Furto in Abitazione: Anche il Cortile è Spazio Protetto
La definizione dei confini della privata dimora è un tema cruciale nel diritto penale, specialmente quando si tratta del reato di furto in abitazione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 30229/2024) ha fornito importanti chiarimenti, stabilendo che anche un cortile non recintato rientra nel concetto di pertinenza di un’abitazione, e che alterare la funzionalità di un oggetto per rubarne una parte costituisce l’aggravante della violenza sulle cose. Analizziamo questa decisione per comprenderne la portata.
I Fatti del Caso: Il Furto dal Ponteggio in Cortile
Il caso ha origine da una condanna per furto aggravato commesso in un cortile. L’imputato aveva asportato le rotelle da un ponteggio che si trovava in questo spazio esterno, adiacente a un’abitazione. Condannato in primo grado e in appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, contestando due punti fondamentali:
1. La qualificazione del reato come furto in abitazione, sostenendo che un cortile non potesse essere considerato tale.
2. La sussistenza dell’aggravante della violenza sulle cose, ritenendo che la semplice rimozione delle rotelle non integrasse tale fattispecie.
La Decisione della Cassazione sul Furto in Abitazione
La Suprema Corte ha respinto entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. La decisione si basa su principi giurisprudenziali consolidati, che vengono qui ribaditi con chiarezza.
Il Cortile come “Pertinenza” della Privata Dimora
La Corte ha confermato che, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 624-bis c.p., il concetto di “luogo destinato a privata dimora” include anche le sue pertinenze. Secondo la giurisprudenza, una pertinenza è qualsiasi bene che, pur non essendo fisicamente contiguo, arreca un’utilità diretta o è funzionalmente asservito all’immobile principale.
Un cortile rientra pienamente in questa definizione, in quanto spazio destinato al servizio dell’abitazione. Di conseguenza, è considerato un luogo interdetto all’accesso del pubblico, anche se non è fisicamente recintato. Commettere un furto al suo interno configura, quindi, il reato di furto in abitazione.
L’Aggravante della Violenza sulle Cose
Anche il secondo motivo di ricorso è stato rigettato. La Cassazione ha ricordato che l’aggravante della violenza sulle cose (art. 625, co. 1, n. 2 c.p.) non richiede necessariamente un’azione distruttiva. Essa si realizza ogni volta che il soggetto agente utilizza energia fisica per provocare una rottura, un guasto, un danneggiamento o una trasformazione della cosa, tale da renderne necessario un ripristino per restituirle la sua funzionalità originaria.
Nel caso specifico, l’asportazione delle rotelle del ponteggio ne ha alterato la funzionalità, rendendolo inservibile per il suo scopo. Questa azione, che ha richiesto l’uso di energia fisica e ha compromesso l’integrità funzionale del bene, integra pienamente l’aggravante contestata.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione consolidata e coerente delle norme incriminatrici. In primo luogo, viene riaffermato un principio di ampia tutela della sfera privata, estendendo la protezione del domicilio a tutte quelle aree che, per funzione e destinazione, sono legate alla vita domestica, come un cortile. Questo approccio garantisce che la nozione di “privata dimora” non sia limitata alle sole mura dell’edificio, ma includa tutti gli spazi che ne costituiscono un’estensione funzionale. In secondo luogo, la Corte fornisce una lettura pragmatica dell’aggravante della violenza sulle cose. La motivazione chiarisce che la “violenza” non è solo l’atto di rompere o forzare, ma qualsiasi manipolazione che comprometta l’utilità e la funzione del bene, richiedendo un intervento successivo per ripristinarla. Questa interpretazione impedisce che condotte comunque lesive dell’integrità di un bene possano sfuggire all’applicazione dell’aggravante.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame consolida due importanti principi del diritto penale. Anzitutto, rafforza la tutela degli spazi privati, chiarendo che la protezione penale si estende a tutte le pertinenze, indipendentemente dalla presenza di recinzioni o barriere fisiche. Ciò ha implicazioni pratiche significative per la sicurezza delle abitazioni e degli spazi annessi. In secondo luogo, offre una definizione chiara e applicabile dell’aggravante della violenza sulle cose, confermando che anche la semplice alterazione della funzionalità di un oggetto, come la rimozione di una sua parte essenziale, è sufficiente a integrarla. Questa decisione serve come monito: l’ordinamento giuridico protegge non solo la proprietà, ma anche l’integrità e la funzionalità dei beni.
Un furto commesso in un cortile aperto e non recintato può essere considerato furto in abitazione?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che un cortile è una pertinenza di un’abitazione, in quanto le arreca un’utilità diretta. Pertanto, un furto commesso al suo interno si qualifica come furto in abitazione, anche se lo spazio non è recintato.
Cosa si intende per “violenza sulle cose” in un furto?
Secondo la Corte, la violenza sulle cose si realizza non solo con la rottura o il danneggiamento, ma con qualsiasi uso di energia fisica che altera la destinazione o la funzionalità di un bene. Asportare le rotelle di un ponteggio, rendendolo inservibile, rientra in questa definizione perché ne compromette la funzionalità e richiede un’attività di ripristino.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti manifestamente infondati. Le argomentazioni dell’imputato si scontravano con principi giuridici consolidati e costantemente affermati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione sia in tema di pertinenze sia in tema di violenza sulle cose.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30229 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30229 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia in data 17 novembre 2023, che ha confermato la condanna inflittagli per il delitto di cui agli artt. 624-bis e 625, comma 1, n. 2 cod. pen. (fatto commesso in Cas Goffredo il 4 agosto 2019);
che l’impugnativa sottoscritta dal difensore consta di due motivi;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il primo motivo, che contesta la correttezza della qualificazione giuridica del fa contestato alla stregua del delitto di furto in abitazione, è manifestamente infondato, posto ch per la giurisprudenza di legittimità, «In tema di furto in abitazione, deve intendersi “pertin di luogo destinato a privata dimora” ogni bene idoneo ad arrecare una diretta utilità economica all’immobile principale o, comunque, funzionalmente ad esso asservito e destinato al suo servizio od ornamento in modo durevole, non necessitando un rapporto di contiguità fisica tra i beni» (Sez. 4, n. 50105 del 05/12/2023, Rv. 285470), tale potendosi certamente considerare un cortile (vedasi pag. 3 della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale ha correttamente ritenuto cortile come pertinenza di un’abitazione e, come tale, interdetto all’accesso al pubblico anche se non recintato);
che il secondo motivo, che censura la configurabilità, nel caso al vaglio, della circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 2 cod. pen., è manifestamente infondato, posto che, per la giurisprudenza di legittimità «In tema di furto, la circostanza aggravante della viole sulle cose si realizza tutte le volte in cui il soggetto faccia uso di energia fisica provocan rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione, il mutamento di destinazione della cosa altrui o il distacco di una componente essenziale ai fini della funzionalità, tali da ren necessaria un’attività di ripristino per restituire alla “res” la propria funzionalità» (Sez. 5, n. 13431 del 25/02/2022, Rv. 282974), come nel caso di specie, in cui l’imputato aveva asportato le rotelle del ponteggio alterandone la funzionalità (vedasi pag. 4 della sentenza impugnata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 luglio 2024