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Giudice dell’esecuzione: la competenza dopo la riforma

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del Tribunale, stabilendo che la competenza del giudice dell’esecuzione spetta alla Corte d’Appello quando questa ha modificato la sentenza di primo grado non solo nella pena, ma anche riqualificando il reato e concedendo attenuanti. La modifica sostanziale della pronuncia, infatti, radica la competenza nel giudice che l’ha emessa.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giudice dell’esecuzione: a chi spetta la competenza dopo una riforma in appello?

Identificare correttamente il giudice dell’esecuzione è un passo fondamentale nella fase successiva alla condanna definitiva. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 32863 del 2025, offre un chiarimento cruciale su questo tema, specificando a quale organo giudiziario rivolgersi quando la sentenza di primo grado è stata oggetto di modifiche sostanziali in appello. La decisione sottolinea come la riqualificazione giuridica del reato sposti la competenza dal Tribunale alla Corte d’Appello.

I Fatti del Caso

Un condannato, la cui sentenza era divenuta definitiva, presentava un’istanza al Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione. La richiesta mirava a ottenere la revoca di una parte della condanna relativa a un reato che, a suo dire, era stato abrogato dalla legge. Il Tribunale accoglieva l’istanza, riducendo la pena complessiva inflitta e disponendo la cessazione degli effetti penali per quel capo d’imputazione.
Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo un vizio procedurale fondamentale: l’incompetenza funzionale del Tribunale. Secondo il ricorrente, il giudice corretto a cui rivolgersi avrebbe dovuto essere la Corte d’Appello che aveva emesso la sentenza di condanna.

La questione di competenza del giudice dell’esecuzione

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 665, comma 2, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce una regola precisa: il giudice dell’esecuzione è quello di primo grado solo se la sentenza, in appello, è stata confermata o riformata limitatamente alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili. In tutti gli altri casi di riforma, la competenza si radica presso il giudice d’appello.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello non si era limitata a un semplice ricalcolo della pena. Aveva, infatti, operato due modifiche sostanziali:
1. Riqualificazione del reato: La condotta, originariamente contestata come partecipazione diretta ad associazione mafiosa, era stata riqualificata in concorso esterno nel medesimo reato.
2. Concessione di attenuanti: All’imputato erano state concesse le circostanze attenuanti generiche, con una nuova valutazione del suo ruolo nella vicenda.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente la tesi del pubblico ministero, annullando senza rinvio l’ordinanza del Tribunale. I giudici hanno affermato che modifiche come la riqualificazione del fatto o la concessione di nuove attenuanti non possono essere considerate semplici aggiustamenti della pena. Esse rappresentano, al contrario, una “rielaborazione sostanziale della pronuncia del primo giudice”.
Questo tipo di intervento incide profondamente sulla statuizione di primo grado e, di conseguenza, comporta l’applicazione della regola generale che individua la competenza per la fase esecutiva nel giudice d’appello. La Corte ha ribadito un principio di diritto già affermato in precedenza: la competenza a provvedere quale giudice dell’esecuzione spetta al giudice di appello quando la sentenza abbia mutato la qualificazione giuridica del fatto. Di conseguenza, il Tribunale che ha emesso l’ordinanza era privo di competenza funzionale.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio procedurale di grande importanza pratica. Stabilisce in modo inequivocabile che qualsiasi modifica della sentenza di primo grado che vada oltre il mero aspetto sanzionatorio – come la riqualificazione del reato – sposta la competenza per la fase esecutiva alla Corte d’Appello. Questa pronuncia serve da monito per gli operatori del diritto, evidenziando la necessità di individuare con precisione l’autorità giudiziaria competente a cui presentare le istanze post-condanna, al fine di evitare annullamenti per vizi procedurali. La corretta identificazione del giudice dell’esecuzione non è una mera formalità, ma una condizione essenziale per la validità degli atti della fase esecutiva.

Chi è il giudice dell’esecuzione competente se la sentenza di primo grado è stata riformata in appello?
La competenza dipende dalla natura della riforma. Se la modifica riguarda solo la pena, le misure di sicurezza o le disposizioni civili, è competente il giudice di primo grado. Se invece la riforma è più sostanziale, come una riqualificazione del reato, la competenza spetta al giudice d’appello.

La riqualificazione giuridica del reato in appello è considerata una modifica sostanziale?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la riqualificazione del fatto (ad esempio, da partecipazione ad associazione mafiosa a concorso esterno) è una modifica che incide in modo significativo sulla statuizione di primo grado e, pertanto, radica la competenza per la fase esecutiva presso la Corte d’Appello.

Cosa accade se un’istanza viene decisa da un giudice dell’esecuzione funzionalmente incompetente?
Il provvedimento emesso dal giudice incompetente viene annullato senza rinvio dalla Corte di Cassazione. Gli atti vengono quindi trasmessi all’autorità giudiziaria competente affinché provveda correttamente sull’istanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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