Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27519 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27519 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 06/09/1985
avverso l’ordinanza del 05/03/2025 del TRIBUNALE di PAVIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso M
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 5 marzo 2025, il Tribunale di Pavia ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza, presentata nell’interesse di NOME COGNOME intesa all rideterminazione della pena complessiva da espiare in forza delle condanne da lui riportate con distinte sentenze irrevocabili.
Il giudice dell’esecuzione ha, in proposito, ritenuto, a fronte delle obiezioni sollevate da NOME rispetto al provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dal locale Procuratore della Repubblica, che dalla natura amministrativa, anziché giurisdizionale, dell’atto impugnato discende l’assenza, in capo al giudice, di potere sostituivo in ordine al suo compimento, donde l’inammissibilità del proposto incidente.
NOME propone, con l’assistenza dell’avv. NOME COGNOME ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge, sostanziale e processuale, sul rilievo che, in materia esecutiva, il giudice è tenuto ad esaminare, nelle forme previste dall’art. 666 cod. proc. pen., le doglianze proposte dall’interessato avverso il provvedimento del pubblico ministero, direttamente incidente sulla libertà personale, che, altrimenti, resterebbe sottratto ad ogni controllo.
Rileva, al riguardo, che il giudice dell’esecuzione è l’organo funzionalmente competente a conoscere di ogni aspetto che riguardi l’efficacia esecutiva del provvedimento giurisdizionale, in vista della tutela dei diritti fondamental coinvolto in quella fase.
Segnala, ulteriormente, che il giudice, che ha provveduto de plano, avrebbe dovuto, piuttosto, instaurare il contraddittorio tra le parti o, quantomeno raccogliere il parere dell’ufficio di Procura.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
In fatto, è incontroverso che, emesso, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, un primo ordine di esecuzione di pene concorrenti, risalente al 4 maggio 2021, alcuni dei titoli ivi inseriti (specificamente, quelli indicati con i numeri 4, 5, 6 e 7)
stati, successivamente, dichiarati non eseguibili con ordinanza del Tribunale di Pavia del 25 settembre 2024.
Atteso che le sollecitazioni reiteratamente rivolte da COGNOME al pubblico ministero in vista dell’emissione di un nuovo ordine di esecuzione – sostitutivo di quello del 4 maggio 2021 e che tenesse conto della non eseguibilità di parte dei titoli ivi compresi – sono rimaste senza riscontro, il condannato ha invocato l’intervento del giudice dell’esecuzione che, tuttavia, lo ha ritenuto precluso dall natura amministrativa dell’ordine di esecuzione di pene concorrenti emesso dal pubblico ministero.
La decisione impugnata riposa, va tuttavia osservato, su un postulato fallace, perché trascura che, nella fase dell’esecuzione, il giudice è competere a conoscere di tutte le vicende che incidono sull’efficacia della decisione irrevocabile e, all’occorrenza, a determinare, al cospetto della contestazione articolata dalla parte rispetto al provvedimento del pubblico ministero, la pena da eseguirsi.
Priva di rilevanza decisiva si palesa, d’altro canto, la natura amministrativa dell’ordine di esecuzione di pene concorrenti emesso a norma dell’art. 663 cod. proc. pen., cui corrisponde il potere del pubblico ministero di revocarlo o rimuoverlo al fine di tenere costantemente aggiornata la posizione processuale del condannato e, quindi, la sua persistente modificabilità che, però, trova limite nella pronuncia del giudice dell’esecuzione, che – ha da tempo chiarito la giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 26321 del 27/05/2019, COGNOME, Rv. 276488 – 01; Sez. 1, n. 36236 del 23/09/2010, COGNOME, Rv. 248298 – 01; Sez. 1, n. 9708 del 09/01/2007, COGNOME, Rv. 236240 – 01) – può essere stimolata dall’interessato senza limiti di tempo.
In questa direzione, si colloca, del resto, la recente decisione (Sez. 1, n. 47276 del 29/10/2024, COGNOME, non massimata), menzionata dal Procuratore generale nella requisitoria in atti – con la quale ha, pure, chiesto dichiarars l’inammissibilità del ricorso – nella quale è a chiare lettere ribadito che, se i ordine al provvedimento di cumulo delle pene è prevista la competenza del pubblico ministero, appunto in vista di una sollecita esecuzione della pena, al giudice dell’esecuzione spetta, invece, il compito di decidere, con l’efficacia e i grado di stabilità che sono proprie dei provvedimenti di matrice giurisdizionale, in ordine a ogni problema attinente al rapporto esecutivo in sé considerato; ciò tanto nel caso in cui il condannato ritenga ingiusto il provvedimento adottato dal Pubblico ministero, quanto in quello in cui si renda necessario provvedere in punto di questioni che siano preliminari, ovvero rivestano un connotato di pregiudizialità, rispetto al semplice computo delle pene che sono indicate dagli artt. 670-676 cod. proc. pen..
La descritta impostazione ermeneutica trova, altresì, riscontro nel consolidato e condiviso indirizzo, formatosi in materia di calcolo del presofferto ma applicabile, per tangibile identità di ratio, anche alla fattispecie in esame, secondo cui «Qualora, promosso incidente di esecuzione avverso provvedimento di cumulo di pene concorrenti emesso dal pubblico ministero, sia necessario accertare periodi di presofferto, onde determinare definitivamente la pena residua da espiare e la relativa decorrenza, il giudice dell’esecuzione non può demandare detta incombenza al pubblico ministero, ma deve provvedervi direttamente, avvalendosi dei poteri previsti dall’art. 666, comma 5, cod. proc. pen. e quindi, se del caso, formare un nuovo cumulo aggiornato e corretto» (Sez. 1, n. 48726 del 22/10/2019, COGNOME, Rv. 277912 – 01; Sez. 1, n. 5353 del 04/12/2000, dep. 2001, COGNOME, Rv. 218085 – 01; Sez. 1, n. 602 del 31/01/1995, Razio, Rv. 200496 01).
Resta, in tal modo, confermato che la competenza del giudice dell’esecuzione si estende a tutte le questioni incidenti sull’esecuzione delle pene, attengano esse all’esecutività del titolo ovvero al computo della pena da scontare nel caso di esecuzione di una pluralità di titoli esecutivi.
Per quanto, allora, sia corretto affermare, in linea con il giudice a quo, che la richiesta di eliminazione dal cumulo delle pene già dichiarate, con separato provvedimento, non eseguibili debba essere proposta, in linea di principio, al pubblico ministero, organo funzionalmente competente a provvedere in ordine alla determinazione del quantitativo di pena da espiare, e non direttamente al giudice dell’esecuzione, non può escludersi che quest’ultimo, come da tempo riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità (in tal senso, cfr. Sez. 1, n. 26343 de 29/05/2001, COGNOME, Rv. 219969 – 01), ponga in essere un intervento sostitutivo, ove risultino specifiche ragioni che lo rendano necessario.
Le precedenti considerazioni impongono, in conclusione, l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Pavia in vista di un nuovo giudizio che, libero nell’esito e reso previa instaurazione del contraddittorio, sia nondimeno, ossequioso dei principi sopra affermati.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Pavia.
Così deciso il 14/05/2025.