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Giudice dell’esecuzione: competenza e inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso degli eredi di una donna condannata per abusivismo edilizio. Gli eredi contestavano la competenza della Corte d’Appello quale giudice dell’esecuzione per un ordine di demolizione. La Suprema Corte ha ribadito che la competenza era già stata definitivamente accertata in un precedente giudizio e ha sanzionato i ricorrenti per la manifesta infondatezza e contraddittorietà del ricorso, condannandoli al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Giudice dell’esecuzione: la Cassazione chiarisce la competenza e sanziona il ricorso contraddittorio

Identificare correttamente il giudice dell’esecuzione competente è un passaggio cruciale nella fase finale del processo penale, specialmente quando si tratta di dare attuazione a ordini complessi come la demolizione di un immobile abusivo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 34998/2024) offre importanti chiarimenti su questo tema, ribadendo principi consolidati e sanzionando l’abuso dello strumento processuale. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa: una lunga vicenda di abusivismo edilizio

Il caso trae origine da un immobile realizzato abusivamente, oggetto di ben quattro diverse sentenze di condanna a carico della proprietaria originaria. Dopo il suo decesso, gli eredi sono subentrati nella posizione processuale. La vicenda giunge dinanzi alla Corte di Cassazione a seguito di un ricorso degli eredi contro un’ordinanza della Corte di Appello di Napoli.

Quest’ultima, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva confermato la propria competenza a decidere sulle questioni relative all’ordine di demolizione dell’immobile, concedendo al contempo una sospensione di trenta giorni dello sgombero per permettere agli eredi di trovare una sistemazione alternativa.

Gli eredi, tuttavia, hanno impugnato tale ordinanza sostenendo che la competenza funzionale a decidere non spettasse alla Corte di Appello, bensì al Tribunale di Napoli. La loro tesi si fondava sull’articolo 665, comma 4, del codice di procedura penale, che individua il giudice dell’esecuzione in colui che ha emesso l’ultima sentenza divenuta irrevocabile, che nel loro caso era una pronuncia del Pretore di Napoli del 1997.

La competenza del giudice dell’esecuzione già definita

Il cuore della questione giuridica verte sull’individuazione del corretto giudice dell’esecuzione. I ricorrenti hanno tentato di far valere un’interpretazione letterale della norma, ignorando un elemento fondamentale: la questione della competenza era già stata decisa in modo definitivo.

La Corte di Cassazione, infatti, ha immediatamente evidenziato come la competenza funzionale della Corte di Appello a decidere sulle questioni esecutive relative a quell’immobile fosse già stata “definitivamente ed espressamente affermata” con una precedente sentenza della stessa Cassazione (n. 690/2024). Tale decisione, essendo passata in giudicato, aveva cristallizzato la competenza, rendendo ogni successiva contestazione sul punto del tutto inammissibile.

L’irrilevanza dell’ordinanza sulla continuazione

I ricorrenti avevano anche cercato di basare la loro argomentazione su un’ordinanza del Tribunale di Napoli che, pronunciandosi sulla continuazione tra i vari reati edilizi, si era ritenuto (erroneamente, secondo la Cassazione) competente. La Suprema Corte ha smontato questa tesi, chiarendo che un’ordinanza emessa in sede esecutiva non può essere considerata una “sentenza” ai fini dell’articolo 665 c.p.p. e, pertanto, non è idonea a spostare la competenza già radicata e confermata.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili sulla base di una serie di argomentazioni chiare e nette.

In primo luogo, come già accennato, la questione della competenza era già stata risolta con una precedente sentenza, creando un giudicato interno non più discutibile. Il principio della perpetuatio iurisdictionis, una volta confermato dalla Suprema Corte, non può essere rimesso in discussione.

In secondo luogo, i giudici hanno rilevato la mancanza di un interesse concreto e attuale da parte dei ricorrenti. Essi, infatti, si trovavano in una posizione palesemente contraddittoria: da un lato chiedevano alla Corte di Appello la sospensione dello sgombero, dall’altro ne disconoscevano la competenza a decidere. L’eventuale accoglimento del loro ricorso sull’incompetenza avrebbe travolto anche la sospensione da loro richiesta e ottenuta, con l’immediata ripresa dell’efficacia esecutiva dell’ordine di demolizione. Questo paradosso ha dimostrato l’assenza di un reale interesse a ricorrere.

Infine, la Corte ha qualificato l’impugnazione come ascrivibile a “colpa grave” dei ricorrenti. La proposizione di un ricorso su una questione già decisa in via definitiva e con argomenti palesemente infondati e contraddittori costituisce un abuso del processo.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce due principi fondamentali. Il primo è che la competenza del giudice dell’esecuzione, una volta stabilita in modo definitivo, non può essere continuamente rimessa in discussione. Il secondo è che l’accesso alla giustizia non può trasformarsi in uno strumento dilatorio o contraddittorio. La Corte di Cassazione, dichiarando l’inammissibilità dei ricorsi, ha condannato i ricorrenti non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una cospicua somma alla Cassa delle Ammende, sanzionando un comportamento processuale ritenuto gravemente colpevole. Questa decisione serve da monito sull’importanza di adire le vie legali con serietà e sulla base di presupposti giuridici solidi, per non incorrere in conseguenze economiche e processuali severe.

Come si determina il giudice dell’esecuzione competente in presenza di più sentenze di condanna?
Di norma, la competenza è del giudice che ha emesso l’ultima sentenza divenuta irrevocabile, come previsto dall’art. 665, comma 4, c.p.p. Tuttavia, se la competenza è già stata oggetto di una pronuncia definitiva da parte della Corte di Cassazione, quella decisione diventa vincolante e non può più essere messa in discussione.

Un’ordinanza emessa in fase esecutiva può modificare la competenza del giudice?
No. Secondo la sentenza in esame, le ordinanze emesse in sede esecutiva (ad esempio, quelle sulla continuazione dei reati) non sono equiparabili alle sentenze di condanna ai fini dell’applicazione dell’art. 665 c.p.p. e, quindi, non hanno l’effetto di modificare la competenza del giudice dell’esecuzione già individuato.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile per colpa grave?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per colpa grave, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende. L’importo di tale somma è stabilito discrezionalmente dal giudice in base alla gravità della colpa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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