Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33706 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33706 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/07/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a Cernusco sul Naviglio DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/06/2024 della Corte d’appello di Brescia udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette la memoria, le conclusioni scritte e la nota spese depositata dal difensore della parte civile, AVV_NOTAIO;
lette la memoria e le conclusioni scritte depositate dall’AVV_NOTAIO nell’interesse dell’imputata, il quale ha insistito sui motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugNOME la Corte di appello di Brescia, giudicando sul rinvio della Corte di cassazione, limitatamente al trattamento sanzionatorio e alla confisca, in parziale riforma della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare
presso il Tribunale di Brescia del 26 aprile 2022, ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME in anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 1.200,00 di multa e ridotto a euro 8.000,00 la confisca per equivalente nei confronti della predetta.
COGNOME è stata condanNOME in relazione ai reati di associazione a delinquere finalizzata a commettere delitti contro il patrimonio, la fede pubblica e l’incolumità, truffa aggravata, commercio di farmaci contenenti sostanze dopanti acquisiti illegalmente e detenzione e commercio di medicinali guasti o imperfetti. Fatti commessi nel 2016.
2.Avverso la sentenza ricorre per cassazione COGNOME deducendo i motivi di annullamento di seguito sintetizzati ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge per non avere la Corte di appello rilevato la intervenuta prescrizione del reato di truffa e per non avere, conseguentemente, disposto la revoca della confisca e la restituzione di quanto oggetto del provvedimento ablatorio con particolare riferimento all’immobile di proprietà dell’imputata.
L’annullamento della sentenza di appello, seppure solo sulla confisca per equivalente relativa a un determinato reato, costituisce non un capo della sentenza ma un punto della stessa, afferente al reato che ne costituisce il presupposto e il fondamento. Tanto più se si considera la natura sanzionatoria della confisca per equivalente (SU 4145/2023).
Nel caso in esame, a ciò consegue l’estinzione per prescrizione del reato di truffa, reato presupposto della confisca per equivalente, punto annullato dalla sentenza della Corte di cassazione.
La COGNOME è stata ritenuta penalmente responsabile per il reato di truffa aggravata limitatamente alle condotte tenute dal 29 marzo 2016 sino al 5 aprile 2016 e non sino al gennaio 2017, come erroneamente addebitato nell’imputazione.
Il termine prescrizionale risulta integralmente decorso al 5 ottobre 2023 e dunque in data anteriore all’udienza del 7 marzo 2024, celebratasi innanzi alla Suprema Corte di cassazione, e all’udienza del 26 giugno 2024, tenutasi innanzi alla Corte d’appello di Brescia. Ne consegue che dall’ intervenuta prescrizione del reato di truffa discende la necessità di rideterminare il trattamento sanzionatorio e disporre la revoca della confisca per equivalente. La stessa, infatti, proprio in considerazione della sua natura sanzionatoria, non può essere disposta per i reati per i quali l’imputato sia stato prosciolto per la loro prescrizione, quantomeno per le condotte consumate prima dell’entrata in vigore dell’articolo 578-bis cod. proc. pen. che, invece, lo ha espressamente previsto (NUMERO_DOCUMENTO)
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
2.Nel caso di specie trovano applicazione i principi ripetutamente affermati dalla Corte in tema di giudicato progressivo – ricavati dall’art. 624 cod. proc. pen. che dispone che «Se l’annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata», previsione da cui si evince l’intrinseca irrevocabilità connaturata alle decisioni del giudice di legittimità ch non riguardano i capi e le parti oggetto di annullamento e non sono in connessione essenziale con quelle per le quali è stato disposto il nuovo giudizio: esse divengono, dunque, definitive ed acquistano autorità di cosa giudicata (Sez. U, n. 4904 del 26/03/1997, Attinà, Rv. 207640 – 01), rimanendo irrilevanti tanto l’assenza, nel dispositivo della sentenza rescindente, del dato meramente formale della declaratoria dell’intervenuto passaggio in giudicato della parte non annullata, quanto la temporanea ineseguibilità della decisione, quanto l’eventuale ritardo nella sua esecuzione (Sez. 2, n. 6287 del 15/12/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 217857 – 01; cfr. altresì, tra le pronunce più recenti, Sez. 3, n. 30805 del 15/01/2024, Elia, Rv. 286870 – 04);
2.1.Ciò posto, nel solco del principio a suo tempo affermato dai giudici di legittimità nel Supremo Consesso, secondo cui la possibilità di applicare l’art. 129 cod. proc. pen. in sede di rinvio, con riferimento alle cause estintive del reato sopravvenute all’annullamento, sussiste solo nei limiti della compatibilità con la decisione adottata in sede di legittimità e con il conseguente spazio decisorio attribuito in via residuale al giudice di rinvio, sicché, formatosi il giudica sull’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato, dette cause sono inapplicabili non avendo possibilità di incidere sul decisum (Sez. U, n. 4904 del 26/03/1997, Attinà, Rv. 207640 – 01), si è ritenuto che, qualora – come è accaduto nel caso di specie – siano state rimesse al giudice del rinvio le questioni relative ad aspetti di carattere sanzionatorio, il giudicato formatosi sull’accertamento del reato e sulla responsabilità dell’imputato impedisce la declaratoria di estinzione del reato per cause sopravvenute alla sentenza rescindente (cfr., per fattispecie relative a reati in relazione ai quali, dopo la pronuncia d’annullamento, erano maturati i termini di prescrizione del reato, Sez. 4, n. 114 del 28/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274828 – 01 1 e Sez. 6, n. 12717 del 31/01/2019, COGNOME, Rv. 276378 – 01, secondo cui «In caso di annullamento parziale della sentenza, qualora siano rimesse al giudice del rinvio questioni relative al riconoscimento di
una circostanza aggravante comune, il giudicato formatosi sull’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione sopravvenuta alla pronuncia di annullamento»).
3.Nel caso in esame, la Corte di cassazione i con la sentenza rescindente ha ritenuto i primi tre motivi di ricorso proposti da COGNOME NOME, afferenti rispettivamente al reato associativo (capo 10), e alla truffa aggravata (capo 12) «non consentiti, in quanto costituiti da mere doglianze di fatto, tutte finalizzate a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità e reiterativi di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale».
La Corte ha, invece, accolto il quarto motivo concernente la mancata esplicitazione delle ragioni poste a base della misura degli aumenti di pena per i reati satellite avvinti in continuazione, ed il sesto motivo, ritenuto correttamente individuato il profitto del reato di truffa nel prezzo di mercato delle singol confezioni di farmaci, limitatamente alla responsabilità solidale propria del concorso di persone nel reato in tema di confisca per equivalente.
3.12inamnnissibilità dell’impugnazione sul capo della responsabilità in relazione al delitto di truffa paralizza, sin dal suo insorgere, i poteri decisori d giudice del rinvio, il quale, al di là dell’accertamento dei profili devoluti, non abilitato a occuparsi del merito e a rilevare, a norma dell’ 129 cod. proc. pen., cause di non punibilità, quale l’estinzione del reato per prescrizione, sia se maturata successivamente alla sentenza d’appello impugNOME sia se verificatasi in precedenza, nel corso cioè del giudizio definito con tale sentenza, destiNOME a rimanere immodificabile, proprio perché contrastata da una impugnazione inammissibile. Diversamente opinando, si verificherebbe una impropria “sanatoria” delle situazioni di inammissibilità e risulterebbe arbitrariamente alterato il fisiologico svolgimento dell’iter processuale.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato con condanna della COGNOME al pagamento delle spese processuali.
Non può trovare accoglimento la richiesta di rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, posto che, oggetto del presente giudizio è unicamente il trattamento sanzionatorio.
In tema di impugnazioni, infatti, qualora dall’eventuale accoglimento del ricorso proposto dall’imputato non possa derivare alcun pregiudizio alla parte civile, quest’ultima, non avendo interesse a formulare proprie conclusioni nel
giudizio, non ha titolo alla rifusione delle spese processuali in caso di rigetto o declaratoria di inammissibilità del ravame (Sez. 2, n. 18265 del 16/01/2015, COGNOME e altri, Rv. 263791 4attispecie relativa a ricorso per cassazione proposto dall’imputato, avente ad oggetto la declaratoria di inammissibilità nel giudizio di appello della richiesta di applicazione dell’istituto della messa alla prova e il computo della pena).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 4 luglio 2025
sore
Il Presidente