Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 2812 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 2812 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Conte NOMECOGNOME nato a Sperlonga (Lt) il 29/8/1955
avverso l’ordinanza del 18/4/2024 della Corte di appello di Roma; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto annullare l’ordinanza con rinvio;
lette le conclusioni del difensore della parte civile, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso lette le memorie depositate dalla parte civile
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18/4/2024, la Corte di appello di Roma dichiarava la nullità dell’ordinanza emessa dallo stesso Ufficio il 10/3/2023, riscontrando l’assoluta carenza di potere in capo al Collegio investito da NOME COGNOME e
NOME COGNOME in un giudizio di esecuzione concernente l’assegnazione di un terreno, il cui contraddittorio era stato esteso a NOME COGNOME indicato quale promotore del procedimento di esecuzione medesimo.
Propone ricorso per cassazione lo stesso Conte, deducendo – con unico motivo – la violazione e la falsa applicazione degli artt. 263, 666, 667 e 676 cod. proc. pen.; vizio di motivazione. La Corte di appello avrebbe assunto una decisione errata, sostenendo che l’avvenuto dissequestro del terreno nel 2012 avrebbe definitivamente sottratto ogni potere al giudice penale, con l’effetto che l’ordinanza emessa – sul medesimo tema – nel marzo 2023 dovrebbe essere ritenuta nulla. Con questo argomento, tuttavia, la Corte non avrebbe valutato che la conclusione del giudizio civile incidentale (conclusione favorevole al ricorrente, come da sentenza definitiva del 20/5/2022 della Corte di appello di Roma) avrebbe fatto sopravvivere l’incidente di esecuzione principale, con piena perduranza della giurisdizione del giudice penale e “potere di esprimersi a sua volta sul punto”, tenendo conto degli esiti del giudizio incidentale civile.
Il COGNOME ha depositato memorie e copiosa documentazione, chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta infondato.
La costante giurisprudenza di questa Corte afferma che, qualora il pubblico ministero disponga il dissequestro e la restituzione all’avente diritto dei beni sequestrati, ed il provvedimento non venga impugnato, eventuali contestazioni successive alla definizione del procedimento penale non investono la competenza del giudice dell’esecuzione, a norma dell’art. 676 cod. proc. pen., bensì, eventualmente, quella del giudice civile, anche ai soli fini del risarcimento del danno patito da parte di chi lamenti di essere stato ingiustamente pretermesso nella restituzione dei beni sequestrati, disposta ai sensi dell’art. 263 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 37612 del 4/3/2016, COGNOME, Rv. 267604; successivamente, tra le altre non massimate, Sez. 1, n. 5009 del 14/10/2022, Triolo; Sez. 3, n. 26933 del 9/3/2017, Vernier).
Tanto premesso, e proprio in forza di questo principio, l’ordinanza impugnata ha correttamente dichiarato la Corte di appello penale carente di potere a decidere l’incidente di esecuzione sollevato, sul presupposto che il bene che ne costituisce oggetto (particella n. 405), sequestrato il 20/11/2010, era stato dissequestrato con provvedimento del 3/12/2012, e che il procedimento penale aveva avuto definizione con la sentenza di questa Corte n. 17821 del 30/11/2018, che aveva annullato senza rinvio – perché il fatto non sussiste – la pronuncia della
Corte di appello di Roma del 7/7/2017 che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole di due contravvenzioni (art. 674 cod. pen., art. 256, d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152). Ancora, l’ordinanza ha sottolineato che nelle more del giudizio penale era stato celebrato un giudizio civile, concluso con sentenza della Corte di appello di Roma del 10/5/2022, in esito al quale il COGNOME aveva adito la stessa Corte di appello, ma quale giudice dell’esecuzione penale, chiedendo la restituzione dell’immobile, poi disposta con ordinanza del 10/3/2023.
Alla luce di quanto precede, dunque, il provvedimento impugnato risulta immune da censure: l’esito definitivo del giudizio penale, a fronte di beni già dissequestrati, assegna infatti al solo giudice civile eventuali questioni in punto di titolarità degli stessi, come correttamente affermato dalla Corte di appello nell’ordinanza in esame.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2024
gl Here estensore
GLYPH Il Presi ente