Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33970 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33970 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a CAMPOSAM PIERO il DATA_NASCITA
inoltre:
COGNOME NOME
avverso la sentenza del 25/03/2025 del TRIBUNALE di Termini imerese
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che chiedeva dichiararsi il ricorso inammissibile
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 15 gennaio 2021 il Giudice di pace di Termini Imerese assolveva l’imputato dal reato di cui all’art. 612 cod. pen. commesso in danno di COGNOME NOME; avverso detta decisione proponevano ricorso per cassazione il PG e appello la parte civile; il Tribunale di Termini Imerese, quale giudice di appello, riqualificava il ricorso del AVV_NOTAIO generale in appello e,
quindi, decidendo sul gravame, riformava la sentenza e condannava l’imputato alla pena di 400 euro di multa.
L’imputato proponeva ricorso e questa Corte, con sentenza n. 51293/2023, annullava la sentenza impugnata per mancata applicazione dell’art. 603 comma 3 bis cod. proc. pen., avendo il giudice dell’appello ribaltato la decisione assolutoria in difetto di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.
Il Tribunale di Termini Imerese, quale giudice di rinvio, previa escussione dei testi, ritenuto sussistente il reato nelle sue componenti oggettiva e soggettiva, con la sentenza emessa il 25 marzo 2025, in riforma della sentenza emessa dal Giudice di pace di Termini Innerese, condannava COGNOME NOME alla pena di euro 200 di multa, oltre che al risarcimento dei danni cagionati alla parte civile e quantificati in euro 300,00, per il reato
Avverso detta decisione proponeva ricorso l’imputato articolando tre motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo eccepiva la violazione degli artt. 580 cod. proc. pen. in relazione all’art. 179 cod. proc. pen., rilevando la nullità assoluta del decreto di conversione del ricorso in appello.
Secondo la difesa, avvero le sentenze del giudice di pace alla parte pubblica è concesso solo il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 36 D.Igs. n.274/2000, mentre alla parte civile è consentito anche l’appello ex art. 38 D.Igs. n. 274/2000.
Il ricorrente citava poi un contrasto nella giurisprudenza di legittimità circa la possibilità di convertire ex art. 580 cod. proc. pen. il ricorso in appello, allorquando anche la parte civile abbia impugnato la medesima sentenza.
Secondo il ricorrente sarebbe da preferire l’orientamento più restrittivo che non limitava la non applicabilità dell’art. 580 cod. proc. pen. solo alle impugnazioni di capi differenti della sentenza.
Ciò in quanto laddove l’atto propulsivo del giudizio sia una denuncia ovvero una querela non sono previsti due gradi di giudizio, previsti solo nel caso in cui il giudio sia introdotto ex art. 21 D.Lgs 274/2000.
Interpretare diversamente le norme e ritenere dunque convertibile il ricorso in appello creerebbe una immotivata disparità di trattamento per l’imputato condannato alla pena pecuniaria, cui è consentito unicamente il ricorso per cassazione, mentre l’imputato assolto può essere tenuto a fronteggiare un doppio grado di giudizio di merito e ciò in contrasto col principio secondo il quale l’ordinamento, per i fatti meno gravi, di cui alla competenza del giudice di pace, non comprende un doppio grado di merito, bensì un solo grado di merito duno di legittimità.
Infatti, la disciplina circa le impugnazioni avverso le sentenze del giudice di pace è speciale rispetto alla disciplina ordinaria che è applicabile solo in quanto compatibile.
2.2. Con il secondo motivo rileva la violazione dell’art. 606 lett. E) cod proc pen per essere inammissibile il ricorso per cassazione del pubblico ministero.
Il ricorso, poi convertito in appello, lamentava un vizio di motivazione che era inesistente poiché il Tribunale aveva motivato circa la insussistenza del reato e dunque sollecitava un ulteriore vaglio degli elementi di prova.
2.3 Con il terzo motivo lamenta violazione dell’art. 612 cod. pen.
Per verificare la sussistenza del contestato reato, la condotta dell’imputato avrebbe dovuto essere calata nella cornice di riferimento, nell’hic et nunc per poterne apprezzare l’esatta portata minatoria, anche alla luce della concitazione d’animo e dell’eventuale stress emotivo.
La parte civile depositava memoria in data 26 giugno 2025 chiedendo il rigetto del ricorso.
Il sostituto AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME depositava conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile
1.1 Il primo motivo è manifestamente infondato, ponendosi in contrasto con la lettera dell’art. 627 comma 4 cod. proc. pen, nonché con la costa interpretazione datane dalla giurisprudenza di legittimità.
Quanto, infatti, alle nullità verificatesi nei precedenti gradi di giudizio rispetto al giudizio di rinvio è necessario richiamare il disposto dell’art. 627 comma 4 cod. proc. pen. che stabilisce che non possono rilevarsi nel giudizio di rinvio nullità, anche assolute, ovvero inammissibilità verificatesi nei precedenti giudizi o nel corso delle indagini preliminari.
Tale affermazione è stata ripresa e ribadita dalla giurisprudenza di quest Corte, che ha statuito che, ai sensi dell’art. 627 comma quarto cod. proc. pen. nel giudizio di rinvio non si possono dedurre nullità, anche assolute, verificatesi nei precedenti giudizi. Nè tali nullità possono essere dedotte quale motivo di nuovo ricorso per Cassazione, ossia come mezzo di annullamento della sentenza del giudice di rinvio, poiché la sentenza della Suprema Corte, inoppugnabile per dettato di legge, copre il dedotto e il deducibile, ivi comprese le eventuali nullità.
(Sez. 1, n. 5766 del 09/04/1999, Pelliccio, Rv. 213235 – 01)
La sentenza di annullamento con rinvio emessa dalla Corte di Cassazione preclude nel nuovo giudizio di rilevare le nullità, anche assolute, e le inammissibilità verificatesi nei precedenti giudizi, compreso quello di legittimità. (Sez. 1, n. 12320 del 12/07/2016, dep. 2017, Di, Rv. 270054 – 01)
Nel medesimo senso si è affermato che nel giudizio di rinvio non possono essere dedotte né rilevate cause di nullità, inammissibilità o inutilizzabilità concernenti atti formati nelle fasi anteriori del procedimento, atteso che la sentenza della Corte di cassazione, da cui origina il giudizio stesso, determina una preclusione con riguardo a tutte le questioni non attinte dalla decisione di annullamento, di talché, nell’ipotesi in cui il processo torni nuovamente al vaglio della Corte di cassazione, le preclusioni prodotte dalla precedente sentenza di annullamento comportano la limitazione del sindacato di legittimità alle questioni di rito attinenti alle attività processuali compiute nel giudizio di rinvio. (Sez. 4, 20044 del 17/03/2015, S., Rv. 263865 – 01)
Nel giudizio di rinvio, il divieto, di cui all’art. 627, comma quarto, cod. proc. pen., di dedurre nullità, anche assolute, verificatesi nei precedenti gradi di giudizio, comprende, altresì, la prospettazione di questioni sotto profili diversi da quelli rappresentati (Sez. 5, n. 39478 del 04/07/2018, Sunday, Rv. 273883 – 01)
In altre parole, il presupposto giustificativo della norma risiede nella particolare efficacia intrinseca delle decisioni della Corte di Cassazione, già richiamata; il fondamento della disposizione di cui all’art.627, comma 4, cod.proc.pen. poggia, dunque, sulla definitività delle decisioni della Corte Suprema di Cassazione e sul meccanismo, ad essa coessenziale, delle preclusioni che operano con riguardo al dedotto e al deducibile. Ne segue, come corollario, la necessità di ribadire il principio affermato dalla Corte, secondo cui la preclusione non è limitata alle nullità e alle inammissibilità, ma si estende anche alle inutilizzabilità, che, se intervenute nelle fasi del processo, anche in quelle di legittimità (Sez. 1, n. 1595 del 16/12/2014, dep.2015, Borrelli, Rv. 261979), antecedenti all’annullamento, non possono essere più fatte valere nel giudizio di rinvio (Sez.5, n.10624 del 12/02/2009, COGNOME, Rv.242980). L’intangibilità della decisione copre, dunque, non solo le nullità e le inammissibilità, di cui è fatta espressa menzione nella citata disposizione, ma anche le precedenti inutilizzabilità, chiaro essendo che una simile operazione estensiva non si traduce nell’interpretazione analogica della disposizione, ma nell’esplicitazione di una regola direttamente ricavata da un principio generale dell’ordinamento. Deve inferirsene che, nell’ipotesi in cui il processo torni al vaglio della Corte d Cassazione, le preclusioni prodotte dalla precedente sentenza di annullamento comportano la limitazione del sindacato alle questioni di rito attinenti alle attività
processuali compiute nel giudizio di rinvio, onde le pregresse inutilizzabilità, al pari delle nullità e delle inammissibilità, restano inevitabilmente non più deducibili (Sez. 1, n.7963 del 15/01/2007, COGNOME, n. m. sul punto; Sez. 1, n. 22023 del 18/04/2006, Marine, Rv. 235274).
In ragione del disposto dell’art. 627 cod. proc. pen., come ribadito e interpretato dalla richiamata giurisprudenza di legittimità, è evidente l’assoluta e patente infondatezza del primo motivo di ricorso che è incentrato sulla denuncia di una nullità che afferisce al decreto di conversione del ricorso in appello, cioè ad una nullità che afferisce al precedente grado di giudizio e che, per quanto fin qui argomentato, non è più rilevabile.
1.2 Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, per ragioni assolutamente sovrapponibill quelle esposte al superiore punto 1.1.
Il rilievo circa l’inammissibilità del ricorso per cassazione del pubblico ministero, poi convertito in appello, riguarda ancora una volta una precedente fase di giudizio e dunque è coperta dal disposto dell’art. 627 comma 4 cod. proc. pen. come interpretato da questa Corte: l’intervenuta decisione della Corte con il suo carattere di definitività rende operative le preclusioni circa le questioni dedotte e deducibili fra cui rientra certamente la ritenuta inammissibilità del ricorso introduttivo di quella fase.
1.3 Il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto del tutto rivalutativo.
La motivazione sul punto è esaustiva e ricostruisce i fatti; il ricorrente ne sollecita una rilettura in ragione dello stato di concitazione e tensione della persona offesa, che nessun rilievo può avere in generale, né tantomeno nel giudizio di legittimità.
Il denunciato vizio di violazione di legge sottende, in realtà, una rilettura degli elementi di prova; secondo un costante orientamento di questa Corte, cui si intende dare continuità è inammissibile il ricorso per cassazione che, offrendo al giudice di legittimità frammenti probatori o indiziari, solleciti quest’ultimo ad una rivalutazione o ad una diretta interpretazione degli stessi, anziché al controllo sulle modalità con le quali tali elementi sono stati raccolti e sulla coerenza logica della interpretazione che ne è stata fornita. (Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, E., Rv. 276566 – 01).
Per le ragioni sopra esposte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese nonché della somma di euro 3000 alla cassa delle ammende e a rifondere alla parte civile COGNOME NOME le spese di proseguita assistenza e difesa che si liquidano in euro 2000 oltre accessori di legge.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre l’imputato alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 2000 oltre accessori di legge.
Così deciso 1’8 luglio 2025