Giudice dell’esecuzione: l’unico competente sui beni sequestrati dopo la sentenza definitiva
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: una volta che la sentenza di merito diventa irrevocabile, la competenza a decidere sulla sorte dei beni sequestrati passa interamente e senza eccezioni al giudice dell’esecuzione. Questa decisione chiarisce il confine invalicabile tra la fase cautelare e quella esecutiva, delineando nettamente i poteri dei rispettivi organi giurisdizionali.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da una complessa vicenda processuale. Un soggetto, dopo essere stato assolto, otteneva la restituzione di una cospicua somma di denaro precedentemente sottoposta a sequestro. Successivamente, però, il tribunale revocava tale restituzione, ritenendo che l’imputato avesse debiti pendenti con l’erario per importi superiori.
Contro questo provvedimento di revoca, la difesa proponeva ricorso per cassazione, che veniva convertito in appello e rimesso al Tribunale del riesame. Tuttavia, nel lasso di tempo intercorso, la sentenza di assoluzione diventava definitiva e irrevocabile.
La Questione di Competenza: il Ruolo del Giudice dell’Esecuzione
Il Tribunale del riesame, investito della questione, dichiarava l’impugnazione inammissibile. La motivazione era netta: con l’irrevocabilità della sentenza di merito, la materia del contendere era cessata in sede cautelare. Qualsiasi questione relativa alla confisca o alla restituzione dei beni sequestrati doveva ormai essere trattata esclusivamente dal giudice dell’esecuzione.
La difesa, non accettando questa conclusione, presentava un nuovo ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e il sacrificio dei propri diritti, sostenendo che il tribunale cautelare avrebbe dovuto pronunciarsi nel merito.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, confermando in toto la decisione del Tribunale del riesame e fornendo una spiegazione chiara e lineare. I giudici hanno sottolineato che esiste una cesura netta tra la fase di cognizione (quella che porta alla sentenza) e la fase di esecuzione (quella che segue la sentenza definitiva).
Finché la sentenza non è definitiva, il potere di decidere sulle misure cautelari reali, come il sequestro, rimane in capo al giudice della cognizione e ai suoi organi di controllo, come il Tribunale del riesame. Questo perché il sequestro è un titolo provvisorio, la cui legittimità deve poter essere riesaminata durante il processo.
Tuttavia, nel momento esatto in cui la pronuncia di merito diventa irrevocabile (sia essa di condanna o di assoluzione), la fase cautelare si estingue. A questo punto, come stabilito dall’art. 676 del codice di procedura penale, la competenza funzionale a decidere su “confisca o restituzione delle cose sequestrate” spetta esclusivamente al giudice dell’esecuzione, individuato ai sensi dell’art. 665 c.p.p.
L’originaria impugnazione, seppur ammissibile al momento della sua proposizione, è diventata inevitabilmente inammissibile per una sopravvenuta carenza di potere del giudice cautelare. L’interessato, per far valere le proprie ragioni, dovrà quindi rivolgersi al giudice dell’esecuzione, l’unico ormai legittimato a decidere.
Conclusioni
La sentenza riafferma un principio cardine del nostro sistema processuale: la separazione delle competenze. Dopo la fine del processo di merito, la gestione degli effetti patrimoniali della sentenza, inclusa la sorte dei beni sequestrati, è affidata a un giudice specializzato, il giudice dell’esecuzione. Questa regola garantisce certezza del diritto e impedisce che le procedure cautelari, per loro natura provvisorie, si sovrappongano o interferiscano con la stabilità di una decisione divenuta definitiva. Per i cittadini, ciò significa che, una volta concluso il processo, l’interlocutore per questioni relative a sequestri, confische e restituzioni non è più il tribunale del riesame, ma unicamente il giudice dell’esecuzione.
Chi è competente a decidere sulla restituzione di beni sequestrati dopo che una sentenza è diventata definitiva?
Una volta che la sentenza di merito (di assoluzione o condanna) diventa irrevocabile, la competenza a decidere sulla confisca o sulla restituzione dei beni sequestrati appartiene esclusivamente al giudice dell’esecuzione, come previsto dall’art. 676 del codice di procedura penale.
Cosa succede a un appello pendente davanti al Tribunale del riesame se la sentenza di merito diventa irrevocabile?
L’appello diventa inammissibile. L’irrevocabilità della sentenza determina la cessazione della fase cautelare, privando il Tribunale del riesame del potere di decidere. La questione deve essere necessariamente trasferita alla sede esecutiva.
Fino a quando il giudice cautelare ha il potere di riesaminare un provvedimento di sequestro?
Il potere del giudice cautelare di riesaminare un provvedimento di sequestro permane fino a quando la sentenza di merito non diventa definitiva e irrevocabile. Dopo tale momento, la sua competenza cessa.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9587 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9587 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BONATE SOTTO il 04/01/1965 avverso l’ordinanza del 01/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni della difesa che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Milano, con ordinanza in data 1 luglio 2024, giudicando in sede di conversione del ricorso per cassazione proposto nell’interesse di COGNOME Cesare avverso il provvedimento del tribunale di Milano datato 15 gennaio 2024 che aveva revocato la restituzione della somma di € 127.850 già disposta con la precedente pronuncia assolutoria del predetto, assumendo sussistere debiti per importi anche superiori nei confronti dell’erario, dichiarava inammissibile l’impugnazione; assumeva il tribunale che, a seguito della conversione del ricorso in appello da parte del giudice di legittimità, era intervenuta la definitività della sentenza assolutoria del COGNOME, circostanza, questa, che aveva determinato la cessazione della materia cautelare e l’impossibilità conseguente di provvedere per il tribunale del riesame.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, avv.to COGNOME deducendo, con unico motivo qui riassunto ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., violazione di legge ed in particolare dell’art. 322 bis cod.proc.pen., stante che, il giudice dell’esecuzione, aveva già provveduto in senso sfavorevole all’imputato già prosciolto, revocando l’ordinanza di restituzione della somma in sequestro ed il tribunale in sede cautelare, chiamato a pronunciarsi a seguito dell’ordinanza di conversione emessa dalla cassazione, aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione con conseguente sacrificio dei propri diritti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
Ed invero, così come esattamente esposto nel parere del P.G., correttamente il tribunale
dell’appello cautelare reale, pur giudicando in sede di conversione del ricorso per cassazione antecedentemente proposto, rilevava come l’intervenuta irrevocabilità della sentenza assolutoria determinava che la fase cautelare deve necessariamente lasciare spazio a quella esecutiva, così che l’originaria impugnazione avanzata avverso il provvedimento di revoca del precedente dissequestro appare affetta da inevitabile inammissibilità stante la cessazione della fase di cognizione e ciò benchŁ la stessa impugnazione fosse originariamente ammissibile.
Nel caso di specie, infatti, va fatta applicazione della disciplina normativa secondo cui a seguito della intervenuta definitività della pronuncia di merito scatta l’esclusiva competenza del giudice dell’esecuzione prevista dall’art. 676 cod.proc.pen. in base al quale il giudice individuato ai sensi dell’art. 665 cod.proc.pen. Ł esclusivamente competente a decidere in ordine ‘ alla confisca o alla restituzione delle cose sequestrate ‘. Al proposito si Ł già affermato come in tema di misure cautelari reali, prima della pronuncia definitiva – a partire dalla quale si radica la competenza funzionale del giudice dell’esecuzione – permane il potere del giudice cautelare di riesaminare il provvedimento di sequestro (nella specie, preventivo), costituendo esso, in quello stato del procedimento, l’unico titolo legittimante la temporanea ablazione del bene, sicchØ avverso il provvedimento di rigetto o di inammissibilità delle istanze afferenti il sequestro Ł esperibile l’appello cautelare ex art. 322-bis cod. proc. pen. (Sez. 3, Ordinanza n. 6720 del 26/01/2021, Rv. 281476 01); analogamente si Ł poi affermato che in tema di misure cautelari reali, prima dell’irrevocabilità della sentenza di merito che abbia disposto la confisca di un bene sottoposto a sequestro, permane il potere del giudice cautelare di riesaminare il provvedimento impositivo del vincolo reale, in quanto esso costituisce, allo stato, l’unico titolo legittimante la temporanea ablazione del bene (Sez. 2 – , Sentenza n. 27889 del 11/05/2022 Cc. (dep. 18/07/2022 ) Rv. 283634 – 01). Ne consegue che nell’opposto caso di sentenza definitiva irrevocabile sia essa di proscioglimento che di condanna, la competenza del tribunale cautelare reale viene inevitabilmente a cessare dovendosi l’interessato rivolgersi al giudice dell’esecuzione in forza del disposto del già citato articolo 671 cod.proc.pen..
Correttamente, quindi, l’impugnazione Ł stata dichiarata inammissibile dal giudice dell’appello cautelare reale essendo proprio cessata la fase di cognizione e cautelare.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchØ al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in € 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 22/01/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME