Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11604 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11604 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ANZIO il 06/04/1961
avverso la sentenza del 17/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
driecierrdo che~frefuse –
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
udito il difensore
E’ presente l’avvocato NOME del foro di VELLETRI in difesa di:
COGNOME
Il difensore presente chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di condanna emessa il 18 febbraio 2019 dal Tribunale di Velletri nei confronti di NOME COGNOME ordine al reato di cui agli artt. 624 e 625, comma 1, nn. 2 e 7, cod. pen., per ess impossessato di reperti archeologici sottraendoli dalle rovine romane site all’intern dell’area archeologica di Tor Caldara, previa effrazione con mazzetta 9 scalpello dei reperti dai siti romani ed avendo agito in danno di beni esposti alla pubblica fed (capo A); in ordine al reato di cui all’art. 648 cod. pen., per avere ricevu comunque acquistato da ignoti altri beni provento di scavi archeologici abusivi (capo B). In relazione a tale ultimo capo, il Tribunale pronunciava sentenza di non doversi procedere limitatamente a due teste di ariete e ad un’anfora preistorica, p intervenuta prescrizione.
Avverso la sentenza di appello propone ricorso il difensore dell’imputato che articola due motivi:
2.1.Con il primo motivo, deduce inosservanza o erronea applicazione di legge per essersi erroneamente individuata, in relazione al capo B), la violazione di cu all’art. 648 cod. pen. invece che quella di cui all’art. 624 cod. pen., trattand beni provenienti dalla stessa villa romana da cui provengono anche i piccoli reperti ascritti a titolo di furto al capo A). La Corte di appello avrebbe quindi dovuto riten sussistente il solo furto aggravato anziché quello di ricettazione e mandare assolt l’imputato in relazione al capo b) di imputazione;
2.2. Con il secondo motivo, deduce erronea applicazione della legge penale ed illogica motivazione in relazione alla contemporanea sussistenza delle aggravanti di cui all’art. 625, comma 1, nn. 2 e 7, cod. pen. Entrambi i giudici del merito hann motivato in modo contraddittorio sul punto. Non è infatti possibile la contemporanea presenza dell’aggravante della sottrazione del bene con violenza sulle cose e quell dell’esposizione di questo alla pubblica fede. Già in sede di appello, la difesa av fatto presente che i beni di cui si sarebbe impossessato l’imputato non eran all’interno dell’area archeologica, essendo la stessa delimitata per tre lati da recinzione metallica e dal quarto lato della naturale barriera derivante da u pendenza a strapiombo sul mare. Il COGNOME si trovava sulla zona di stretto confin ove i beni di cui è entrato in possesso erano dilavati per effetto delle erosioni e continui smottamenti: circostanza che ha determinato una condotta nn violenta di asportazione. Si sarebbe inoltre posto il problema dell’individuabilità del bene come oggetto di tutela, in quanto riconoscibile come avente valore storico-archeologico. Avendo invece i Giudici collocato l’imputato all’interno dell’area archeOlogica, i ben
asportati non sarebbero esposti alla pubblica fede. Ne consegue ch dovuta escludere una delle due aggravanti. si sarebbe
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale chiede che il ricorso si dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché entrambi i motivi su cui si fonda sono manifestamente infondati.
Quanto al primo motivo, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui la clausola di riserva prevista dall’art. 648 cod. pen. non opera in assenza di elementi ch giustifichino l’inquadramento della detenzione come esito diretto del furto, e non invece GLYPH come GLYPH quello GLYPH della GLYPH ricezione GLYPH di GLYPH cose GLYPH illecite GLYPH (cfr. Sez. 2, n. 43849 del 29/09/2023, NOME COGNOME, Rv. 285313 massimata nei seguenti termini: “È inammissibile il motivo di ricorso per cassaz one con cui l’imputato eccepisce la mancata riqualificazione, da parte del giudice di appello, del delitto di ricettazione in quello di furto, nel caso in cui la derubricazione sia s genericamente richiesta con l’atto di appello, in assenza di indicazioni circostanziat anche provenienti dall’imputato, dimostrative della riconducibilità del possesso del bene alla precedente commissione del delitto di furto). Invero, l’ev denza della detenzione, per essere ridotta a elemento di prova del reato di furto, deve esser accompagnata dalla esistenza di ulteriori elementi indicativi della “immediata” – nel senso letterale di “non mediata” – riconducibilità della detenzione al furto, element fra i quali possono essere ricomprese anche le eventuali indicazioni provenienti dall’imputato, laddove circostanziate e dunque attendibili (Sez. 2, n 20193 del 19/04/2017, Kebe. nonché Sez. 2, n. 43427 del 07/09/2016, Ancona, non massimate sul punto). Nel caso di specie, la Corte territoriale – dopo aver escluso la plausibilità dell’assunto difensivo che la soglia in travertino, di cui l’imputato stato trovato in possesso, fosse stata rinvenuta in mare, sottolineando nvece come essa facesse parte di un manufatto insistente nel sito archeologico (in questo senso le dichiarazioni della teste COGNOME, funzionaria della Sovrintendenza Archeologica territorialmente competente, richiamata sul punto dalla sentenza impugnata) – rilevava che era stata necessariamente asportata in seguito ad azione delittuosa; osservava, inoltre, che l’imputato non aveva reso dichiarazioni né addotto elementi tali da farlo ritenere autore del delitto-presupposto, correttamente pervenendo alla conclusione dell’impossibilità di riqualificare il reato d . cui al capo Corte di Cassazione – copia non ufficiale
in quello di cui all’art. 624 cod. pen. Quanto al secondo motivo, la sentenza impugnata, richiamate sul punto le dichiarazioni degli operanti COGNOME e NOME e della testimone COGNOME ricorda come il prelievo, da parte dell’imputato, d frammenti di vasellame, di mosaico e di piastrelle sia avvenuto, a mezzo di uno scalpello, facendo forza sulle mura della villa romana, esposte ad un numero indeterminato di persone. Ha quindi correttamente ritenuto sussistenti entrambe le circostanze aggravanti contestate. Anche con riguardo alla consapevolezza in capo al COGNOME della rilevanza storico-artistica dei beni posseduti, la sente impugnata offre una motivazione del tutto congrua laddove, per il capo A), rileva che, atteso luogo dello scavo, l’impiego di uno scalpello e l’asportazione di beni d un complesso evidentemente archeologico, l’imputato aveva sicuramente contezza della rilevanza storica, artistica ed economica dei beni prelevati. Quanto al capo B) valgano le considerazioni sopra espresse.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il President