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Furto con strappo: quando la violenza fa la differenza

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto con strappo. La Corte chiarisce che strappare un oggetto dalle mani della vittima, anche se non tenuto saldamente, integra la violenza tipica del reato di furto con strappo, distinguendolo dal furto con destrezza, che invece presuppone la distrazione della vittima.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Furto con Strappo: La Sottile Linea tra Violenza sulla Cosa e Destrezza

Nel diritto penale, la qualificazione di un fatto può dipendere da dettagli apparentemente minimi, che però determinano conseguenze sanzionatorie molto diverse. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire la distinzione tra due figure di reato spesso confuse: il furto con strappo e il furto aggravato dalla destrezza. La Suprema Corte ha chiarito che l’elemento decisivo per configurare il furto con strappo è la violenza esercitata sulla cosa, anche se modesta, e non la forza con cui la vittima la trattiene.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Corte riguarda un ricorso presentato da un uomo condannato in primo e secondo grado per i reati di furto con strappo e violazione delle prescrizioni di una misura di prevenzione. L’imputato si era impossessato del borsello di una donna strappandoglielo dalle mani. La difesa, nel tentativo di ottenere una qualificazione giuridica meno grave, sosteneva che il fatto dovesse essere inquadrato come furto con destrezza, data la presunta assenza di una vera e propria violenza.

La Questione Giuridica: Il Confine tra Furto con Strappo e Destrezza

Il nucleo della controversia legale risiedeva nella corretta interpretazione della condotta dell’imputato. La difesa ha tentato di sostenere che l’azione non avesse i connotati della violenza tipici del furto con strappo, ma piuttosto quelli dell’abilità e della rapidità che caratterizzano la destrezza. Tuttavia, i giudici di merito prima, e la Cassazione poi, hanno rigettato questa interpretazione, basandosi su una distinzione fondamentale tra le due fattispecie.

La Differenza Sostanziale

– Il furto con destrezza (art. 625 n. 4 c.p.) si realizza quando l’agente approfitta di una condizione di disattenzione o di un momento propizio per sottrarre il bene senza che la vittima se ne accorga immediatamente. La chiave è l’abilità nel non farsi scoprire.
– Il furto con strappo (art. 624-bis c.p.), invece, si caratterizza per una violenza che, pur essendo rivolta alla cosa e non direttamente alla persona, è comunque percepita dalla vittima. La cosa viene ‘strappata’ dalla sfera di possesso fisico del detentore.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di appello con motivazioni chiare e in linea con l’orientamento giurisprudenziale consolidato.

Sulla Violenza Esercitata sulla Cosa

Il primo motivo di ricorso è stato respinto perché, secondo i giudici, l’atto di strappare il borsello dalle mani della vittima costituisce di per sé l’elemento materiale del furto con strappo. La Corte ha precisato che è irrilevante stabilire con quanta forza la vittima tenesse l’oggetto. Anche se trattenuto solo con tre dita, l’azione di sottrarlo con uno ‘strappo’ integra una violenza sulla cosa, funzionale a vincere la resistenza del possessore. A differenza del furto con destrezza, la vittima non era distratta, ma ha subito passivamente l’azione violenta diretta al bene che possedeva.

Sulla Determinazione della Pena

Anche il secondo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio, è stato giudicato infondato. La pena, determinata in tre anni e tre mesi di reclusione oltre a una multa, è stata ritenuta ampiamente motivata. I giudici hanno tenuto conto della gravità dei fatti, uniti dal vincolo della continuazione, e della personalità dell’imputato. Su quest’ultimo pesavano infatti vari precedenti (recidiva specifica) e la reiterata violazione di una misura cautelare precedentemente applicata. Per questo motivo, le attenuanti generiche sono state correttamente bilanciate in un regime di equivalenza con l’aggravante della recidiva.

Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: per la configurazione del reato di furto con strappo, è sufficiente una qualsiasi forma di violenza esercitata sulla cosa per sottrarla al possessore, a prescindere dall’intensità della resistenza opposta dalla vittima. Questa pronuncia consolida la netta distinzione con il furto con destrezza, che richiede invece un’azione furtiva basata sull’abilità di approfittare della disattenzione altrui. La decisione sottolinea come la percezione della violenza da parte della vittima, anche se minima e diretta all’oggetto, sia l’elemento qualificante che giustifica il più grave trattamento sanzionatorio previsto per il furto con strappo.

Qual è la differenza fondamentale tra furto con strappo e furto con destrezza?
La differenza risiede nell’azione: il furto con strappo implica una violenza esercitata sulla cosa per sottrarla alla vittima (es. strappare una borsa), mentre il furto con destrezza si basa sull’abilità del ladro di approfittare della distrazione della vittima per impossessarsi del bene senza che questa se ne accorga.

Perché l’atto è stato qualificato come furto con strappo anche se la vittima non teneva l’oggetto saldamente?
La Corte ha stabilito che l’elemento decisivo è l’azione di ‘strappare’ la cosa dalle mani della persona. Questa azione costituisce la violenza sulla cosa richiesta dalla norma, indipendentemente dalla forza con cui la vittima la stesse trattenendo. La vittima non era distratta, ma ha subito l’azione violenta.

Per quale motivo la pena inflitta è stata confermata dalla Cassazione?
La pena è stata considerata ben motivata perché teneva conto della gravità di entrambi i reati commessi, della recidiva specifica dell’imputato (ovvero la commissione di reati simili in passato) e del fatto che avesse violato una misura cautelare. Le attenuanti generiche sono state ritenute equivalenti a queste aggravanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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