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Furto in garage: quando è privata dimora? La Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4539/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. La Corte ha confermato che un furto in garage, quando questo costituisce pertinenza di un’abitazione, integra il reato di furto in privata dimora ai sensi dell’art. 624 bis c.p., poiché anche il garage è un luogo destinato a manifestazioni della vita privata e con accesso limitato a terzi.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Furto in garage: la Cassazione chiarisce quando si configura il reato di furto in abitazione

Un furto in garage può sembrare un reato meno grave rispetto a un’effrazione in un appartamento, ma la legge non fa sempre questa distinzione. Con la recente ordinanza n. 4539 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata su un punto cruciale: quando un garage è considerato a tutti gli effetti una ‘privata dimora’? La risposta determina se si applica la più grave fattispecie del furto in abitazione (art. 624 bis c.p.) o quella del furto semplice (art. 624 c.p.), con importanti conseguenze sulla procedibilità e sulla pena. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti di causa

Il caso nasce dal ricorso di un individuo, condannato in primo e secondo grado per furto aggravato in concorso. L’imputato aveva sottratto un ciclomotore da un locale adibito a deposito. La sua difesa sosteneva che il luogo del furto non fosse una ‘privata dimora’ e, di conseguenza, il reato dovesse essere riqualificato in furto semplice. Questa distinzione non è puramente formale: il furto semplice, a differenza di quello in abitazione, è procedibile solo a seguito di querela della persona offesa, che in questo caso mancava.

La nozione di privata dimora e il furto in garage

Il ricorrente chiedeva alla Cassazione di rivedere la qualificazione giuridica del fatto. Il punto centrale della sua argomentazione era che un garage o un deposito non potesse essere equiparato a un’abitazione, luogo per eccellenza della vita privata. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile e confermando l’orientamento consolidato della giurisprudenza.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha richiamato l’insegnamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 31345/2017), secondo cui la nozione di ‘privata dimora’ è ampia e non si limita alla sola abitazione. Rientrano in questa categoria tutti i luoghi in cui si svolgono, anche in modo non continuativo, atti della vita privata, a condizione che non siano aperti al pubblico o accessibili a terzi senza il consenso del titolare. Questo include luoghi di lavoro, studi professionali e, appunto, le pertinenze di un’abitazione.

Perché un luogo possa essere considerato privata dimora ai fini dell’art. 624 bis c.p., devono sussistere tre elementi:

1. Utilizzo privato: Il luogo deve essere usato per manifestazioni della vita privata (riposo, svago, lavoro, studio, ecc.).
2. Stabilità del rapporto: Deve esistere un legame durevole e non meramente occasionale tra la persona e il luogo.
3. Non accessibilità: Il luogo non deve essere accessibile a terzi senza il consenso del proprietario.

La Corte ha specificato che anche una ‘pertinenza’, come un garage, rientra in questa definizione. Un garage non è solo un posto dove si parcheggia un veicolo; spesso è un luogo di lavoro, di hobby, o di deposito di beni personali, diventando così un’estensione della vita privata. Non è nemmeno necessario che sia fisicamente collegato all’abitazione principale: ciò che conta è che sia funzionalmente asservito ad essa. Di conseguenza, introdursi in un garage per commettere un furto significa violare uno spazio protetto, destinato alla sfera privata dell’individuo, integrando così il più grave reato di furto in abitazione.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma un principio di diritto di grande rilevanza pratica: il furto commesso all’interno di un garage o di altre pertinenze (come cantine o soffitte) è legalmente equiparato al furto in abitazione. La decisione ribadisce che la tutela penale non si ferma alla soglia di casa, ma si estende a tutti quegli spazi che, per funzione e destinazione, sono considerati un’emanazione della sfera privata e personale. La Corte ha quindi dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Un furto in un garage è sempre considerato furto in abitazione?
Sì, secondo questa ordinanza, un furto in un garage è considerato furto in abitazione (art. 624 bis c.p.) quando il garage è una pertinenza di una privata dimora, cioè un luogo utilizzato per attività legate alla vita privata e il cui accesso non è consentito a terzi senza autorizzazione.

Cosa si intende per ‘privata dimora’ ai fini del reato di furto?
Per ‘privata dimora’ si intende non solo l’abitazione in senso stretto, ma qualsiasi luogo in cui una persona svolge atti della propria vita privata in modo non occasionale. Questo include studi professionali, luoghi di lavoro e pertinenze come garage e cantine, a patto che l’accesso a tali luoghi sia riservato e non pubblico.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la tesi difensiva si basava su una interpretazione errata della nozione di ‘privata dimora’. La Corte ha ritenuto che la qualificazione del fatto come furto in abitazione fosse corretta, in linea con la sua giurisprudenza consolidata, rendendo la doglianza del ricorrente manifestamente infondata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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