Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11711 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11711 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (TARGA_VEICOLO) nato a CALARASI( ROMANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/05/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputata NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce che ha riformato la sentenza emessa dal Tribunale di Lecce di condanna per il reato di furto, escludendo l’aggravante di cui all’art. 625 n.2 cod.pen. e rideterminando la pena in ann due e mesi otto di reclusione;
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui la ricorrente lamenta violazione di legg e vizio di motivazione quanto alla mancata esclusione dell’aggravante della esposizione a pubblica fede di cui all’art. 625 n. 7 cod.pen. – è indeducibile perché fondato su motivi che risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e. puntualmente disatte dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.
Ritenuto che tale conclusione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’aggravante dell’esposizione a pubblica fede è esclusa in presenza di condizioni, da valutarsi i concreto, di sorveglianza e controllo continuativi, costanti e specificamente effica nell’impedire la sottrazione della res, ostacolandone la facilità di raggiungimento, e non da condizioni di mero controllo saltuario ed eventuale (Sez. 5, n. 6351 del 08/01/2021, COGNOME, Rv. 280493; Sez. 4, n. 26131 del 26/02/2020, COGNOME, Rv. 280387; Sez. 5, n. 9245 del 14/10/2014, dep. 2015, Felici, Rv. 263258). Confortano ulteriormente la conclusione circa la correttezza di questa impostazione – per il principio generale che affermano – i plurimi arresti di questa Corte in tema di rapporti tra l’aggravante in parola e l’utilizzo di siste videosorveglianza, laddove, secondo l’esegesi maggioritaria, la circostanza aggravante dell’esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall’esistenza, nel luogo in cui consuma il delitto, di un sistema di videosorveglianza, che non garantisce l’interruzione immediata dell’azione criminosa, mentre soltanto una sorveglianza specificamente efficace nell’impedire la sottrazione del bene consente di escludere l’aggravante di cui all’art. 62 comma primo, n. 7, cod. pen. (Sez. 5, n. 1509 del 26/10/2020, dep. 2021, Saja, Rv. 280157; Sez. 2, n. 2724 del 26/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265808; Sez. 5, n. 35473 del 20/05/2010, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 248168; Sez. 5, n. 6682 del 08/11/2007, dep. 2008, Manno, Rv. 239095). Se, dunque, affinché possa essere esclusa la circostanza aggravante di cui sopra, è necessario che sia attuata una sorveglianza costante e che consenta un intervento immediato, correttamente il Collegio di merito ha escluso che tali condizioni si siano verificate nel caso specie, laddove la vigilanza praticata dagli addetti non era continuativa e addirittura gli au del fatto si erano allontanati ed era stato necessario inseguirli.
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Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui la ricorrente lamenta violazione di legge vizio di motivazione quanto alla mancata esclusione della recidiva ex art. 99 comma 4 cod.pen. – è manifestamente infondato in quanto la questione è stata adeguatamente affrontata dalla Corte di appello con motivazione sufficiente, ancorché stringata; né, d’altra parte, il ricorso netto di mere proposizioni teoriche, chiarisce perché la recidiva andasse esclusa;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 28 febbraio 2024.