 97 e 111 della Costituzione, e mancanza o illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lettere b) ed e), cod.proc.pen.
Osserva che anche il provvedimento emesso dal Tribunale di sorveglianza di Sassari non si è confrontato con le produzioni documentali confermative dello stato di non abbienza e dell’assenza di proventi illeciti in capo al ricorrente, ritenendole non pertinenti, sebbene stesse provenissero da organi qualificati quali altre Autorità Giudiziarie e forze dell’ordine.
Il Tribunale, in sostanza, ha fondato il proprio convincimento sulla base della posizione giuridica del ricorrente, del provvedimento di rinnovo dello speciale regime di detenzione, e di massime di esperienza secondo le quali i beni mobili ed immobili di soggetti inseriti in associazioni criminali verrebbero pressoché sempre intestati a persone fisiche o giuridiche insospettabili, escludendo in tal modo valenza probatoria alla menzionata documentazione fornita dal ricorrente.
L’argomentazione contrasterebbe con il valore probatorio di attestazioni rilasciate da pubblici ufficiali, fidefacenti fino a querela di falso, e inoltre con i principi costituzionali de andamento dell’amministrazione e del giusto processo.
Viene richiamata la sentenza della Corte Costituzionale – 139 del 2010 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 76, comma 4 bis, nella parte in cui non prev l’ammissione di prova contraria, dalla quale si ricava che l’automatismo congetturale del possesso di un reddito superiore ai minimi indicati dal comma 1 dell’articolo 76 sacrifica i dirit fondamentali della persona – di uguaglianza e di difesa- costituzionalmente garantiti.
La presunzione, collegata al fatto che il condannato abbia rivestito un ruolo apicale all’interno dell’associazione criminale, e tuttavia ristretto in carcere da oltre 33 anni, produ l’effetto di una impropria sanzione, consistente nella limitazione indiscriminata del diritto difesa.
Infatti, nonostante la produzione documentale dimostrativa dello stato di indigenza e idonea a superare la presunzione suindicata, sia il Magistrato di sorveglianza e sia il Tribunale, hanno respinto l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio, ritenendo che il richiedente non avesse assolto all’onere di allegazione, senza tuttavia compiere alcun accertamento istruttorio in grado di supportare la decisione di rigetto.
In ciò i giudicanti si sarebbero discostati dal principio, pure affermato in giurisprudenza secondo cui al giudice spetta di verificare l’attendibilità delle allegazioni, avvalendosi di o necessario strumento di indagine, dovendo sempre tener conto della possibilità di una valutazione dinamica dei requisiti reddituali.
D’altro canto, il ricorrente, oltre a depositare la documentazione suindicata, positivamente apprezzata da altri uffici giudiziari, altro non avrebbe potuto fare per vincere la presunzione.
Il Procuratore Generale ha depositato memoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.
Preliminarmente si osserva che i due motivi propongono essenzialmente le stesse questioni, riepilogando, il primo, le censure originariamente sollevate avverso il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza e riproponendo, il secondo, le stesse questioni, prospettate sotto la veste dei motivi di ricorso per cassazione.
4. Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che l’ordinanza che decide l’opposizione di cui all’art. 99 d.P.R. n. 115/2002, quale per l’appunto quella in esame, può essere impugnata con ricorso per cassazione soltanto per violazione di legge (ai sensi del comma 4 della norma citata) e non anche per vizio di motivazione.
Vero è che anche il difetto assoluto di motivazione, sotto il profilo della motivazione apparente, costituisce una violazione di legge, ma è anche vero che tale radicale carenza motivazionale non è affatto riscontrabile nel caso di specie.
Il Tribunale di Sorveglianza, sviluppando un conferente percorso argomentativo, del tutto immune da fratture di ordine logico-giuridico con riguardo alle valutazioni che assumono rilievo nella materia in disamina, ha, in diritto, correttamente evidenziato nell’ordinanza impugnata che l’art. 76, comma 4-bis d.P.R. n. 115 del 2002 (come modificato dal d.l. n. 92 del 2008, convertito nella legge n. 125 del 2008) prevede una presunzione (relativa, per come precisato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 139 del 2010) di superamento del limite di reddito per la categoria di soggetti già condannati per i reati in esso indicati (sul presupposto che l’autore degli stessi abbia beneficiato di redditi illeciti), tra i quali rientra l’odierno ri iTentra – , -,per rapplin – GLYPH trà1 -de-stinatari della i rne.
Sulla valenza dei provvedimenti di altre autorità giudiziarie che hanno riconosciuto il diritto al gratuito patrocinio, il Tribunale ha correttamente affermato che gli stessi non solo non hanno alcun valore vincolante, ma certamente non costituiscono prova alcuna della fondatezza della richiesta avanzata dal ricorrente.
L’argomentazione è conforme ai principi affermati da questa Corte ad avviso della quale l’ordinamento non riconosce a quei provvedimenti una efficacia vincolante in diversi procedimenti (Sez. 4, n. 18684 del 27-02-2018).
Si consideri che anche l’accertamento del reddito imponibile, ai fini della configurazione del reato di cui all’art. 95 del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, deve essere incidentalmente condotto dal giudice penale in piena autonomia, nel contraddittorio con l’imputato e con l’osservanza delle regole dettate dal codice di rito in materia di valutazione della prova, a nulla rilevando contestuale pendenza di procedimenti amministrativi o tributari (Sez. 3, n. 38018 del 27/04/2017 – dep. 31/07/2017, COGNOME, Rv. 270997).
Il Tribunale ha motivatamente osservato, secondo un corretto ragionamento logico deduttivo, che COGNOME è stato un esponente di vertice dell’omonima cosca della ndrangheta e che su tali elementi e sulla perdurante attività della struttura criminale è basato il decreto sottoposizione al regime speciale di detenzione, di protratta efficacia; che il rapporto dell Guardia di Finanza, riguarda solo la persona del ricorrente e non anche i suoi prossimi congiunti, ed è riferito ai proventi leciti e alle intestazioni formali di beni, non prendend considerazione gli eventuali, ipotizzabili redditi di provenienza illecita, fittiziamente intest terzi; che le superiori considerazioni valgono a neutralizzare gli opposti elementi enunciati dal Gallico nel suo ricorso, sicché la presunzione non può dirsi superata.
Pertanto, con motivazione logica, e di certo non apparente, il Tribunale ha ritenuto inidone& a superare la presunzione relativa di abbienza il fatto che il Gallico non risult intestatario di beni mobili o immobili, facendo ricorso anche a massime di esperienza che questa Corte non può sindacare (cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 18118 del 11/02/2014 – dep. 30/04/2014, Pg e altri in proc. COGNOME, Rv. 261992),
In sintesi, l’apparato argomentativo esposto soddisfa pienamente l’obbligo motivazionale, non ravvisandosi pertanto la lamentata violazione di legge sotto la specie della motivazione mancante o apparente.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a carico del medesimo, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di euro
3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazion delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in data 8 gennaio 2025
Il consigliere estensore
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