Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 42899 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 42899 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha confermato sentenza del Tribunale di Firenze del 4 luglio 2022, con cui NOME era condannata alla pena di anni due di reclusione in ordine al reato di cui agli ar 624 e 625 n. 4 cod. pen.
L’imputata, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione per erroneo riconoscimento de circostanza aggravante del furto con destrezza.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla man esclusione della recidiva reiterata specifica infraquinquennale e mancata concess delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis cod. pen.
Con riferimento al primo motivo di ricorso, va premesso che in base alla li interpretativa proveniente dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Cor circostanza aggravante della destrezza di cui all’art. 625, comma primo, n. 4 pen., richiede un comportamento dell’agente, posto in essere prima o dura l’impossessamento del bene mobile altrui, caratterizzato da particolare abilità, o avvedutezza, idoneo a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza sul stesso, non essendo sufficiente che l’agente si limiti ad approfittare dì situazio stesso non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento de detentore dalla cosa (Sez. U. n. 34090 del 27/04/2017, Quarticelli, Rv. 270088).
L’elemento specializzante dell’aggravante in parola è, dunque, la condizion minorata difesa, in cui il possessore viene a trovarsi di fronte alla particola dell’agente nel distogliere l’attenzione della persona offesa dal controllo su (Sez. 2, n. 9374 del 1802/2015, COGNOME, Rv. 263235) o, comunque, neutralizzare le ordinarie difese o la vigile attenzione dell’uomo medio (Sez. 4, del 18/12/2019, dep. 2020, Marciano, Rv. 277952) o nell’approfittare di momentanea disattenzione abilmente provocata (Sez. 5, n. 640 del 30/10/2013 Rainart, Rv. 257948).
Nella fattispecie in esame, le precise dichiarazioni della p.o. permett distinguere le fasi in cui si è articolata la condotta illecita, realizzata co l’astuzia necessarie ad evitare sia che la vittima potesse accorgersi della con materiale sottrazione dei beni ( l’imputata, distraendo l’orefice con varie ric mostrargli la merce, anche prelevandola dalla vetrina, era riuscita ad occultare gioielli), né era riuscito a scorger dove fossero stati occultati gli orecchini e sottratti.
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4. Anche il secondo motivo di ricorso risulta essere meramente riproduttivo di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti dal Giudice di merito e non scandito da specifica critica delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata. . La Corte territoriale ha assolto in misura congrua e pertinente I’ onere motivazionale in ordine alla ritenuta applicazione della recidiva, con particolare riguardo all’apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Rv. 247838; Sez. 3, n. 19170 del 17/12/2014, Rv. 263464). In particolare, i giudici di merito, con motivazione ampia e diffusa, hanno fatto pertinente riferimento al fatto l’imputata risultava gravata da 14 precedenti anche specifici, senza che le condanne riportate avessero prodotto alcun effetto dissuasivo, rilevando altresì che l’ulteriore episodio di furto evidenziava l’ ulteriore manifestazione di una chiara propensione a delinquere.
In relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, invece, va osservato che, in materia, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269, fattispecie nella quali la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, infatti, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, COGNOME, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, NOME, Rv. 259899; Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691).
Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Mariglíano, Rv. 279549).
Tanto premesso sui principi giurisprudenziali operanti in materia, la Corte di appello ha osservato che, nel caso di specie, non erano presenti elementi positivamente valutabili a tal fine. Nello specifico, la presenza di numerosi precedenti
penali dimostra che l’imputata non ha tratto alcuna responsabilizzazione dalle plu precedenti condanne e restrizioni della libertà personale.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e – no ricorrendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in fav della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024.