Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34675 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2   Num. 34675  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nata a Napoli il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 03/06/2025 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; lette le richieste del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile; lette le memorie di replica del difensore della ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso. 
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, in funzione di Tribunale del riesame, ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME, quale terza interessata, avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 10 aprile 2025 aveva a sua volta rigettato l’istanza di restituzione della somma di euro 57.000,00, oggetto di sequestro preventivo nei confronti del padre, NOME COGNOME, in relazione al delitto di autoriciclaggio.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo un unico, articolato motivo di impugnazione, con cui lamenta, sotto il profilo della violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., la carenza ovvero la mera apparenza della motivazione, laddove, ricalcando pedissequamente le considerazioni del Giudice per le indagini preliminari e del Pubblico Ministero e valorizzando impropriamente il giudicato cautelare, il Tribunale ometterebbe di misurarsi con i nuovi elementi allegati dalla parte (dichiarazioni rese al difensore dallo zio NOME COGNOME e conversazioni intercettate in altro procedimento). Peraltro, la suddetta preclusione avrebbe dovuto impedire la trasmissione di ulteriori atti da parte del Pubblico Ministero.
Si Ł proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile.
In tema di impugnazioni cautelari reali, la preclusione del giudicato cautelare concerne solo le questioni esplicitamente o implicitamente trattate e non anche quelle
deducibili e non dedotte; pertanto, detta preclusione opera allo stato degli atti, ed Ł preordinata ad evitare ulteriori interventi giudiziari in assenza di una modifica della situazione di riferimento, con la conseguenza che essa può essere superata laddove intervengano elementi nuovi che alterino il quadro precedentemente definito (Sez. 3, n. 10245 del 15/02/2024, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 286040-01; Sez. 2,  n. 49188 del 09/09/2015, Masone, Rv. 265555-01).
Nel caso di specie, per quanto qui rileva, questa Corte aveva già ritenuto meramente fattuali e, dunque, non consentite, le censure dell’odierna ricorrente relative alla ribadita «riconducibilità della somma di denaro al padre COGNOME. Il dato era stato ragionevolmente desunto non solo dal rinvenimento della somma di denaro nello studio di COGNOME e dal messaggio whatsapp con il quale l’indagato, in corso di perquisizione, sollecitava il fratello a spostare il denaro per impedirne il ritrovamento, ma anche per l’incongruenza cronologica sia del contratto preliminare di vendita tra la COGNOME e lo zio, asseritamente giustificativo della presenza del denaro, sia delle cambiali, rispetto al momento della perquisizione . In sostanza nel ricorso ci si limita contestare il provvedimento, proponendo una diversa lettura dei dati processuali ovvero una diversa ricostruzione storica dei fatti non consentita in sede di legittimità» (Sez. 2, n. 41861 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287165-01, in motivazione).
Il Tribunale, muovendo da tali basi procedimentali, ha ritenuto, condividendo le riflessioni del primo giudice e senza fare leva su ulteriori atti di indagine, che non fossero emersi elementi nuovi idonei a far superare la preclusione intervenuta sul punto, anche avuto riguardo alla implausibilità della tesi difensiva della pertinenza dei contanti alla figlia dell’indagato (posto che il contratto preliminare tra costei e lo zio «risulta successivo al sequestro»).
4.1. In primo luogo, per quel che concerne la pretesa ripetizione meramente tralaticia degli argomenti già svolti nell’ordinanza impugnata, il Collegio condivide e intende ribadire il principio di diritto per cui l’ordinanza cautelare adottata dal tribunale del riesame non richiede, a pena di nullità, l’autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari; invero, tale requisito Ł previsto dall’art. 292, comma 2, cod. proc. pen. con riguardo alla sola decisione adottata dal giudice che emette la misura inaudita altera parte ed Ł funzionale a garantire l’equidistanza tra l’organo requirente che ha formulato la richiesta e l’organo giudicante (Sez. 1, n. 8518 del 10/09/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280603-01; Sez. 6, n. 1016 del 22/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278122-01).
4.2. In ogni caso, in materia di cautela reale, l’art. 325 cod. proc. pen. consente il ricorso per cassazione soltanto per violazione di legge (nel cui ambito deve includersi anche la motivazione omessa o soltanto apparente).
Non sono, dunque consentiti, i profili di censura diretti in concreto – come nel caso di specie, sotto l’abito del vizio di omessa motivazione – a contestare semplicemente la tenuta logica dell’apparato argomentativo.
Il  Tribunale,  infatti,  seppure  in  termini  sintetici,  dà  conto  adeguatamente  della insufficienza dei nova dedotti dalla difesa (che, peraltro, non muove rilievi all’osservazione in merito alla discrasia cronologica tra la ricostruzione alternativa proposta e la collocazione temporale degli atti  che  dovrebbero  confortare  la  tesi  della  ricorrente)  a  mutare  la valutazione di effettiva riconducibilità a NOME COGNOME del denaro sequestrato nel suo studio.
4.3. Le censure non risultano, dunque, consentite.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, nulla aggiungendo
alle riflessioni che precedono la memoria di replica depositata dalla difesa l’8 ottobre 2025.
Ai  sensi  dell’art.  616  cod.  proc.  pen.,  la  ricorrente  deve  essere  condannata  al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 16/10/2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME