Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36423 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36423 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a LOCRI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/05/2025 del TRIBUNALE di ROMA, Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa in data 28 maggio 2025 il Tribunale di Roma, sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari, rigettava l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza resa da lla Corte d’Appello di Roma in data 5 marzo 2025 con la quale era stata rigettata l’istanza del NOME volta a ottenere la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, applicata all’imputato in virtù di due diverse ordinanze genetiche, con quella degli arresti domiciliari in relazione ai contestati reati di
trasferimento fraudolento di valori aggravato dall’agevolazione mafiosa per i quali il NOME , all’esito di giudizio abbreviato, era stato condannato alla pena di anni cinque di reclusione, ridotta in appello ad anni quattro e mesi sei di reclusione.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando due motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo deduceva inosservanza della legge penale e di norme processuali in relazione al difetto di competenza funzionale del giudice che aveva emesso il provvedimento impugnato.
Assumeva in particolare che la Corte d’Appello di Roma aveva giudicato sull’appello cautelare proposto dall’imputato in composizione diversa rispetto a quella che aveva giudicato il merito del processo, ciò che aveva determinato una incompetenza funzionale dell’organo giudicante, come tale rilevabile in ogni stato e grado del processo, così che il giudice del provvedimento impugnato aveva errato nel ritenere la questione a lui non devoluta in quanto dedotta non con l’atto di appello cautelare bensì con memoria difensiva depositata successivamente.
2.2. Con il secondo motivo deduceva violazione di legge nonché motivazione astratta e meramente apparente in relazione alla ritenuta ricorrenza delle esigenze cautelari e al rispetto del criterio di proporzionalità con riferimento alla misura cautelare adottata.
Assumeva che il vizio di incompetenza funzionale dell’organo giudicante dedotto con il primo motivo aveva comportato una mancata conoscenza del processo da parte del collegio giudicante, che non aveva avuto la materiale disponibilità degli atti , così che di necessità la motivazione dell’ordinanza impugnata si era risolta in una serie di argomentazione astratte e del tutto sganciate dalla vicenda concreta oggetto di giudizio.
Deduceva inoltre che il giudice della cautela aveva riportato in maniera pedissequa gli argomenti sviluppati in altra ordinanza emessa in relazione ad altro appello cautelare proposto dall’imputato, in tal modo omettendo di confrontarsi in maniera adeguata con le doglianze difensive, con particolare riguardo all’elemento di novità costituito dalla riduzione della pena di sei mesi in grado di appello e al dato relativo all’ulteriore tempo trascorso dall’applicazione della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Secondo il prevalente ma ormai consolidato orientamento del Giudice di legittimità, condiviso da questo Collegio, in tema di misure cautelari personali, per “giudice che procede” competente ai sensi dell’art. 279 cod. proc. pen. deve intendersi, qualora la misura cautelare non sia applicata contestualmente alla sentenza di condanna, non la persona fisica ma l’ufficio che ha la materiale disponibilità degli atti, in quanto la regola dell’immutabilità del giudice, ex art. 525, comma 2, cod. proc. pen., non riguarda il procedimento cautelare, che ha natura incidentale e carattere autonomo rispetto a quello principale (cfr., Sez. 5, n. 47398 del 14/09/2017, Gagliardi, Rv. 271854 – 01, che tratta di una fattispecie in cui la misura cautelare era stata applicata da un giudice per le indagini preliminari diverso dal giudice dell’udienza preliminare che aveva celebrato il rito abbreviato).
Peraltro, non trattandosi, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, di tema relativo alla capacità del giudice, il rilievo risulta tardivo in quanto proposto -come affermato nello stesso ricorso -non con l’atto di appello ex art. 310 cod. proc. pen., bensì con successiva memoria depositata anteriormente alla celebrazione dell ‘udienza camerale , laddove in tema di appello cautelare, la cognizione del giudice, in ossequio al principio della “doppia devoluzione”, è circoscritta ai motivi dedotti con l’atto di impugnazione, che, a loro volta, non possono esorbitare dal ” thema decidendum ” sottoposto al giudice di prima istanza, salvo il potere di quello del gravame di dichiarare le nullità assolute, rilevabili anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (v. in tal senso, Sez. 4, n. 576 del 18/12/2024, dep. 2025, Baffa, Rv. 287322 01).
Del pari inammissibile, in quanto del tutto generico, è il secondo motivo.
Risulta, invero, del tutto eccentrica l’affermazione della difesa secondo la quale il mutamento della composizione del Collegio rispetto a quella che aveva giudicato nel merito avrebbe impedito al giudice della cautela di conoscere la vicenda processuale in ragione della mancata disponibilità degli atti del processo.
Si rivela, d’altra parte, del tutto generica , in quanto priva di qualsivoglia riferimento a specifici elementi fatti oggetto di valutazione in sede cautelare e agli specifici punti della motivazione del provvedimento impugnato che non avrebbero fornito adeguate risposte alle doglianze difensive concernenti la riduzione, nella misura di sei mesi di reclusione, della pena inflitta all’imputato e l’ulteriore tempo trascorso da quest’ultimo in stato di custodia cautelare, l’affermazione secondo la quale la motivazione dell’ordinanza impugnata , oltre a non aver fornito adeguate risposte alle doglianze difensive, si sarebbe risolta nella pedissequa ripetizione degli argomenti sviluppati in altra (non meglio indicata) ordinanza resa il 30 novembre 2023 in relazione ad altro appello cautelare proposto dall’imputato .
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato , ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento. In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter , disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 07/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME