Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46706 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46706 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANIA il 22/04/1971
avverso l’ordinanza del 22/03/2024 del TRIBUNALE di CATANIA, sezione per il riesame delle misure cautelari;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale dr. COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza resa il 22 marzo 2024 il Tribunale di Catania, sezione per il riesame delle misure cautelari, annullava il decreto di sequestro preventivo emesso, ai sensi degli artt. 240 bis cod. pen. e 321 cod. proc. pen., dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania in data 26 febbraio 2024 nei confronti di COGNOME NOME, imputato, tra l’altro, del delitto di usura, limitatamente a due fedi nuziali, e confermava nel resto il decreto di sequestro, che aveva ad oggetto anche gioielli e monili in oro.
Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando tre motivi di doglianza.
2.1. COGNOME Con il primo motivo deduceva inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione agli artt. 125 comma 3 e 321 cod. proc. pen.
Assumeva, in particolare, che con la sentenza resa in data 1 marzo 2024 la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso dell’imputato, aveva annullato l’ordinanza resa dal Tribunale del riesame il 23 novembre 2023, con la quale era stata disposta la restituzione all’imputato dei monili in sequestro in considerazione dell’assenza di una valutazione economica dei medesimi, ed era stato, nel contempo, confermato il sequestro delle somme di denaro, così che si era formato il giudicato cautelare, che nuovo il decreto di sequestro emesso in data 26 febbraio 2024, su menzionato, aveva violato.
2.2. NOME Con il secondo motivo deduceva inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità e inutilizzabilità in relazione agli artt. 125 comma 3, 321, 335 commi 1 e 3 e 407 cod. proc. pen., 6 d.m. 264/2000.
Osservava, in particolare, che la valutazione dei monili in sequestro era stata effettuata da un consulente tecnico incaricato dal pubblico ministero e che tale consulenza era inutilizzabile nei confronti dell’imputato in quanto depositata il 18 dicembre 2023, dunque successivamente alla scadenza del termine delle indagini preliminari ex art 407 cod. proc. pen., termine che era scaduto in data 1 settembre 2023; assumeva, ancora, che la motivazione resa sul punto con l’ordinanza impugnata era meramente apparente, considerato che la documentazione prodotta dal pubblico ministero relativa a una nuova iscrizione del COGNOME nel registro degli indagati – costituita dalla fotocopia della copertina del fascicolo sulla quale era stata annotata la nuova iscrizione – era inidonea a dimostrare tale adempimento.
2.3. COGNOME Con il terzo motivo di doglianza la difesa deduceva inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione agli artt. 125 comma 3 e 321 cod. proc. pen.
Assumeva, in particolare, che la motivazione resa dall’ordinanza impugnata riguardo alla sussistenza del periculum in mora era meramente apparente, essendo stato, il detto requisito, ritenuto sussistenze sulla base della mera considerazione della natura dei beni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Quanto al primo motivo deve osservarsi che, in tema di impugnazione delle misure cautelari reali, la preclusione del giudicato cautelare, derivante da una GLYPH precedente GLYPH pronuncia GLYPH del GLYPH tribunale GLYPH del GLYPH riesame GLYPH sul disposto sequestro preventivo, concerne le sole questioni dallo stesso trattate, in quanto formalmente dedotte, nonché quelle con queste ultime inscindibilmente connesse, essendo preordinata ad evitare ulteriori interventi giudiziari in assenza di una modifica della situazione di riferimento, sicché può essere superata solo laddove intervengano elementi nuovi che alterino il quadro precedentemente definito (Sez. 3, n. 10245 del 15/02/2024, Valbit, Rv. 286040 – 01).
Orbene, nel caso di specie, l’elemento nuovo che consente di superare la preclusione derivante dal giudicato cautelare è costituito dalla relazione resa dal consulente incaricato dal pubblico ministero che ha effettuato una valutazione dei monili in sequestro.
Il primo motivo è, pertanto, inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Riguardo al secondo motivo, deve ritenersi che il pubblico ministero abbia adeguatamente dimostrato, mediante la produzione di copia della copertina del fascicolo processuale contenente le relative annotazioni, la nuova iscrizione del COGNOME nel registro degli indagati per ulteriori nuovi reati, con conseguente tempestività del deposito della consulenza tecnica che ha valutato i monili in sequestro (al riguardo l’ordinanza impugnata, a pag. 5, rileva correttamente che la consulenza tecnica del pubblico ministero “è stata depositata in data 18.12.2023, quando il termine di cui all’art. 407 c.p.p. non era decorso. Risulta infatti dalla documentazione prodotta dal P.M. che dopo la prima iscrizione a carico di COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 644 c.p., oggetto di proroga in data 25.5.2023, in data 12.5.2023 orano iscritti altresì COGNOME NOME e COGNOME NOME. Inoltre in data 13.9.2023 il P.M. procedeva a nuova iscrizione, “come da richiesta di conversione in sequestro preventivo…” a carico, tra l’altro, dell’odierno ricorrente).
La difesa ritiene, senza esplicitarne le ragioni, che la detta annotazione nella copertina del fascicolo processuale sia inidonea a dimostrare l’avvenuta nuova iscrizione dell’odierno ricorrente nel registro degli indagati, ritenendo erroneamente che tale prova avrebbe richiesto necessariamente la produzione
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delle relative note di iscrizione al S.I.C.P. alla luce dell’utilizzazione dell’avverbio “verosimilmente”, da parte dell’ordinanza impugnata: espressione che non può porre comunque in dubbio il fatto oggettivo della nuova iscrizione.
In ogni caso va rilevato che, secondo l’opinione del Giudice di legittimità, condivisa da questo Collegio, nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero – salvi i casi di mutamento della qualificazione giuridica del fatto o dell’accertamento di circostanze aggravanti – deve procedere a nuova iscrizione nel registro delle notizie di reato sia quando acquisisce elementi in ordine ad ulteriori fatti costituenti reato nei confronti della stessa persona, sia quando raccolga elementi in relazione al medesimo o ad un nuovo reato a carico di persone diverse dall’originario indagato; ne consegue che il termine per le indagini preliminari decorre in modo autonomo per ciascun indagato dal momento dell’iscrizione del suo nominativo nel registro delle notizie di reato e, per la persona originariamente sottoposta ad indagini, da ciascuna successiva iscrizione (cfr. Sez. 2, n. 22016 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 276965; in motivazione la Corte ha precisato che per determinare il dies a quo ai fini della decorrenza dei termini di durata massima delle indagini preliminari relativi a diversi fatti iscritti sotto lo stesso numero in momenti differenti, l’unico criterio è quello di ordine sostanziale desumibile dall’art. 335, comma 2, cod. proc. pen., secondo cui, quando non si tratti di mutamento della qualificazione giuridica del fatto né di diverse circostanze del medesimo fatto, non può parlarsi di aggiornamento di iscrizioni, ma di iscrizione autonoma: in tal senso, v. anche, Sez. 4, n. 32776 del 06/07/2006, COGNOME, Rv. 238422; Sez. 3, n. 32998 del 19/03/2015, M., Rv. 264191; Sez. 2, n. 150 del 18/10/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 254676; Sez. 6, n. 29151 del 09/05/2017, COGNOME, Rv. 270573; Sez. 5, n. 34510 del 21/06/2018, COGNOME, n.m.; Sez. 2, n. 1569 del 08/01/2016, Notaro, n.m.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Pertanto anche il secondo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto manifestamente infondato,
Parimenti inammissibile è il terzo motivo in quanto teso a una non consentita rivalutazione in fatto delle risultanze istruttorie considerate dal giudice della cautela ai fini dell’accertamento del requisito del periculum in mora.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18/09/2024