Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 35120 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 35120 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: COGNOME NOME, nato a Pontedera il DATA_NASCITA; avverso la sentenza del 5/12/2024 della Corte di appello di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte trasmesse dal Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni scritte trasmesse in data 8 settembre 2025 dal difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e di quella di primo grado.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Pisa in data 24 gennaio 2020 -che aveva affermato la responsabilità dell’imputato per i reati di ricettazione, truffa e falso, tutti aggravati dalla recidiva qualificata-, dichiarava no doversi procedere per i reati indicati al capo B, perché estinti per prescrizione, rideterminava la pena inflitta in primo grado per il delitto di ricettazione descritto al capo A, in due anni di reclusione ed euro 600,00 di multa; confermava le statuizioni civili disposte con la sentenza di primo grado, condannando l’imputato alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile nel grado di appello.
1.1. Nella conformità verticale del giudizio di merito, il delitto di ricettazione dell’assegno, già sottratto alla parte civile, ha ricevuto, ad avviso della Corte territoriale, avallo dimostrativo dibattimentale. La Corte ha altresì confermato la decisione assunta in rito dal primo giudice, che aveva respinto la richiesta di rimessione in termini per il deposito della lista testi, atteso che il nuovo difensore di fiducia istante, nominato dall’imputato nel corso del giudizio di primo grado (ud. del 15 aprile 2016), non aveva dimostrato il caso fortuito o la forza maggiore impeditive del tempestivo deposito della lista testi, non potendo considerarsi fortuita né vis ma/or la circostanza che il precedente difensore di fiducia (nominato anche domiciliatario dell’imputato) non avesse depositato tempestivamente (art. 468, comma 1, cod. proc. pen., 7 giorni liberi precedenti la data di fissazione della prima udienza) la lista testi prima di rinunciare al mandato difensivo in data 10 dicembre 2014, per la prima udienza fissata il 15 dicembre successivo, né tale incombente ovvero quello di cui al comma 4 dell’art. 468 cod. proc. pen. era stato adempiuto dal difensore di ufficio, tempestivamente nominato dal Tribunale in data 11 dicembre 2014.
Avverso tale sentenza ricorre l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, già officiato nel giudizio di primo e secondo grado, deducendo il motivo unico in appresso sintetizzato, secondo quanto dispone l’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
2.1. Violazione e falsa applicazione della legge penale, inosservanza della legge processuale (art. 606, comma 1, lett. b e c, in riferimento agli artt. 604, comma 4, nella formulazione antecedente alla riforma di cui alla I. 67/2014, 420 quater, comma 4, 179, comma 1, lett. c, cod. proc. pen.), per aver la Corte territoriale rigettato il motivo di appello con cui si chiedeva di dichiarare la nulli del giudizio di primo grado, celebrato in assenza dell’imputato, in quanto la
dichiarazione di assenza era intervenuta in un momento in cui era provato che l’imputato non poteva avere conoscenza del processo in corso d-i celebrazione, giacché l’atto di vocatio in iudicium era stato notificato (in data 28/03/2014) solo al precedente difensore di fiducia (AVV_NOTAIO) nominato nel corso delle indagini preliminari (17/01/2011), che aveva rinunciato al mandato il 10 dicembre 2014, senza comunicare al proprio assistito l’atto di rinuncia; dunque l’imputato non poteva avere contezza del processo fissato a suo carico, giacché nessun contatto aveva più intrattenuto con detto difensore dopo la nomina effettuata nel 2011; del resto era noto alla polizia giudiziaria che l’imputato aveva trasferito il suo domicilio all’estero da anni, tornando in Italia sporadicamente.
2.2. Consegue, ad avviso della difesa, la nullità del giudizio di appello e della sentenza emessa all’esito, avendo sia il giudice di primo grado, che la Corte di appello, inosservato il disposto dell’art. 420 quater, comma 4, cod. proc. pen., ritenendo legittima la dichiarazione di assenza dell’imputato, che non poteva conoscere della pendenza del processo a suo carico.
All’udienza del 17 settembre 2025, sulle conclusioni già rassegnate in forma scritta dalle parti, la Corte riservava la decisione in camera di consiglio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo unico di ricorso, di natura processuale, è manifestamente infondato in diritto ed altresì infondato nei presupposti di fatto.
1.1. Come risulta dagli atti, il cui esame è imposto dalla natura processuale della questione in scrutinio (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092), l’imputato è stato rappresentato nel giudizio di primo grado dal difensore di fiducia nominato (AVV_NOTAIO), presente sin dall’udienza del 15 aprile 2016, difensore di fiducia che era altresì domiciliatario del proprio assistito.
1.2. Orbene, alla data di comunicazione al Tribunale della rinuncia al mandato (10 dicembre 2014) del precedente difensore la difesa era già decaduta, per sua scelta, dalla facoltà di depositare la lista testi (art. 468, comma 1, cod. proc. pen.). Il nuovo difensore di fiducia, nominato (ud. del 15 aprile 2016) evidentemente sul presupposto della conoscenza del processo da parte dell’imputato, ha chiesto la rimessione in termini per il deposito della lista testi e del rigetto di tale istanz ancor oggi si duole con il motivo di ricorso, ma nel successivo sviluppo processuale non ha in alcun modo insistito per l’ammissione (anche ex art. 507 o 603 cod. proc. pen.) dei testi della ipotetica lista mai presentata. Il che riverbera effett
anche sul concreto interesse alla impugnazione sotto il profilo della effettività del danno processuale prodotto.
2.2. Ritiene dunque il Collegio che la decisione in rito adottata dalla Corte territoriale non si mostri affatto inosservante delle disposizioni processuali che disciplinano la materia, indicate dal ricorrente.
Alla riconosciuta inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi di quanto dispone l’art. 616 del codice di rito, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende, stante la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa per le ammende. Così deciso il 17 settembre 2025.