Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2014 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2014 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a ENNA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/06/2023 del Tribunale di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale del riesame di Caltanissetta, con l’ordinanza impugnata in questa sede, ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Enna in composizione collegiale in data 12 giugno 2023, che non aveva accolto l’istanza di declaratoria di perdita di efficacia della misura cautelare applicata a COGNOME NOME per i reati di usura aggravata, per decorrenza dei termini di fase.
1.1. Con l’istanza proposta la difesa aveva rappresentato che il COGNOME era indagato per i reati di usura aggravata, per i quali era sottoposto alla misura cautelare, e per il reato ex art. 512 bis cod. pen.; la declaratoria di nullità della richiesta di rinvio a giudizio pronunciata dal G.u.p., in ragione dell’omesso interrogatorio dell’indagato per il reato di cui all’art. 512 bis cod. pen. (essendo stato interrogato il COGNOME solo in relazione ai reati per i quali era stata emessa ordinanza di applicazione della misura) aveva determiNOME, per effetto della declaratoria di nullità, la regressione del procedimento nella fase delle indagini, con l’obbligo per il P.m. di procedere all’interrogatorio; pertanto, la richiesta avanzata dal P.m. (dopo aver proceduto alla separazione dei procedimenti) ex art. 453, comma 1 bis, cod. proc. pen. di emissione del decreto di giudizio immediato per i soli reati per cui era stata applicata la misura, senza procedere all’interrogatorio, aveva determiNOME la nullità del decreto di giudizio immediato ed il maturare del termine di fase.
1.2. Il Tribunale aveva rigettato l’istanza, rilevando che l’eccezione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio era stata sollevata solo in relazione all’imputazione per il reato di cui all’art. 512 bis cod. pen.; che la richiesta di emissione del decreto di giudizio immediato non era viziata da alcuna causa di nullità; il giudice dell’appello cautelare aveva ritenuto che, in disparte le questioni riguardanti il tenore dell’eccezione sollevata, la richiesta del P.m. di giudizio immediato era conforme al dettato dell’art. 453, comma 1 bis, cod. proc. pen. e nessuna causa di nullità, tassativamente disciplinate dalla legge, aveva colpito il decreto di giudizio immediato.
Ha proposto ricorso la difesa dell’indagato deducendo, con unico motivo, violazione di norme processuali, in relazione agli artt. 415 bis, comma 3, 416, comma 1, 185, comma 1 e 3, e 303, comma 1, cod. proc. pen.; rileva il ricorrente che, per effetto della pronuncia del G.u.p. dichiarativa della nullità della richiesta di rinvio a giudizio, il procedimento era regredito alla fase immediatamente successiva alla notifica dell’avviso ex art. 415 bis cod. proc. pen., e alla legittima richiesta della difesa di sottoporre ad interrogatorio l’indagato in relazione a tutte le contestazioni; al contrario, il P.M. non aveva dato corso alla richiesta difensiva ed aveva separato il procedimento riguardante i reati per i quali era stata emessa la misura cautelare (al solo fine di evitare la perdita di efficacia della misura, essendo imminente il termine massimo di fase), così dando luogo alla causa di nullità prevista dall’art. 416, comma 1 cod. proc. pen.; a questo riguardo aggiungeva che non poteva dirsi già svolto l’interrogatorio, richiamando l’interrogatorio di garanzia ex art. 294 cod. proc. pen., trattandosi di mezzo che non può essere equiparato all’interrogatorio richiesto dal soggetto indagato; solo
una volta espletato l’interrogatorio richiesto dalla difesa, il P.M. avrebbe potuto procedere ad esercitare l’azione penale formulando la richiesta di giudizio immediato, non potendosi attribuire efficacia sanante alla separazione dei procedimenti disposta dal P.M.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché reiterativo oltre che manifestamente infondato.
1.1. Premesso che la nullità dedotta e rilevata dal Giudice dell’udienza preliminare riguardava la richiesta di rinvio a giudizio, va osservato che una volta regredito il procedimento nella fase delle indagini, il P.M. poteva esercitare le facoltà che non sono espressamente vincolate e, tra esse, quella della separazione dei procedimenti (Sez. 5, n. 1055 del 09/04/1992, COGNOME, Rv. 190618 – 01); pertanto, sussistendo i presupposti richiesti dall’art. 453, comma 1 bis, cod. proc. pen., legittimamente era stata richiesta l’emissione del decreto di giudizio immediato per i reati oggetto del provvedimento coercitivo, prevedendo la stessa disposizione quale regola generale (art. 453, comma 2, cod. proc. pen.) quella della separazione dei procedimenti ove solo per alcuni di essi sussistano i presupposti per richiedere il giudizio immediato.
La deduzione del ricorrente circa la nullità del decreto di giudizio immediato, perché emesso su richiesta del P.m. in difetto del previo interrogatorio dell’indagato, è del tutto infondata; non può ipotizzarsi, infatti, alcuna violazione per l’omesso interrogatorio richiesto dall’indagato in ordine a quei reati (unica ipotesi di nullità del decreto di giudizio immediato: Sez. Unite, n. 42979 del 26/06/2014, COGNOME, Rv. 260018 – 01; Sez. 3, n. 1482 del 20/09/2017, dep. 2018. P., Rv. 271981 – 01), poiché l’interrogatorio di garanzia condotto ai sensi dell’art. 294 cod. proc. pen., soddisfa il requisito normativo in tema di richiesta di giudizio immediato, essendo stata assicurata all’indagato la possibilità di addurre elementi a suo favore (Sez. 5, n. 4729 del 10/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278558 – 01; Sez. 2, n. 17007 del 18/01/2012, COGNOME, Rv. 252820 – 01; Sez. 3, n. 44883 del 07/10/2009, COGNOME, Rv. 244991 – 01); né con il ricorso sono stati dedotti elementi di fatto (desumibili, ad esempio, da ulteriori indagini svolte dal P.M. dopo l’interrogatorio dell’indagato che abbiano introdotto elementi nuovi e decisivi) che avrebbero giustificato la necessità di un nuovo interrogatorio (Sez. 1, n. 5652 del 05/11/2018, dep. 2019, S., Rv. 274972 – 01, in relazione al profilo dell’evidenza della prova), peraltro non richiesto nell’ipotesi di giudizio immediato “cautelare”, atteso che “la validità della richiesta di giudizio immediato presuppone che la persona sottoposta alle indagini sia stata
interrogata sui fatti dai quali emerge l’evidenza della prova e che, nella nozione di ” fatti”, rientrano solo gli elementi dimostrativi che inducono il pubblico ministero a ritenere la sussistenza dell’evidenza della prova, e non anche gli elementi acquisiti su richiesta della difesa” (Sez. 6, n. 27790 del 02/05/2017, Monte, Rv. 270162 – 01; nello stesso senso, Sez. 3, n. 11920 del 09/01/2018, B., Rv. 272382 – 01).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/11/2023