Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 499 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 22/11/2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 499 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Maddaloni il 19/04/1968
COGNOME NOME nato a Maddaloni il 09/12/1992
avverso la sentenza del 07/05/2024 della Corte d’appello di Napoli
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 07/05/2024 la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 25/10/2022 e per l’effetto condannava NOME COGNOME e COGNOME NOME alla pena di mesi 6 di arresto in relazione al reato di cui all’articolo 256, comma 1, lettera a), d. lgs. 152/2006, in relazione alla attività di raccolta, trasporto e recupero di rifiuti speciali non pericolosi.
Avverso tale sentenza gli imputati propongono, tramite il comune difensore, ricorso congiunto per cassazione.
2.1. Con un primo motivo, lamentano violazione di norme processuali – il riferimento all’art. 606 lettera c) Ł verosimilmente un refuso, dovendosi leggere come lettera b), avendo poi i ricorrenti dedotto violazione di legge) – e vizio di motivazione in relazione all’articolo 256 d. lgs. 152/2006. La Corte di appello ha confermato la condanna pur in presenza di un reato ‘proprio’ riferibile ai soli imprenditori, categoria cui non appartengono gli imputati.
Inoltre, le pronunce di merito non chiariscono se la condotta di gestione incriminata fosse autonoma rispetto alla condotta di abbandono ovvero fosse ad essa meramente preparatoria e quindi priva di
rilevanza penale.
2.1. Con un secondo motivo, lamentano violazione di norme processuali – il riferimento all’art. 606, lettera c), Ł verosimilmente un refuso, dovendosi leggere come lettera b), avendo poi i ricorrenti dedotto violazione di legge – e vizio di motivazione in relazione all’articolo 256 d. lgs. 152/2006. La condotta degli imputati era connotata da occasionalità, circostanza non valorizzata dalle sentenze, che hanno fatto esclusivo riferimento al dato quantitativo dei rifiuti.
Evidenziano anche la sussistenza di un travisamento della prova, laddove si legge che gli imputati stavano effettuando attività di raggruppamento e cernita dei rifiuti, laddove li stavano semplicemente raccogliendo.
Inoltre, poichØ il materiale era destinato alla commercializzazione, non sussisterebbe neppure la violazione contestata.
2.3. Con un terzo motivo lamentano la violazione degli articoli 133 e 62bis cod. pen., in relazione al mancato riconoscimento dele circostanze attenuanti generiche e alla quantificazione della pena.
2.4. Con il quarto motivo, che in rubrica non riporta alcuna violazione di legge, si censura la confisca operata dell’autocarro, che non Ł mai stato oggetto di sequestro; pertanto, su tale aspetto l’imputato non Ł mai stato messo in condizioni di difendersi.
3. I ricorsi sono inammissibili.
4. Il primo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
Quanto al soggetto attivo del reato, correttamente l’impugnata sentenza evidenzia, a pag. 4, che la fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 256, comma 1, lettera a), Ł diretta – a differenza della successiva lettera b) – nei confronti di chiunque svolga l’attività di gestione di rifiuti in assenza di titolo abilitativo, non essendo necessaria la qualifica imprenditoriale a tal fine (v., ex multis , Sez. 3, n. 4770 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 280375 – 01; Sez. 3, n. 29992 del 24/06/2014, COGNOME, Rv. 260266 – 01; Sez. 3, n. 29077 del 04/06/2013, COGNOME, Rv. 256737; Sez. 3, n. 24431 del 25/05/2011, COGNOME, Rv. 250614; Sez. 3, n. 7462 del 15/01/2008, COGNOME, Rv. 239011; Sez. 3, n. 16698 del 11/02/2004, COGNOME, Rv. 227956).
Inoltre, si evidenzia come, dalla stessa contestazione, le attività contestate sono costituite dalla raccolta e dal trasporto, nonchØ dal recupero, ancorchØ finalizzati allo smaltimento (sulla evidente incompatibilità tra le operazioni di recupero e quelle di smaltimento non Ł stata peraltro dedotta alcuna censura).
Restano escluse dalla contestazione le condotte di ‘abbandono’, sanzionate dal successivo comma della norma incriminatrice, per cui in nessun modo le attività contestate agli odierni imputati possono essere qualificate come ‘preliminari’ rispetto ad una condotta di abbandono, neppure contestata ai ricorrenti, e quindi – come gli stessi pretenderebbero – penalmente irrilevanti.
5. Il secondo motivo Ł del pari manifestamente infondato.
Ed infatti, stante la natura di illecito istantaneo della contravvenzione di cui all’art. 256, comma primo, del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, anche una sola condotta integrante una delle ipotesi alternative previste dalla norma a consentirne il perfezionamento.
Esso si consuma quindi in occasione di ogni singolo trasporto effettuato da soggetto non autorizzato (Sez. 3, n. 8979 del 02/10/2014, COGNOME e a., Rv. 262514; Sez. 3, n. 21655 del 13/04/2010, COGNOME, Rv. 247605), posto che una continuativa ed organizzata attività abusiva di trasporti, ricorrendone gli altri presupposti, potrebbe invece integrare il ben piø grave delitto di cui all’art. 260, comma 1, d.lgs. 152/2006 (Sez. 3, n. 26614/2013 del 12/07/2012, COGNOME, Rv. 257075)».
Questa Corte ha poi riaffermato il principio (Sez. 3, n. 4770 del 26/01/2021, COGNOME, Rv.
280375 – 01) secondo cui il reato di gestione di rifiuti in assenza di autorizzazione, previsto dall’art. 256, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 può essere commesso da chiunque svolga una attività di gestione di rifiuti, anche di fatto o in modo secondario, purchØ non del tutto occasionalmente, e che, per la sua natura istantanea, si perfeziona anche con una sola delle condotte alternativamente previste dalla norma incriminatrice.
Occorre tuttavia, pur sempre, che si tratti di un’attività di «gestione» di rifiuti, dalla quale deve ritenersi esclusa la «assoluta occasionalità» (v., da ultimo, Sez. 3, n. 24676 del 10/05/2023, Romano, n.m.; Sez. 3, n. 4770 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 280375 – 01).
Si Ł quindi affermato che ove la «attività» effettivamente svolta rientri tra quelle indicate dalla norma quand’anche posta in essere di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di una attività primaria diversa, integra, al di fuori dell’ipotesi di assoluta occasionalità, la tipicità del reato di gestione abusiva quando sia svolta in assenza del prescritto titolo abilitativo (Sez. 3, n. 5716 del 07/01/2016, Isoardi, Rv. 265836).
Del resto, questa Corte ha evidenziato come la rilevanza della «assoluta occasionalità» ai fini dell’esclusione della tipicità deriva non già da una arbitraria delimitazione interpretativa della norma, bensì dallo stesso tenore della fattispecie penale, che, punendo la «attività» di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione, concentra il disvalore d’azione su un complesso di azioni, che, pur non dovendo ricorrere congiuntamente, devono comunque essere indici di un minimum di organizzazione che ne lasci concretamente desumere la loro reiterazione così da escludere dall’orbita della rilevanza penale la condotta assolutamente estemporanea (Sez. 3, n. 8193 del 11/02/2016, Revello, Rv. 266305; Sez. 3, n. 5031 del 17/01/2012, Granata, n.m.).
Come di recente sottolineato da questa Corte (Sez. 3, n. 28484 del 12/06/2024, Hernandez, n.m.), sono stati posti in risalto, per effetto del sedimentarsi delle pronunce giurisprudenziali in subiecta materia , degli indici sintomatici della illecita «gestione», quali, a titolo esemplificativo:
la provenienza del rifiuto da una attività imprenditoriale esercitata da chi effettua o dispone l’abusiva gestione (Sez. 3, n. 16355 del 16/03/2023, Abom);
la eterogeneità dei rifiuti gestiti ( ibidem );
la necessità di un veicolo adeguato e funzionale all’attività concretamente svolta (Sez. 3, n. 4770 del 26/01/2021, COGNOME, cit.);
il numero dei soggetti coinvolti nell’attività (Sez. 3, n. 2575 del 06/11/2018 – dep. 2019, n.m);
l’ingente quantità di rifiuti, denotante lo svolgimento di un’attività implicante un minimum di organizzazione necessaria alla preliminare raccolta e cernita dei materiali (Sez. 3, n. 8193 del 11/2/2016, P.M. in proc. Revello, Rv. 26630501).
le caratteristiche del rifiuto, indicative di precedenti attività preliminari di prelievo, raggruppamento, cernita, deposito (Sez. 3, Sentenza n. 36819 del 04/07/2017, Ricevuti, Rv. 270995-01).
Nel caso in cui il trasporto abusivo di rifiuti sia effettuato nell’ambito di attività di impresa, poi, la Corte ha affermato (Sez. 3, n. 2290 del 28/11/2017, dep. 2018, Defilippis, n.m.) che anche l’occasionale attività di trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti nell’esercizio della propria attività d’impresa richiede l’iscrizione nell’Albo nazionale gestori ambientali, sia pur nell’apposita sezione di cui all’art. 212, comma 8, d.lgs. 152/2006 e secondo la procedura semplificata ivi descritta, che presuppone una comunicazione.
L’inadempimento di tali obblighi di comunicazione e iscrizione (v. Sez. 3, n. 26435 del 23/03/2016, COGNOME, Rv. 267660) integra la contravvenzione di cui all’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 152/2006, secondo cui «nelle ipotesi di trasporti occasionali o episodici di rifiuti propri non pericolosi, risponde del reato di cui all’art. 256, comma primo, d.lgs. n. 152 del 2006, chiunque vi provveda con mezzi propri e non autorizzati, anzichØ attraverso imprese esercenti servizi di smaltimento iscritte all’Albo nazionale dei gestori ambientali»
Conclusivamente, per escludere la rilevanza penale della condotta Ł necessario che, nel caso concreto, non sia ravvisabile alcuna attività di «gestione» dei rifiuti, circostanza che Ł esclusa non già nel caso di condotta caratterizzata da mera «occasionalità», bensì da «assoluta occasionalità» (come, ad esempio, nel caso di soggetto privato che provveda al trasporto di rifiuti propri da portare in discarica).
Nel caso in esame, la sentenza impugnata, che conferma l’analoga valutazione del primo giudice, si Ł attenuta ai principi sopra esposti nel valutare la condotta degli imputati, avente ad oggetto circa 500 kg. di rifiuti di composizione eterogena, ritenendo la dedotta ‘assoluta occasionalità’ labialmente dedotta dagli imputati, ma in alcun modo argomentata.
6. Quanto al terzo motivo, esso Ł inammissibile.
Questa Corte ritiene che le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale «concessione» del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioŁ tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una piø incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena” (cfr., Sez. 2, n. 14307 del 14.3.2017, COGNOME; Sez. 2, n. 30228 del 5.6.2014, COGNOME); il loro riconoscimento non costituisce, pertanto, un diritto dell’imputato, conseguente all’assenza di elementi negativi, ma richiede elementi di segno positivo (v. ex multis sez. 3, n. 24128 del 18/3/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, n.m.); inoltre, stante la ratio della disposizione di cui all’art. 62bis cod. pen., al giudice di merito non Ł richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, Rv. 265826; sez. 7 n. 39396 del 27/5/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/4/2013, Rv. 256201), rientrando la stessa concessione di esse nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737). Non Ł neppure necessario esaminare tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ma Ł sufficiente specificare a quale si sia inteso far riferimento (sez. 1, n. 33506 del 7/7/2010, Rv. 247959; Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv 242419).
Rileva altresì la Corte che «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62bis , disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non Ł piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01)».
Nel caso di specie, con motivazione priva di eccentricità, a pag. 7 della sentenza la Corte territoriale ha escluso la sussistenza di elementi positivi da valutare in riferimento al COGNOME, soggetto gravato da precedenti condanne, mentre per il COGNOME ha evidenziato che l’incensuratezza, che di per sØ non giustifica la relativa concessione, era già stata valutata mediante la concessione della pena sospesa.
I ricorrenti, del resto neppure in sede di ricorso deducono la sussistenza di elementi di positiva valutazione, rendendo così generica la relativa doglianza.
7. Il quarto motivo Ł inammissibile.
I ricorrenti non si confrontano con il costante orientamento di questa Corte secondo il quale poichØ la graduazione del trattamento sanzionatorio, in generale, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., nel giudizio di cassazione Ł inammissibile la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 2, n. 39716 del 12/07/2018, COGNOME, Rv. 273819, in motivazione; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 1, n. 24213 del 13/03/2013, COGNOME, Rv. 255825; da ultimo v. Sez. 2, n. 1929 del 16/12/2020, dep. 2021, COGNOME, non mass.).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno, poi, ribadito che «una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata Ł necessaria soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale» (così Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, S., Rv. 278869-01, in motivazione).
In altre parole, il giudice, nell’esercizio del suo potere discrezionale, deve motivare nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo.
Nel caso in esame, la Corte territoriale evidenzia come il primo giudice abbia correttamente applicato la pena, irrogata al di sotto della media edittale (che Ł di sette mesi e mezzo di arresto, a fronte di una cornice da tre a dodici mesi).
La deduzione, che non si confronta con il tenore del provvedimento impugnato, Ł pertanto generica.
8. Quanto alla dedotta illegittimità della confisca, il motivo Ł inammissibile.
L’art. 259, comma 2, d.lgs. n. 152/2006 prevede che alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., per il reato (tra gli altri) di trasporto illecito di rifiuti di cui all’art. 256 del medesimo decreto, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.
E’ quindi atto non solo consentito, ma dovuto, disporre tale confisca anche con la sentenza di appello, ove non disposta dal giudice di prima cura.
Costituisce inoltre orientamento consolidato che la confisca, diretta o per equivalente, possa essere ordinata anche in assenza di un precedente provvedimento cautelare di sequestro, purchŁ sussistano norme che la consentano od impongano (v., ex multis , Sez. 4, n. 42484 del 23/10/2024, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 37939 del 31/05/2024, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 36329 del 06/06/2024, COGNOME; n.m.; Sez. 3, n. 20776 del 06/03/2014, Hong, Rv.259661; Sez. 3, n.17066 del 04/02/2013, COGNOME, Rv.255113), salva financo, in questo secondo caso, la possibilità che essa venga disposta dal giudice dell’esecuzione (Sez. 6, n. 5617 del 15/02/1994, COGNOME, Rv. 198828 – 01).
Non vi Ł quindi dubbio che la confisca del mezzo di trasporto dovesse essere disposta.
In tal caso, per costante giurisprudenza di questa Corte, incombe sul terzo estraneo al reato, individuabile in colui che non ha partecipato alla commissione dell’illecito ovvero ai profitti che ne sono derivati, l’onere di provare la sua buona fede ovvero che l’uso illecito del mezzo gli era ignoto e non collegabile ad un suo comportamento negligente (cfr., ex plurimis , Sez. 3, n. 516 del 26/11/2021, dep. 2022, COGNOME, n.m.; Sez. 3, n. 23818 del 29/03/2019, COGNOME Valbona, Rv. 27597801, e Sez. 3, n. 12473 del 02/12/2015, dep. 2016, Liguori, Rv. 266482-01).
Occorre, in altre parole, che nei confronti del terzo non sia individuata la violazione di obblighi di diligenza e che risulti la buona fede, intesa quale assenza di condizioni che rendano probabile a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità 4 dell’uso illecito della cosa e senza che esistano collegamenti, diretti o indiretti, ancorchØ non punibili, con la consumazione del reato (così Sez. 3, n. 33281 del 24/6/2004, Datola, Rv. 229010. Nello stesso
senso, Sez. III n. 44837 del 7/11/2007, COGNOME, non massimata; Sez. 3, n. 26529 del 20/5/2008, Torre, Rv. 240551; Sez. 3, n. 12108 del 18/11/2008, dep. 2009, COGNOME, Rv. 243394; Sez. 3, n. 20935 del 11/3/2009, COGNOME e altri, Rv. 243621).
Nel caso di specie il motivo di ricorso Ł totalmente generico, non indicando neppure di chi sia la proprietà del mezzo, nØ in alcun modo argomentando in ordine alla potenziale buona fede di un (eventuale) terzo proprietario.
La doglianza Ł pertanto inammissibile per aspecificità.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità dei ricorsi.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00 per ciascun ricorrente.
P.Q.M
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 22/11/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME