Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34592 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 34592  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GORIZIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/01/2025 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Trieste indicata in epigrafe che ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Udine per i seguenti reati: artt. 624 bis, comma 2, cod. pen. (Capo 1) art. 76, comma 3, d.lgs. 159/2011 (capo 2).
Col primo motivo, riferito al reato di cui al capo 1), il ricorrente deduce violazione di legge e vizi di motivazione per essere stata respinta la richiesta di qualificare il fatto come violazione degli artt. 624, 625 n. 2 cod. pen. Col secondo motivo, deduce violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
Con memoria in data 17 settembre 2025 il difensore ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Rilevato, quanto al primo motivo, che la richiesta di diversa qualificazione ha contenuto ambiguo giacché, da un lato, si parla di furto con destrezza (aggravante prevista dall’art. 625 n. 4 cod. pen.); dall’altro, si fa riferimento all’art. 625 n. 2 cod. pen., che opera se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di qualsiasi mezzo fraudolento. Considerato che la sentenza impugnata ha escluso tale diversa qualificazione sottolineando che COGNOME si impossessò del borsello strappandolo dalle mani della persona offesa e questo dato è idoneo a qualificare il fatto ai sensi dell’art. 624 bis, comma 2, cod. pen. a prescindere dal fatto che l’oggetto fosse tenuto strettamente in mano o, come nel caso di specie, trattenuto con tre dita. Rilevato che, ai fini dell’applicazione della fattispecie di cui all’art. 624 bis, comma 2, cod. pen., è necessario che la cosa sia strappata alla persona offesa e lo strappo è necessariamente associato alla rapidità dell’esecuzione, mentre la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l’agente approfitti di condizioni di tempo e di luogo tali da attenuare la normale attenzione della parte lesa nel mantenere il controllo ovvero la vigilanza sulla cosa, essendo rilevante qualsiasi modalità di azione furtiva, idonea a non destare la detta attenzione (cfr. Sez. 2, n. 18682 del 15/01/2015, Rv. 263517), Rilevato che, secondo i giudici di merito, la persona offesa non era distratta e non fu distratta da COGNOME, il quale esercitò una violenza sulla cosa modesta, ma comunque funzionale a sottrarre la stessa dalle mani della vittima, sicché la qualificazione giuridica del fatto è conforme ai principi di diritto che governano la materia (cfr. Sez. 5, n. 44976 del 09/06/2016, Rv. 268148).
Rilevato, quanto al secondo motivo, che la pena è stata determinata per i due reati, ritenuti uniti dal vincolo della continuazione, nella misura di anni tre, mesi tre di reclusione ed C 1.093 di multa con l’interdizione dai Pubblici Uffici per la durata di anni cinque essendo stata applicata la recidiva specifica ed infraquinquennale ed essendo state concesse le attenuanti generiche in regime di equivalenza -con questa aggravante. Rilevato che tale giudizio di equivalenza è stato ampiamente motivato. La sentenza impugnata riferisce, infatti (pag. 3), che, oltre ad essere «gravato di vari precedenti», COGNOME ha «reiteratamente violato le prescrizioni della misura cautelare che era stata originariamente applicata».
Ritenuta la manifesta infondatezza dei motivi e l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto che all’inammissibilità consegua la condanna al pagamento delle spese processuali e, in ragione della causa di inammissibilità, il ricorrente debba essere altresì condannato al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. 1025
Così deciso il 7 ottobre