Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2092 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2092 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
generale NOME COGNOME, che ha
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sul ricorso proposto da NOME, nata il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza emessa il 23/11/2022 dal Tribunale di Forlì
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore
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RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 23 novembre 2022 il Tribunale di Forlì, quale Giudice dell'esecuzione, dichiarava inammissibile l'istanza presentata da NOME, finalizzata a ottenere la revoca della condanna al pagamento delle spese processuali pronunciata con la sentenza deliberata dallo stesso Tribunale il 21 maggio 2012, divenuta irrevocabile il 12 giugno 2021, in violazione dell'art. 445, comma 1, cod. proc. pen.
Occorre precisare che, con la decisione irrevocabile presupposta, emessa ex artt. 444 e 448 cod. proc. pen., NOME era stata condannata alla pena di due anni e due mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, per il reato di cui all'art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fall.), previ riconoscimento della continuazione esterna con i delitti giudicati dal Tribunale di Padova il 15 dicembre 2011. A seguito della declaratoria di estinzione di questi ultimi delitti, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forlì chiedeva l'eliminazione della frazione sanzionatoria applicata alla condannata a titolo di continuazione, che veniva disposta dal Tribunale di Forlì, in executivis, con ordinanza del 31 maggio 2022, con cui si rideterminava la sola pena detentiva, quantificata in un anno e otto mesi di reclusione.
In questa cornice, il Tribunale di Forlì riteneva che la condannata non poteva proporre un nuovo incidente di esecuzione, ma avrebbe dovuto impugnare l'ordinanza emessa il 31 maggio 2022, ex art. 666, comma 6, cod. proc. pen., il cui passaggio in giudicato precludeva la possibilità di attivare il rimedio giurisdizionale proposto dalla condannata ai sensi del primo comma dello stesso art. 666.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME, a mezzo dell'AVV_NOTAIO, ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento agli artt. 130, comma 1, e 535, comma 5, cod. proc. pen., per non avere il Tribunale di Forlì considerato che la pena originariamente irrogata alla condannata era stata erroneamente rideterminata in sede esecutiva, essendo stata mantenuta la condanna alle spese processuali, in violazione dell'art. 445, comma 1, cod. proc. pen.
Ne discendeva che il Tribunale di Forlì si sarebbe dovuto limitare a rettificare le statuizioni della decisione irrevocabile presupposta, deliberata dallo stesso Tribunale il 21 maggio 2012, limitatamente alla condanna alle spese processuali, ai sensi del combinato disposto degli artt. 130, comma 1, e 535, comma 5, cod. proc. pen., la cui applicazione non avrebbe comportato una modifica del titolo esecutivo azionato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Forlì nei
confronti di NOME e non avrebbe determinato la preclusione processuale richiamata dal provvedimento censurato.
Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato nei termini di seguito indicati.
Osserva il collegio che costituisce un dato processuale incontroverso quello secondo cui l'ordinanza emessa dal Tribunale di Forlì il 31 maggio 2022, con cui veniva rideterminata in sede esecutiva la pena irrogata dal Tribunale di Forlì con sentenza del 21 maggio 2012, divenuta irrevocabile il 12 giugno 2021, risultava adottata in violazione del disposto dell'art. 445, comma 1, cod. proc. pen.
Infatti, la pena di due anni e due mesi di reclusione, irrogata con la sentenza pronunciata dal Tribunale di Forlì il 21 maggio 2012 era stata rideterminata, in executivis, in un anno e otto mesi di reclusione, senza che a tale rideterminazione, ai sensi dell'art. 445, comma 1, cod. proc. pen., si facesse seguire l'esenzione dal pagamento delle spese processuali prescritta normativa mente.
Si pone, a questo punto, il problema dell'ammissibilità del ricorso per cassazione, che presuppone la possibilità di incidere sul trattamento sanzionatorio quantificato erroneamente, limitatamente al pagamento delle spese processuali, non avendo la condannata attivato il rimedio giurisdizionale* dell'art. 666, comma 6, cod. proc. pen. contro l'ordinanza emessa dal Tribunale di Forlì il 21 maggio 2022. Né è possibile scindere le statuizioni sulle spese processuali rispetto all'oggetto principale della condanna, costituendo le stesse, quale sanzione economica accessoria della pena, un elemento costitutivo della pronuncia condannatoria (Sez. U, n. 491 del 29/09/2011, dep. 2012, Pislor, Rv. 251265 – 01).
A tale quesito occorre fornire risposta positiva.
Osserva il Collegio che tale risposta si impone alla luce della posizione giurisprudenziale maturata in seno alle Sezioni unite (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260700 – 01), che, intervenendo in relazione alle conseguenze sistematiche prodotte dalla sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2014, n. 32, nell'ambito delle quali affrontavano il problema del bilanciamento tra il valore dell'intangibilità del giudicato e l'esecuzione di una decisione penale rivelatasi successivamente illegittima, affermavano il potere-
dovere del giudice dell'esecuzione di incidere sul giudicato. Questo poteredovere, del resto, è connaturato alla funzione giurisdizionale propria del giudice dell'esecuzione, atteso che, come affermato in un precedente arresto chiarificatore delle stesse Sezioni Unite, che costituisce il presupposto ermeneutico della pronuncia che si sta considerando, una volta «dimostrato che la legge processuale demanda al giudice una determinata funzione, allo stesso giudice è conferita la titolarità di tutti i poteri necessari all'esercizio di qu medesima attribuzione E…]» (Sez. U, n. 4687 del 20/12/2005, dep. 2006, Catanzaro, Rv. 232610 – 01).
Si consideri ulteriormente, come evidenziato dalle Sezioni Unite nello stesso arresto chiarificatore (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, cit.), che l'ampiezza degli ambiti di intervento della giurisdizione esecutiva – che legittima nel caso di specie l'attivazione dei poteri di cui agli artt. 666 e 670 cod. proc. pen. per eliminare le statuizioni sulle spese processuali pronunciate nei confronti di NOME in violazione dell'art. 445, comma 1, cod. proc. pen. – è stata riconosciuta dalla Corte costituzionale, secondo la quale il giudice dell'esecuzione «non si limita a conoscere delle questioni sulla validità e sull'efficacia del titol esecutivo ma è anche abilitato, in vari casi, ad incidere su di esso » (Corte cost., sent. n. 210 del 2013).
Questa opzione ermeneutica, del resto, era stata già esplicitata in un precedente intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, nel quale si era affermato che al giudice dell'esecuzione deve essere riconosciuto un ampio potere di intervento sul giudicato, ai sensi degli artt. 666 e 670 cod. proc. pen., atteso che lo strumento previsto «dall'art. 670 cod. proc. pen., pur sorto per comporre i rapporti con l'impugnazione tardiva e la restituzione nel termine, implica necessariamente, al di là del dato letterale, un ampliamento dell'ambito applicativo dell'istituto, che è un mezzo per far valere tutte le questioni relative non solo alla mancanza o alla non esecutività del titolo, ma anche quelle che attengono alla eseguibilità e alla concreta attuazione del medesimo» (Sez. U, n. 34472 del 24/10/2013, Ercolano, Rv. 252933 – 01).
Né potrebbe essere diversamente, dovendosi evidenziare che il «genus delle doglianze da cui può essere investito il giudice degli incidenti ex art. 666 cod. proc. pen., in sostanza, è molto ampio ed investe tutti quei vizi che, al di là delle specifiche previsioni espresse, non potrebbero farsi valere , considerata l'esigenza di garantire la permanente conformità a legge del fenomeno esecutivo» (Sez. U, n. 34472 del 24/10/2013, Ercolano, cit.).
3. Le considerazioni esposte impongono conclusivamente l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, cui consegue l'eliminazione della
statuizione relativa alla condanna alle spese processuali pronunciata dal Tribunale di Forlì con sentenza, emessa nei confronti di NOME COGNOME il 21 maggio 2012, ai sensi degli artt. 444 e 448 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e per l'effetto elimina la statuizione di condanna al pagamento delle spese processuali contenuta nella sentenza pronunciata il 21 maggio 2021 ai sensi degli artt. 444 e 448 cod. proc. pen. dal Tribunale di Forlì nei confronti di NOME.
Così deciso il 12 dicembre 2023.