Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7271 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7271 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE DEL RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 04/07/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza in data 4 luglio 2024, il giudice delegato alla procedura della Sezione misure di prevenzione presso il Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile l’istanza con cui la Curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE ha chiesto la revoca del provvedimento, emesso in data 18.3.2024, con cui il medesimo giudice aveva rigettato la richiesta di assegnazione di un termine per presentare osservazioni e contestazioni alla integrazione del rendiconto finale, ai sensi dell’art. 43, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011.
Conviene premettere una sintesi delle vicende processuali. All’esito della procedura relativa a misura di prevenzione, che aveva portato alla liquidazione della società confiscata RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale, con provvedimento in data 13.3.2023, aveva disposto la restituzione alla Curatela del fallimento di detta
società della somma risultante dal rendiconto approvato in data 1.2.2023. Successivamente, il Tribunale chiedeva all’amministratore giudiziario di indicare su quali rapporti finanziari fosse confluita detta somma. L’Amministratore depositava tre nuove relazioni integrative del rendiconto finale di gestione (relazioni n. 71, 72, 73), dalle quali emergeva che la somma in questione era stata destinata a sostenere le spese necessarie e utili per la conservazione, la gestione e poi la chiusura dell’azienda. Con successivo decreto in data 16.2.2024, il Tribunale dichiarava d’ufficio non doversi procedere alla restituzione della somma in questione, in quanto utilizzata ai sensi dell’art. 41, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011. La Curatela presentava quindi istanza di assegnazione di un termine per presentare osservazioni alle suddette relazioni integrative, ai sensi dell’art. 43, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011. Tale istanza veniva rigettata dal giudice delegato. La ricorrente proponeva opposizione avverso tale provvedimento ex art. 666 cod. proc. pen. Il giudice delegato, con provvedimento in data 4 luglio 2024, rigettava l’eccezione di incompetenza a favore del Tribunale in composizione collegiale formulata dalla Curatela e dichiarava inammissibile l’opposizione.
Avverso tale provvedimento la Curatela del fallimento della società RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione formulando due motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, deducendo il difetto di competenza funzionale del giudice delegato a decidere sull’opposizione presentata dalla ricorrente. In modo contraddittorio il giudice delegato ha dichiarato inammissibile l’opposizione, ritenendo applicabile l’art. 175, comma 6, cod. proc. pen. – il quale individua nel ricorso per cassazione lo strumento di impugnazione avverso il rigetto dell’istanza di rimessione in termini – mentre poi ha affermato la competenza funzionale del giudice delegato e non del collegio a decidere dell’opposizione, ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen.
Il ricorrente, inoltre, sostiene che l’istanza di revoca del provvedimento, che aveva rigettato la richiesta di assegnazione di un termine, doveva qualificarsi come opposizione proposta nelle forme dell’incidente di esecuzione, in conformità con la giurisprudenza di legittimità prevalente, la quale ha altresì ritenuto che la competenza a decidere su detta opposizione spetta al Collegio (si richiama in proposito Sez. 1, n. 21121 del 02/03/2021, Rv. 281369 e altre pronunce conformi). Pertanto, il provvedimento impugnato sarebbe stato emesso da giudice incompetente.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione. Erroneamente il giudice delegato avrebbe ritenuto che la Curatela avesse chiesto la rimessione nei termini ex art. 175 cod. proc. pen., avendo invece
richiesto la assegnazione di un termine per la presentazione di osservazioni ex art. 43, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011; osservazioni che si erano rese necessarie dopo che, proprio su sollecitazione del giudice delegato, l’amministratore giudiziario aveva depositato tre relazioni integrative che avevano modificato la situazione rappresentata dalla relazione di rendiconto finale; per tale ragione era stato chiesto di attivare la procedura prevista dal comma 4 del citato art. 43.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Considerato in diritto
Il primo motivo di ricorso è fondato, con assorbimento del secondo.
Ne consegue l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e la trasmissione degli atti al Tribunale di Roma in composizione collegiale per la decisione sulle doglianze proposte avverto la decisione adottata dal giudice delegato.
La questione prospettata dal ricorrente, concernente l’individuazione del giudice competente a decidere sull’opposizione avverso l’ordinanza emessa dal giudice delegato, si inserisce nell’ambio della procedura disciplinata dall’art. 43, d.lgs. n. 159 del 2011, relativa all’approvazione del rendiconto della gestione dei beni sequestrati o confiscati.
Tale disposizione stabilisce che, una volta che l’amministratore giudiziario ha depositato il rendiconto, il giudice delegato ne verifica la regolarità e completezza, invitando, se del caso, l’amministratore ad effettuare, entro il termine indicato, le eventuali e opportune modifiche o integrazioni. A seguito di tali attività il giudice delegato ordina il deposito del rendiconto in cancelleria, unitamente ai documenti allegati, assegnando un termine per la presentazione di eventuali osservazioni e contestazioni agli interessati, al Pubblico Ministero e alla Agenzia per i beni confiscati. A tale deposito segue una prima fase necessaria, tenuta dal giudice delegato nella c.d. udienza di rendiconto, caratterizzata dalla assenza di formalità, dove, se non sorgono o non continuano ad essere sostenute contestazioni, il rendiconto viene approvato. Vi è, poi, una ulteriore fase, eventuale, nel caso in cui le contestazioni al rendiconto permangano. In questo caso il giudice delegato deve necessariamente fissare udienza davanti al collegio, il quale approva il conto o invita l’amministratore a sanare le irregolarità. Avverso l’ordinanza adottata dal collegio è ammesso il ricorso per cassazione.
L’art 43 nulla prevede in ordine ai rimedi esperibili avverso i provvedimenti adottati dal giudice delegato.
Al fine di affrontare tale questione, conviene premettere che gli artt. 35 e seguenti del d.lgs. n. 159 del 2011 disciplinano l’amministrazione dei beni sottoposti a sequestro o confisca mutuando, almeno in parte, le forme e le cadenze delle procedure fallimentari.
In particolare, l’art. 35, comma 1, stabilisce che con il provvedimento di sequestro il Tribunale nomina il giudice delegato alla procedura e un amministratore giudiziario, ai quali il decreto attribuisce la gestione e l’amministrazione dei sequestrati, nell’arco di tempo compreso tra l’imposizione del sequestro e la decisione definitiva di confisca.
All’amministratore giudiziario è attribuito «il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all’amministrazione dei beni sequestrati nel corso dell’intero procedimento, anche al fine di incrementare, se possibile, la redditività dei beni medesimi», nel rispetto delle indicazioni provenienti dal giudice delegato. Questi, ai sensi dell’art. 40 comma 1, ha il compito di impartire «le direttive generali dei beni sequestrati, anche tenuto conto degli indirizzi e delle linee guida adottati dal consiglio direttivo dell’Agenzia» nazionale prevista dallo stesso testo legislativo. Il comma 4 dell’art. 35 riconosce ad ogni soggetto interessato la possibilità di reclamare, davanti al giudice delegato, gli atti dell’amministratore giudiziario adottati in violazione del decreto.
L’art. 41, comma 4, in tema di gestione di aziende sequestrate, precisa poi che «i rapporti giuridici connessi all’amministrazione dell’azienda sono regolati dalle norme del codice civile, ove non espressamente altrimenti disposto».
Tra i compiti specificamente assegnati al giudice delegato vi è quello individuato dall’art. 40, comma 2, d.lgs n. 159 del 2011 di adottare, nei confronti della persona sottoposta alla procedura e della sua famiglia, i provvedimenti di cui all’art. 47 della legge fall. Più precisamente, prima delle modifiche introdotte dalla legge n. 161 del 2017, l’art. 40 comma 2 attribuiva al giudice delegato l’adozione del provvedimento di concessione di un «sussidio a titolo di alimenti» a favore della persona sottoposta alla procedura e della sua famiglia» (art. 47, comma 1, legge fall.), nonché quello di autorizzazione a godere della casa di abitazione (previsto dal comma 2, dell’art. 47 legge fall.).
A seguito delle modifiche introdotte nel 2017, residua in capo al giudice delegato il potere di adottare i provvedimenti di cui all’art. 47, comma 1, legge fall., mentre l’art. 40, comma 2-bis, attribuisce al Tribunale la competenza ad adottare i provvedimenti di cui al comma 2 dell’art. 47 legge fall.
4. La giurisprudenza di legittimità ha, a più riprese, affrontato la questione dei rimedi esperibili avverso i provvedimenti adottati dal giudice delegato ai sensi del richiamato art. 40.
Sul presupposto che «nel procedimento di prevenzione, i provvedimenti adottati dal giudice delegato, stante il principio di tassatività delle impugnazioni ex art. 568 cod. proc. pen., non sono impugnabili perché manca al riguardo un’espressa previsione», con orientamento ormai consolidato questa Corte ha individuato il rimedio azionabile avverso i suddetti provvedimenti adottati dal giudice delegato nell’opposizione davanti al tribunale in composizione collegiale mediante incidente di esecuzione e il rimedio avverso l’ordinanza collegiale emessa all’esito di tale opposizione nel ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 666, comma 6, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 13832 del 25/01/2018, COGNOME, Rv. 273039 – 01; Sez. 1, n. 6325 del 16/01/2015, Troia, Rv. 262428 – 01; Sez. 1 nr. 41690 del 15/10/2003, COGNOME ed altri, Rv. 226478; Sez. 1, nr. 2498 del 3/4/2000, COGNOME, Rv. 216019. Più di recente, v. Sez. 1, n. 21121 del 02/03/2021, COGNOME, Rv. 281369 – 01).
Si è invero ritenuto che tale conclusione si imponesse in ragione «dell’esigenza di consentire una forma di controllo e di verifica da parte di autorità giudiziaria diversa da quella che ha imposto il provvedimento sfavorevole» (Sez. 1, n. 6325 del 16/01/2015, Troia, cit.), nonché al fine di evitare disarmonie di sistema e ingiustificate disparità di trattamento con la disciplina fallimentare, la quale prevede la reclamabilità al Tribunale dei provvedimenti del giudice delegato e alla Corte d’appello di quelli del Tribunale.
Più in generale, il rimedio dell’opposizione è stato ritenuto esperibile anche con riguardo ai provvedimenti del giudice delegato diversi da quelli previsti dall’art. 40 cit., ma aventi natura dispositiva ed incidenti, a differenza di quelli di natura gestoria, in modo definitivo su diritti soggettivi. Si è invero osservato come l’opposizione attraverso le forme dell’incidente di esecuzione è idonea ad assicurare il doppio grado di giurisdizione di merito che assicura piena tutela giurisdizionale di interessi giuridicamente rilevanti (Sez. 1, n. 21121 del 02/03/2021, COGNOME Rv. 281369 – 01).
5. Ritiene il Collegio che non vi siano ragioni per discostarsi da tali conclusioni.
Invero, come è stato osservato, la competenza del giudice delegato «s’inserisce in un contesto normativo, che ha istituito nel procedimento di prevenzione, mutuando la relativa previsione dalla disciplina delle procedure concorsuali, le figure del giudice delegato e dell’amministratore giudiziario, quali organi deputati a condurre, in collaborazione tra loro, la gestione e l’amministrazione dei beni sequestrati» nel periodo intercorrente tra l’imposizione
del sequestro e la decisione definitiva di confisca, con compiti e procedure analoghi a quelli stabiliti nel procedimento fallimentare (Sez. 1, n. 6325 del 16/01/2015, Troia, cit.).
L’adozione, da parte del giudice delegato, di provvedimenti che – come nella specie – investono situazioni giuridiche soggettive, rende evidente la necessità di assicurare forme di controllo da parte dell’autorità giudiziaria in modo coerente con le caratteristiche della procedura. Ne consegue che, una volta riconosciuta in via generale l’opponibilità dei provvedimenti del giudice delegato che incidono su situazioni giuridiche soggettive, tale opposizione va proposta davanti al tribunale in composizione collegiale mediante incidente di esecuzione e che l’ordinanza collegiale emessa all’esito di tale opposizione sia ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 666, comma 6, cod. proc. pen.
A tale conclusione non è di ostacolo la previsione dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. che stabilisce che l’opposizione si propone «davanti allo stesso giudice», atteso che essa deve essere coordinata con le peculiarità della procedura disciplinata dagli artt. 35 ss, d.lgs. n. 159 del 2011, caratterizzata dalla presenza, nell’ambito del medesimo ufficio, del giudice delegato e del tribunale collegiale, secondo un modello ispirato alla procedura fallimentare.
Tali rilievi risultano dirimenti ed esimono, per la loro natura preliminare ed assorbente, dall’affrontare il secondo motivo di censura.
Quanto, infine, alla richiesta di liquidazione dei compensi in favore della difesa della Curatela ricorrente, ammessa al patrocino a spese dello Stato, osserva il Collegio che la stessa deve essere presentata ai giudici del merito dinanzi ai quali pende il procedimento.
PQM
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Roma, in composizione collegiale, per l’ulteriore corso.
Così deciso il 28 novembre 2024 Il Consigliere estensore Il Presidente