Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19087 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19087 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Caivano il 15/9/1970
avverso l’ordinanza del 6/2/2025 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile
il ricorso.
Depositata in Cancelleria
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RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6 febbraio 2025 il Tribunale di Napoli ha rigettato l’appello cautelare proposto da NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del 13 dicembre 2024 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale è stata rigettata l’istanza dello stesso COGNOME di sostituzione con gli arresti domiciliari della misura cautelare della custodia in carcere, applicatagli per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90 e per tre contestazioni del reato di cui all’a 73 d.P.R. 309/90.
Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato NOME COGNOME che lo ha affidato a un unico articolato motivo, mediante il quale ha denunciato, a norma dell’art. 606, primo comma, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/90 e degli artt. 125, terzo comma, 274 e 275 cod. proc. pen., e un vizio della motivazione.
Ha lamentato, in particolare, l’insufficiente considerazione degli elementi addotti allo scopo di consentire di superare la presunzione relativa di adeguatezza della sola custodia in carcere, consistenti nella possibilità di eseguire gli arrest domiciliari presso l’abitazione della madre del ricorrente, in un’altra regione, distante dal contesto criminale nel quale, secondo la contestazione, erano state realizzate le condotte contestate.
Tale prospettazione era stata disattesa dal Tribunale in considerazione della perdurante contiguità dell’indagato con ambienti di criminalità organizzata, riferita da svariati collaboratori di giustizia, benché le dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME fossero già state dichiarate inutilizzabili e quanto riferito dal collaboratore NOME COGNOME sia estraneo alle indagini.
Sarebbero, inoltre, stati erroneamente considerati i dati dello svolgimento di attività lavorativa lecita e della disponibilità di un’auto, ritenuta di lusso benc immatricolata nel 2006.
Ha contestato anche l’attualità delle esigenze cautelari, sottolineando che l’ordinanza applicativa della misura cautelare riguarda fatti commessi tra il 2019 e il 2020, con la conseguente necessità di una rigorosa motivazione sulla attualità delle esigenze e sui criteri di scelta della misura, sottolineando che le proprie precedenti condanne risalivano al 1994 e al 2016 e che da tali condanne si era dedicato ad attività lavorative lecite, e anche che l’esecuzione degli arresti domiciliari in Cosenza, presso l’abitazione della madre, avrebbe consentito l’allontanamento da contesti criminali.
Il Procuratore Generale ha concluso nelle sue richieste scritte per l’inammissibilità del ricorso, sottolineando che l’ordinanza applicativa della misura cautelare era stata confermata dal Tribunale di Napoli, che aveva rigettato la richiesta di riesame proposta dal ricorrente, e che il ricorso per cassazione proposto dallo stesso COGNOME avverso la relativa ordinanza, con il quale erano già stati evidenziati i dati del tempo trascorso dai fatti e della distanza del luog dove eseguire gli arresti domiciliari, era stato dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Con la sentenza n. 10349 del 2025 questa Terza Sezione ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal medesimo NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza del 21 ottobre 2024 del Tribunale di Napoli, con la quale era stata rigettata la richiesta di riesame presentata dal medesimo COGNOME nei confronti dell’ordinanza del 12 settembre 2024 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale era stata applicata al ricorrente la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione al reato associativo di cui all’art 74 d.P.R. 309/90, di cui al capo a), e a tre contestazioni di reati fine ex art. 73 d.P.R. 309/90, di cui ai capi 32), 34) e 36), misura che è l’oggetto della richiesta di sostituzione disattesa sia dal Giudice per le indagini preliminari sia dal Tribunale con l’ordinanza di rigetto dell’appello cautelare proposto dall’indagato e ora impugnata.
A sostegno di tale primo ricorso per cassazione il COGNOME aveva lamentato, con il terzo motivo, la violazione degli artt. 125, terzo comma, 273 e 274 cod. proc. pen., nonché degli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/90, con riferimento sia alla adeguatezza della misura cautelare della custodia in carcere, che sarebbe stata confermata senza valutare sufficientemente la possibilità di salvaguardare le esigenze cautelari mediante la misura degli arresti domiciliari da eseguire in un’altra regione, presso l’abitazione della madre del ricorrente, idoneità che era stata esclusa sulla base di un generico riferimento alla possibilità di proseguire l’attività illecita utilizzando dei telefoni, modalità della quale, però, non ave riferito nessuno dei collaboratori di giustizia; sia con riferimento al giudizio attualità delle esigenze cautelari, tenendo conto della cessazione dell’attività del sodalizio nell’agosto 2020, della commissione dell’ultimo reato nel 2016 e del successivo svolgimento da parte del ricorrente di attività lavorativa.
Si tratta, evidentemente, delle medesime doglianze proposte con il ricorso in esame, già ritenute manifestamente infondate, riproposte senza alcun elemento
di novità, con la conseguente inammissibilità delle stesse, stante la preclusione derivante dal cosiddetto giudicato cautelare formatosi sul punto.
La preclusione derivante da una precedente pronuncia del Tribunale del riesame concerne le questioni esplicitamente o implicitamente trattate, con la sola
esclusione di quelle deducibili e non dedotte, cosicché detta preclusione opera allo stato degli atti ed è preordinata a evitare ulteriori interventi giudiziari in assen
di una modifica della situazione di riferimento, con la conseguenza che essa può
essere superata solo laddove intervengano elementi nuovi che alterino il quadro precedentemente definito (Sez. 2, n. 49188 del 09/09/2015, Masone, Rv. 265555
– 01; Sez. 5, n. 1241 del 02/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261724 – 01).
Nel caso in esame non è stato allegato alcun elemento nuovo o diverso rispetto a quelli posti a fondamento della richiesta di riesame disattesa dal medesimo
Tribunale, essendo, anzi, sia la richiesta di sostituzione della misura, sia l’appello cautelare avverso il relativo diniego, sia il nuovo ricorso per cassazione stati
fondati sugli stessi aspetti di fatto e sui medesimi argomenti, con la conseguente inammissibilità della proposizione delle medesime censure a sostegno della
richiesta di sostituzione della stessa misura e delle successive impugnazioni.
Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, a cagione della manifesta infondatezza, derivante dalla preclusione conseguente al giudicato cautelare, delle censure alle quali è stato affidato.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 13/5/2025