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Giudizio di rinvio: limiti all’impugnazione

Un imputato, dopo un annullamento con rinvio limitato alla recidiva, ha riproposto un ricorso per cassazione basato sulla responsabilità. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che nel giudizio di rinvio non si possono ridiscutere punti già definiti dalla Cassazione. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giudizio di Rinvio: Perché Non Si Possono Ridiscutere Punti Già Decisi?

Il giudizio di rinvio rappresenta una fase cruciale e tecnicamente complessa del processo penale. Si verifica quando la Corte di Cassazione annulla una sentenza e rimanda il caso a un altro giudice per una nuova valutazione. Tuttavia, questa nuova valutazione non è una completa riapertura del processo. Come chiarito da una recente sentenza della Suprema Corte, esistono limiti invalicabili a ciò che può essere discusso. Analizziamo il caso per comprendere meglio la portata di questo principio.

I Fatti del Processo e il Primo Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di lesioni personali emessa dalla Corte di Appello. L’imputato, non accettando la decisione, proponeva un primo ricorso per cassazione basato su due motivi principali: uno relativo alla sua responsabilità penale e l’altro riguardante l’applicazione della circostanza aggravante della recidiva.

Con una prima sentenza, la Corte di Cassazione aveva preso una decisione netta: il motivo sulla responsabilità veniva dichiarato inammissibile, ritenendo corretta la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Il motivo sulla recidiva, invece, veniva accolto. Di conseguenza, la sentenza veniva annullata, ma solo parzialmente. La Cassazione rinviava il caso alla Corte di Appello per un nuovo giudizio, con il compito specifico di riesaminare unicamente il punto della recidiva e, di conseguenza, rideterminare la pena.

Il Giudizio di Rinvio e il Secondo Ricorso

La Corte di Appello, in sede di giudizio di rinvio, si è attenuta scrupolosamente alle indicazioni della Cassazione. Ha escluso la recidiva e ha ricalcolato la pena, riducendola a un anno, un mese e venti giorni di reclusione.

Contro questa nuova sentenza, l’imputato ha deciso di presentare un ulteriore ricorso per cassazione. Sorprendentemente, il motivo del ricorso non riguardava la nuova determinazione della pena o la gestione della recidiva, ma tornava a contestare la responsabilità penale, in particolare la valutazione sulla durata della malattia conseguente alle lesioni. In sostanza, l’imputato riproponeva una questione che la Cassazione aveva già giudicato e dichiarato inammissibile nella sua prima pronuncia.

Limiti all’Impugnazione nel Giudizio di Rinvio

La Corte di Cassazione, esaminando questo secondo ricorso, lo ha dichiarato inammissibile senza esitazione. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale, sancito dall’art. 628, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che la sentenza del giudice di rinvio può essere impugnata solo per motivi che non riguardino i punti già decisi dalla Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

I giudici hanno spiegato che l’oggetto del giudizio di rinvio era strettamente circoscritto alla questione della recidiva e alla conseguente determinazione della pena. La questione della responsabilità dell’imputato, invece, era già stata decisa nel primo giudizio di cassazione con una declaratoria di inammissibilità. Tale punto era, pertanto, diventato ‘precluso’, cioè non più discutibile.

Proporre un ricorso che riapre un capitolo già chiuso in modo definitivo costituisce una ‘palese violazione dello statuto regolativo del giudizio di rinvio’. La Corte non ha l’obbligo di motivare nuovamente su un tema ormai consolidato. Il ricorrente ha, di fatto, ignorato la regola fondamentale secondo cui il giudizio di rinvio non è un terzo grado di merito, ma una fase processuale con un oggetto limitato e definito dalla precedente pronuncia della Cassazione.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce con forza un principio essenziale per la certezza del diritto e l’efficienza del sistema giudiziario: non si può abusare degli strumenti processuali per tentare di rimettere in discussione all’infinito questioni già decise. La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato, per l’imputato, non solo la conferma della condanna ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: il giudizio di rinvio ha confini precisi, e superarli comporta conseguenze negative sia dal punto di vista processuale che economico.

Dopo che la Cassazione annulla una sentenza con rinvio, si possono impugnare tutti gli aspetti della nuova decisione?
No. Secondo la sentenza, l’impugnazione della decisione emessa in sede di rinvio può essere proposta soltanto per motivi che non riguardino i punti già decisi in modo definitivo dalla Corte di Cassazione nella sua precedente pronuncia.

Cosa succede se un ricorso in cassazione ripropone un motivo già dichiarato inammissibile?
Il ricorso viene dichiarato nuovamente inammissibile. La Corte ha stabilito che riproporre un motivo già giudicato costituisce una ‘palese violazione’ delle regole del giudizio di rinvio, poiché la questione è ormai preclusa e non più discutibile.

Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso inammissibile in questi casi?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi che escludano la sua colpa, al versamento di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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