Gestione Illecita di Rifiuti: Quando la Cassazione Conferma la Condanna
La gestione illecita di rifiuti è un reato ambientale con conseguenze significative, anche quando riguarda quantità apparentemente modeste. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito la propria linea di rigore, dichiarando inammissibile il ricorso di un cittadino condannato per aver scaricato rifiuti pericolosi senza autorizzazione, e confermando che né la tenuità del fatto né le attenuanti generiche possono essere invocate con leggerezza, specialmente in presenza di precedenti penali.
I Fatti del Caso
Il caso ha origine dal ricorso presentato da un individuo contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di cui all’art. 256 del D.Lgs. 152/2006. L’imputato era stato sorpreso mentre scaricava rifiuti pericolosi, nello specifico un blocco motore, che aveva precedentemente trasportato a bordo di un’auto. La quantità di rifiuti contestata ammontava a 66 kg.
L’imputato ha basato il suo ricorso in Cassazione su tre motivi principali:
1. Contestazione della motivazione della sentenza di condanna, ritenuta viziata.
2. Erroneo diniego della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
3. Mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
L’Analisi della Corte sulla Gestione Illecita di Rifiuti
La Corte di Cassazione ha esaminato e respinto tutti e tre i motivi, definendoli manifestamente infondati. Vediamo nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici.
Il Primo Motivo: Mera Reiterazione di Fatti
La Corte ha subito chiarito che il primo motivo di ricorso non era ammissibile. Le contestazioni sollevate dall’imputato erano semplici “doglianze in punto di fatto”, ovvero un tentativo di rimettere in discussione la ricostruzione degli eventi già accertata dai giudici di primo e secondo grado. La Cassazione, come giudice di legittimità, non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. Poiché la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione congrua e logica, immune da vizi, il motivo è stato respinto.
Il Secondo Motivo: Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto
Anche il secondo motivo, relativo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., è stato giudicato infondato. La Corte ha sottolineato che la gravità del fatto e dell’offesa al bene giuridico tutelato (l’ambiente) era stata correttamente valutata. Il quantitativo di 66 kg di rifiuti, costituiti da residui pericolosi, è stato ritenuto un elemento sufficiente a escludere la particolare tenuità. La decisione è risultata in linea con precedenti orientamenti della stessa Corte.
Il Terzo Motivo: Diniego delle Attenuanti Generiche
Infine, la Cassazione ha ritenuto legittimo il diniego delle circostanze attenuanti generiche. La motivazione della Corte d’Appello, che aveva basato tale decisione sui precedenti penali dell’imputato, è stata considerata pienamente valida e sufficiente. La presenza di un passato criminale è un elemento che il giudice può legittimamente considerare per negare un trattamento sanzionatorio più mite.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Suprema Corte si fonda su principi consolidati. In primo luogo, viene ribadito il limite del sindacato di legittimità: la Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere le prove e i fatti. Se la motivazione dei giudici di merito è logica e coerente, non è censurabile.
In secondo luogo, la Corte sottolinea che la valutazione sulla “particolare tenuità del fatto” non dipende solo dalla quantità di rifiuti, ma anche dalla natura degli stessi e dalla gravità complessiva della condotta. Il fatto che si trattasse di rifiuti pericolosi ha avuto un peso determinante.
Infine, la discrezionalità del giudice nel concedere le attenuanti generiche è ampia, ma deve essere motivata. Basare il diniego sui precedenti penali è una prassi consolidata e ritenuta legittima, poiché tali precedenti forniscono un’indicazione sulla personalità dell’imputato e sulla sua propensione a delinquere.
Conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La pronuncia invia un messaggio chiaro: la lotta alla gestione illecita di rifiuti è una priorità e le norme a tutela dell’ambiente vengono applicate con rigore. Anche condotte che potrebbero sembrare di modesta entità possono portare a condanne penali, e la possibilità di ottenere benefici come la non punibilità o le attenuanti si riduce drasticamente in presenza di elementi negativi come la natura pericolosa del rifiuto e i precedenti penali del responsabile.
È possibile ottenere l’assoluzione per ‘particolare tenuità del fatto’ in caso di gestione illecita di rifiuti?
No, non in questo caso. La Corte ha ritenuto che il quantitativo di 66 kg di rifiuti pericolosi e la gravità complessiva del fatto fossero sufficienti a escludere l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p.
Un ricorso in Cassazione può contestare la ricostruzione dei fatti decisa dai giudici di merito?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che il ricorso è inammissibile se si limita a riproporre censure sui fatti già valutate e respinte con motivazione adeguata nei precedenti gradi di giudizio. Il suo ruolo è di controllo sulla corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità), non di riesame dei fatti (giudizio di merito).
Avere precedenti penali impedisce di ottenere le attenuanti generiche?
Sì, può essere un motivo determinante per il diniego. Nel caso esaminato, la Corte ha confermato la decisione di negare le attenuanti generiche proprio in ragione dei precedenti penali del ricorrente, ritenendola una motivazione legittima e sufficiente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46417 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46417 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a ERICE il 31/05/1971
avverso la sentenza del 06/02/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il primo motivo di ricorso di COGNOME COGNOME che contesta la correttezza della motivazione posta base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 256 comma 1 lett. a) e b) d.lvo n. 152 del 2006, non è consentito dalla legge in sede di legittimità, perché è costituito da mere doglianze in punto di fatto ed anche reiterative delle stesse censure già devolute ai giudici di appello e da quei giudici disattesi con motivazione congrua e immune da censure sindacabili in questa sede là dove il provvedimento impugnato dà atto che l’imputato è stato sorpreso mentre scaricava dei rifiuti pericolosi (blocco motore) e non (come descritti nel capo di imputazione) che aveva trasportato a bordo di un’auto e che prima recuperato, in assenza di autorizzazione.
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso che contesta la correttezza il diniego di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. .131 bis cod.pen. è manifestamente infondato alla luce della argomentata gravità del fatto e dell’offesa avuto riguardo al quantitativo di rifiuti pari a Kg. 66, costituenti il residuo dei rif trasportati e in parte già scaricati. Motivazione congrua e in linea con gli arresti di questa Corte (Sez. 3, n. 4770 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 280375).
Ritenuto, infine, manifestamente infondato anche il terzo motivo di ricorso che contesta il diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in ragione dei precedenti penali (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 – 01).
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, l’08 novembre 2024
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Il Consigfpjstensore
Il Presidente