Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33335 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33335 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOMECUI 0496RA7) nato il 28/12/1987
COGNOMECUI 041BA20) nato il 18/02/1991
avverso la sentenza del 04/03/2025 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Genova, ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Genova in data 15.04.2024 che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 300,00 di multa per il reato di cui agli artt. 624, 625, n.2 e n.7 e 62, n. cod.pen. e NOME COGNOME alla pena di mesi 6 di reclusione ed euro 300,00 di multa per il reato di cui all’art. 648 cpv. cod. pen.
Gli imputati ricorrono per cassazione avverso detta sentenza lamentando, con il primo motivo (in relazione all’imputato NOME COGNOME vizio di motivazione in riferimento alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625, n. 7 cod.pen.; con il secondo motivo (in relazione all’imputato NOME COGNOME, il vizio di motivazione in ordine alla consapevolezza della provenienza illecita del bene; con il terzo motivo (per entrambi) il vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.
3. I ricorsi sono inammissibili.
Ed invero i motivi sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corrette argomentazioni giuridiche dai giudici di merito e non sono scanditi da adeguata critica delle argomentazioni poste a base della sentenza impugnata.
Sul primo aspetto, la Corte territoriale, con argomentazioni logiche ed esaustive, ha ritenuto sussistere, nel caso di specie, l’aggravante delle cose esposte alla pubblica fede di cui all’art. 625, n. 7 cod. pen., facendo corretta applicazione della giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di furto l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede è esclusa solo in presenza di condizioni, da valutarsi in concreto, di sorveglianza e controllo continuativi, costanti e specificamente efficaci ad impedire la sottrazione della “res”, ostacolandone la facilità di raggiungimento (Sez.5, n. 6351 del 08/01/2021, Rv. 280493; Sez.5, n. 17029 del 19/03/2024, Rv. 286317), non ricorrendo tale situazione nel caso di un profumo esposto sullo scaffale di un centro commerciale.
Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, la Corte di merito, con deduzioni logiche e coerenti, ha ritenuto sussistere l’elemento soggettivo del reato di ricettazione in capo al COGNOME, in quanto, successivamente alla commissione del furto, è stato osservato dagli operanti e ripreso dalle telecamere, ricevere dal coimputato la refurtiva e portarla insieme a questi dal COGNOME al quale la ha venduto per la somma di Euro 40. La consapevolezza della
provenienza illecita del bene é stata altresì desunta dal fatto che il profumo si presentava danneggiato per la rottura della placca antitaccheggio ed inoltre il prezzo corrisposto era molto inferiore al valore del bene ceduto.
Con riguardo al diniego della causa di esclusione della punibilità, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bi cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’a 133, comma 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).
Nella specie il diniego é stato motivato in ragione della natura non occasionale della condotta, trattandosi di soggetti gravati da recidiva specifica.
In conclusione i ricorsi vanno dichiarati inammissibili. Segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17.9.2025