Furto aggravato: telecamere non bastano a escluderlo
La recente ordinanza della Corte di Cassazione analizza un caso di furto aggravato, offrendo chiarimenti cruciali su quando le misure di sicurezza, come le telecamere, non sono sufficienti a escludere l’aggravante dell’esposizione dei beni alla pubblica fede. Questa decisione sottolinea l’importanza dell’efficacia reale dei sistemi di sorveglianza, piuttosto che della loro mera presenza.
I Fatti del Caso: Il Furto e la Difesa dell’Imputata
Il caso ha origine dalla condanna di una donna per il delitto di furto. La difesa della ricorrente si era concentrata sulla contestazione di una specifica circostanza aggravante: quella dell’esposizione della merce alla pubblica fede. Secondo la tesi difensiva, tale aggravante non poteva sussistere per due motivi principali: l’esercizio commerciale era dotato di un sistema di sorveglianza con telecamere e i beni sottratti, dei profumi, erano custoditi all’interno di una vetrinetta.
La Decisione dei Giudici di Merito
Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano respinto questa linea difensiva. La Corte d’Appello, in particolare, aveva confermato la condanna, argomentando che le misure di sicurezza presenti non erano state efficaci. I giudici avevano osservato che, per escludere l’aggravante, il sistema di sorveglianza avrebbe dovuto essere continuativo e tale da garantire un controllo costante, cosa che nel caso di specie non era avvenuta, dato che l’imputata e la sua complice avevano potuto agire indisturbate. Inoltre, la Corte territoriale aveva ritenuto irrilevante la collocazione dei profumi in una vetrinetta, poiché questa non era chiusa a chiave e quindi non offriva una reale protezione contro la sottrazione.
Il Ricorso per Cassazione e il concetto di furto aggravato
L’imputata ha quindi proposto ricorso per Cassazione, ribadendo le medesime censure. Il punto centrale del dibattito legale verteva sull’interpretazione del concetto di ‘esposizione a pubblica fede’ nel contesto di un furto aggravato. La difesa sosteneva che la presenza di qualsiasi forma di sorveglianza o protezione, anche minima, dovesse essere sufficiente a far decadere l’aggravante, trasformando il reato in un furto semplice.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. I giudici supremi hanno chiarito che il loro ruolo non è quello di riesaminare i fatti o di valutare l’adeguatezza delle argomentazioni del giudice di merito, ma di effettuare un ‘sindacato di legittimità’. Questo significa verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, coerente e priva di vizi giuridici.
Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto le argomentazioni della Corte d’Appello pienamente congrue e logiche. La decisione impugnata aveva correttamente evidenziato che la sorveglianza esistente non era stata efficace e che la vetrinetta non chiusa a chiave non costituiva un ostacolo reale al furto. Pertanto, i beni dovevano considerarsi effettivamente esposti alla pubblica fede, giustificando la contestazione del furto aggravato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la mera installazione di sistemi di sicurezza in un esercizio commerciale non è, di per sé, sufficiente a escludere l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede. Ciò che conta è l’efficacia concreta di tali sistemi nel prevenire o interrompere l’azione criminosa. Per gli esercenti, ciò significa che affidarsi a telecamere non monitorate costantemente o a barriere fisiche facilmente aggirabili potrebbe non essere sufficiente a mitigare la qualificazione giuridica di un eventuale furto. Dal punto di vista giuridico, la decisione conferma che la valutazione sulla sussistenza dell’aggravante è una questione di fatto, rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, il cui giudizio, se logicamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità.
La presenza di telecamere in un negozio esclude automaticamente l’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede nel furto?
No. Secondo la Corte, se il sistema di sorveglianza non è continuativo ed efficace al punto da impedire che il reato venga commesso indisturbatamente, l’aggravante sussiste.
Mettere la merce in una vetrinetta è sufficiente per evitare la contestazione del furto aggravato?
Non necessariamente. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto irrilevante la presenza della vetrinetta perché non era chiusa a chiave, rendendo i beni comunque facilmente accessibili e quindi esposti alla pubblica fede.
Qual è il ruolo della Corte di Cassazione nel valutare le prove di un processo?
La Corte di Cassazione svolge un ‘sindacato di legittimità’. Non riesamina le prove o i fatti, ma si limita a verificare che la decisione del giudice precedente sia basata su un ragionamento logico e che la legge sia stata applicata correttamente.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14611 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14611 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata a BRINDISI il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 29/05/2023 della CORTE D’APPELLO DI LECCE;
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Lecce confermava la condanna del ricorrente per il delitto di furto aggravato;
Considerato che l’imputata, con un unico motivo, contesta la sussistenza dell’aggravante dell’esposizione dei beni alla pubblica fede perché nell’esercizio commerciale vi era una sorveglianza continuativa mediante telecamere e i beni erano collocati in una vetrinetta;
Rilevato che si tratta di censure, reiterativa di analogo motivo di gravame che è stato disatteso con argomentazioni congrue dalla Corte territoriale, la quale ha invero evidenziato che, per escludere la contestata circostanza aggravante, l’esercizio commerciale avrebbe dovuto essere dotato di un sistema di sorveglianza continuativa e che tale non poteva considerarsi quello esistente perché l’imputata e la sua complice avevano potuto agire indisturbate ed ha sottolineato, altresì, che la custodia dei profumi in una vetrinetta non aveva rilievo a tal fine, in quanto la stessa non era chiusa a chiave (pag. 1);
Ritenuto il ricorso inammissibile perché l’indagine di legil:timità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 – 01);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/03/2024