Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38215 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38215 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Dogliani il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale di Cuneo del 21.3.2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 21.3.2024, il Tribunale di Cuneo, provvedendo in funzione di giudice dell’esecuzione su un’istanza di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto di diverse sentenze di condanna di COGNOME NOME, l’ha accolta parzialmente.
In particolare, ha riconosciuto la continuazione, tra l’altro, tra i fatti giudic con la sentenza del 12/12/2016 del Tribunale di Cuneo e i fatti giudicati con la
sentenza del 26/10/2011 del Tribunale di Mondovì, ritenendo più gravi i fatti di cui alla seconda sentenza e rideterminando la pena per i fatti di cui alla prima sentenza in cinque mesi di reclusione e 130 euro di multa, da portare in aumento per la continuazione sulla pena di un anno e sei mesi di reclusione e 600 euro di multa di cui alla sentenza del Tribunale di Mondovì.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando un unico motivo, con cui, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., deduce la erronea applicazione dell’art. 671 cod. proc. pen.
Lamenta, in particolare, che il giudice dell’esecuzione, nell’applicare la disciplina della continuazione tra i fatti giudicati con la sentenza del 12/12/2016 del Tribunale di Cuneo e la sentenza del 26/10/2011 del Tribunale di Mondovì, abbia rideterminato la pena di cui alla prima sentenza in cinque mesi di reclusione e 150 euro di multa, senza tenere conto che la stessa sentenza del 12/12/2016 del Tribunale di Cuneo aveva già riconosciuto la continuazione con i fatti della sentenza del Tribunale di Mondovì del 2011 e che soprattutto aveva determinato aumento di pena di quarantacinque giorni di reclusione (vedi n. 63 del casellario giudiziale).
Di conseguenza, il giudice dell’esecuzione – sostiene il ricorso – ha violato il divieto di reformatio in pejus previsto all’articolo 671, comma 2, cod. proc. pen., contravvenendo al principio di diritto espresso delle Sezioni unite con la sentenza n. 6296 del 2017, secondo cui “il giudice dell’esecuzione, in sede di applicazione della disciplina del reato continuato, non può quantificare gli aumenti di pena per i reati satellite in misura superiore a quelli fissati dal giudice della cognizione con la sentenza irrevocabile di condanna”.
Con requisitoria scritta del 5.6.2024, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente alla continuazione riconosciuta, in quanto il giudice dell’esecuzione non può riconoscere nuovamente una continuazione già riconosciuta in sede di cognizione e rideterminare la pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Dall’esame degli atti del fascicolo, consentito in ragione della natura dell’eccezione proposta, risulta che effettivamente già in sede di cognizione il Tribunale di Cuneo con la sentenza del 12/12/2016 aveva riconosciuto la
continuazione tra i reati in quel momento sub judice e i reati già giudicati con la sentenza irrevocabile del Tribunale di Mondovì del 26/10/2011.
Questo vuoi dire che il provvedimento impugnato, nella parte in cui riconosce nuovamente la continuazione tra detti reati – peraltro, individuando un aumento di pena superiore a quello già stabilito in sede di cognizione – , è stato adottato in violazione dell’art. 671 cod. proc. pen.
Infatti, tale disposizione di legge, quando prevede al connma 1 che il giudice dell’esecuzione possa applicare la disciplina del reato continuato «sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione» deve essere al tempo stesso interpretata nel senso che, a maggior ragione, la continuazione può essere applicata in sede esecutiva sempre che – come in questo caso – non sia stata già “applicata” dal giudice della cognizione: insomma, il giudice della esecuzione può intervenire solo quando il giudice della cognizione non si sia affatto occupato della continuazione.
Invero, il giudice dell’esecuzione ha una competenza residuale, in funzione riparatoria di un’omissione, e quindi non può intervenire se una decisione, quale che sia, sulla stessa questione a lui devoluta vi sia già stata in fase di cognizione: in caso contrario, si arriverebbe inammissibilmente ad affermare che egli possa intervenire nel merito su una decisione irrevocabile.
Di conseguenza, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, ai sensi dell’art. 620 lett. d) cod. proc. pen., limitatamente alla continuazione tra i reati giudicati con la sentenza del 12/12/2016 del Tribunale di Cuneo e i reati giudicati con la sentenza del 26/10/2011 del Tribunale di Mondovì.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alla continuazione tra i reati giudicati con la sentenza del Tribunale di Cuneo del 12/12/2016 e quelli giudicati con la sentenza del Tribunale di Mondovì del 26/10/2011. Si comunichi al AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Cuneo.
Così deciso il 4.7.2024