Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1270 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1270 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Torre del Greco (Na) il 30/6/1995
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Milano del 12/9/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 12/9/2023, il Tribunale del riesame di Milano, in sede di appello cautelare, riformava – quanto ai capi 1 e 1.9 – l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale il 24/7/2023 nei confronti di NOME COGNOME con la quale era stata revocata la misura cautelare della custodia in carcere e disposta l’immediata liberazione dell’indagato.
Propone ricorso per cassazione l’COGNOME, deducendo – con unico motivo la mancanza o la manifesta contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza del giudicato cautelare. Il Tribunale avrebbe riconosciuto tale giudicato pur a fronte di una richiesta di riesame – avanzata sul provvedimento genetico che avrebbe avuto ad oggetto soltanto i gravi indizi di colpevolezza, non le esigenze cautelari; in ordine a queste, pertanto, non avrebbe operato alcuna preclusione processuale, come peraltro affermato dalla costante giurisprudenza di legittimità, così da doversi annullare il provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Il Tribunale del riesame ha fatto corretta applicazione dei principi in tema di giudicato cautelare, ribadendo che la preclusione conseguente alle pronunzie emesse nel procedimento incidentale di impugnazione ha una portata più ristretta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, coprendo solo le questioni dedotte ed effettivamente decise ed essendo limitata allo stato degli atti, sicché solo l’allegazione di un mutamento della situazione processuale impone un nuovo esame della vicenda (tra le molte, Sez. 3, n. 24256 del 21/4/2023, Drewes, Rv. 284683).
Tanto premesso, l’ordinanza ha sottolineato che il provvedimento genetico era stato impugnato ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ed era stato confermato con riguardo tanto al fumus commissi dellcti quanto al periculum in mora; tale ultimo profilo, per quanto estraneo alla richiesta di riesame, era stato dunque trattato dal Tribunale della libertà, come verificato anche da questo Collegio, sicché anche sul punto si era formato il giudicato cautelare (nei termini appena richiamati), peraltro in assenza di ricorso per cassazione.
Di seguito, l’ordinanza impugnata ha sottolineato che proprio in tema di esigenze cautelari l’indagato non aveva rappresentato al G.i.p. alcun elemento nuovo, diverso o ulteriore rispetto a quelli già esaminati dal Tribunale del riesame ex art. 309 cod. proc. pen., e tale da suggerire una rivalutazione del quadro cautelare.
6.1. Nessuna censura, pertanto, può essere mossa al provvedimento qui in esame, che ha fatto corretta applicazione dei principi appena richiamati, riscontrando un giudicato cautelare ormai formatosi e l’assenza di presupposti idonei a superarlo. Al riguardo, peraltro, non rileva l’unica circostanza dedotta nel ricorso, ossia che le esigenze cautelari (valorizzate dal G.i.p. per revocare la misura) non avrebbero costituito oggetto della richiesta di riesame, in quanto come già sottolineato – il medesimo profilo era stato comunque trattato
nell’ordinanza di conferma del provvedimento genetico, che non era stata impugnata.
Il ricorso, peraltro, risulta inammissibile anche sotto un diverso profilo.
7.1. Il Giudice dell’appello cautelare ha sottolineato che, “anche a prescindere dalla violazione del giudicato cautelare”, l’impugnazione proposta dal Pubblico ministero era fondata nel merito, sussistendo gravi esigenze tali da giustificare il ripristino della misura custodiale, come da considerazioni sviluppate alle pagg. 67; ebbene, il ricorso non si confronta affatto con questa parte dell’ordinanza, alla quale non dedica alcun passaggio, così da dover essere dichiarato inammissibile.
Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.NII.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024.