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Furto in privata dimora: quando è reato?

La Corte di Cassazione conferma che il reato di furto in privata dimora sussiste anche se l’immobile è disabitato, purché non sia in stato di abbandono e venga utilizzato per attività legate alla vita privata del proprietario, come la cura del giardino. La dichiarazione di inagibilità o la chiusura degli accessi non sono sufficienti a escludere la tutela penale.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Furto in Privata Dimora: Anche un Immobile Disabitato è Tutelato?

La nozione di “privata dimora” è un concetto chiave nel diritto penale, specialmente quando si parla di reati contro il patrimonio come il furto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza un principio fondamentale: per configurare il reato di furto in privata dimora, non è necessario che l’immobile sia abitato in modo continuativo. Questo caso specifico offre spunti essenziali per comprendere i confini della tutela domiciliare, anche in contesti apparentemente borderline.

I Fatti del Caso: Tentato Furto in un Immobile Conteso

Il caso ha origine dal ricorso di un imputato, condannato in primo e secondo grado per tentato furto aggravato. L’uomo aveva tentato di introdursi in un edificio che, a suo dire, non poteva essere considerato una “privata dimora” ai sensi dell’art. 624-bis del codice penale.

La difesa sosteneva che l’immobile fosse di fatto in stato di abbandono, adducendo due prove principali: la dichiarazione di inagibilità dello stabile e il fatto che il proprietario avesse sbarrato porte e finestre con chiodi e tavole di legno. Secondo la tesi difensiva, queste circostanze avrebbero dovuto escludere la qualificazione del luogo come domicilio, degradando il reato a un’ipotesi di furto semplice.

La Nozione di Furto in Privata Dimora secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La decisione si allinea con un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, che interpreta in modo estensivo il concetto di privata dimora. L’obiettivo della norma, infatti, non è solo proteggere la proprietà, ma soprattutto la sfera di intimità e libertà personale che si esplica in determinati luoghi.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si basano su alcuni punti cardine:

1. Irrilevanza dello stato di inagibilità: La dichiarazione di non agibilità di un immobile non è di per sé sufficiente a escluderlo dalla nozione di privata dimora. Ciò che conta è il rapporto effettivo che lega il titolare al luogo.

2. Il concetto di non abbandono: Un immobile non è considerato “abbandonato” se il proprietario mantiene con esso un legame stabile, manifestato attraverso atti che rientrano nella sua vita privata. Nel caso di specie, è emerso che il proprietario e i suoi familiari frequentavano quotidianamente la proprietà per curare il verde e gli animali domestici.

3. L’utilizzo stabilmente ricorrente: La Corte ha richiamato il principio secondo cui non è necessaria una permanenza continuativa nell’immobile. È sufficiente un suo utilizzo “stabilmente ricorrente” per lo svolgimento di attività private al riparo da intrusioni esterne. La cura di un giardino o di animali sono esempi perfetti di manifestazioni della vita privata che radicano la tutela domiciliare in quel luogo fisico.

In sostanza, la Corte ha stabilito che sigillare gli accessi non dimostra l’abbandono, ma al contrario, la volontà del proprietario di proteggere il bene e la sfera privata ad esso connessa da interferenze illecite.

Le Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ha conseguenze pratiche significative. Stabilisce chiaramente che la tutela penale rafforzata prevista per il furto in privata dimora si estende a tutti quei luoghi dove, anche in modo saltuario ma regolare, una persona svolge attività personali. Questo include seconde case, rustici, giardini o pertinenze, anche se non adibiti a residenza stabile. Per gli operatori del diritto e i cittadini, ciò significa che la protezione della privacy e della sicurezza personale prevale su una valutazione meramente formale dello stato dell’immobile. Un luogo frequentato per coltivare i propri hobby o interessi personali gode della stessa protezione di un’abitazione principale, perché rappresenta un’estensione della sfera privata dell’individuo.

Un immobile disabitato e dichiarato inagibile può essere considerato “privata dimora” ai fini del reato di furto?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, può essere considerato tale se non si trova in uno stato di effettivo abbandono. La qualifica di privata dimora dipende dal legame che il proprietario mantiene con il luogo, utilizzandolo per lo svolgimento di attività riconducibili alla sua vita privata, anche se non abitative.

Cosa si intende per utilizzo “stabilmente ricorrente” di un immobile?
Significa che non è necessaria la presenza continua e ininterrotta del proprietario. È sufficiente una frequentazione regolare e periodica del luogo per svolgere manifestazioni della vita privata, come la cura di un giardino, la manutenzione della proprietà o l’accudimento di animali domestici.

Il fatto che il proprietario abbia sbarrato porte e finestre di un immobile è una prova del suo abbandono?
No, al contrario. La Corte ha interpretato questa azione non come un segno di abbandono, ma come la volontà del proprietario di proteggere il bene da intrusioni esterne, rafforzando quindi l’idea che il luogo sia ancora legato alla sua sfera privata e meritevole di tutela.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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