Furto Aggravato: La Cassazione e il Caso della Merce sugli Scaffali
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema molto comune nella cronaca giudiziaria: il furto aggravato commesso all’interno di esercizi commerciali. La decisione chiarisce i contorni dell’aggravante dell’esposizione della merce alla pubblica fede, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato. Comprendere quando un semplice furto si trasforma in un reato più grave è fondamentale sia per gli operatori del settore che per i cittadini.
I Fatti e il Ricorso in Cassazione
Il caso nasce dalla condanna di un individuo per diversi episodi di tentato furto, commessi sottraendo merce esposta sugli scaffali di un negozio. Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano ritenuto applicabile l’aggravante prevista dall’articolo 625, n. 7, del codice penale, ovvero l’aver commesso il fatto su cose “esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede”.
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione contestando proprio l’applicazione di tale aggravante. La tesi difensiva, in sostanza, mirava a sostenere che la merce non fosse completamente priva di sorveglianza e che quindi non si potesse parlare di esposizione alla pubblica fede.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e meramente assertivo. Il punto centrale della motivazione risiede nel principio, ormai consolidato, che regola l’aggravante del furto aggravato su beni esposti al pubblico.
I giudici hanno chiarito che, per l’applicazione dell’aggravante, non è necessaria un’assenza totale e continua di sorveglianza. Al contrario, essa sussiste quando il ladro approfitta della condizione di normale e oggettiva impossibilità del proprietario di esercitare una vigilanza costante e ininterrotta sul bene. La presenza occasionale del titolare o di un suo dipendente al momento del fatto non è sufficiente a escludere l’aggravante.
Nel caso specifico, il ricorrente non ha fornito alcun elemento concreto per dimostrare che la merce fosse sottoposta a una vigilanza costante e tale da impedire la sottrazione. La Corte ha ribadito che la giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che l’affidamento sull’impossibilità del titolare di sorvegliare la cosa propria integri pienamente i requisiti dell’aggravante in questione.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
La decisione della Corte di Cassazione non introduce nuovi principi, ma rafforza un orientamento già ben definito. Le implicazioni pratiche sono significative:
1. Tutela Rafforzata per i Commercianti: La merce esposta sugli scaffali di un supermercato, di un negozio di abbigliamento o di qualsiasi altro esercizio commerciale è considerata, per definizione, esposta alla pubblica fede. Questo orientamento garantisce una maggiore tutela penale contro i furti in questi contesti.
2. Irrilevanza della Sorveglianza Occasionale: L’eventuale presenza di commessi o del proprietario nelle vicinanze non è, di per sé, un elemento sufficiente a trasformare il reato da furto aggravato a furto semplice. Ciò che conta è la situazione generale di affidamento che il commerciante ripone nella correttezza del pubblico.
3. Onere della Prova: Chi intende contestare l’aggravante ha l’onere di dimostrare l’esistenza di un sistema di sorveglianza talmente continuo ed efficace da eliminare completamente il rischio di sottrazione, un’ipotesi molto difficile da provare nella pratica.
In conclusione, l’ordinanza conferma che la natura stessa dell’attività commerciale, che implica l’esposizione di prodotti per la vendita, giustifica l’applicazione quasi automatica dell’aggravante, con conseguente inasprimento della pena per chi commette questo tipo di reato.
Quando un furto in un negozio è considerato aggravato per “esposizione a pubblica fede”?
Secondo la Corte, il furto è aggravato quando la merce si trova esposta sugli scaffali, condizione che rende oggettivamente impossibile per il titolare esercitare una sorveglianza continua e assoluta. La presenza occasionale del proprietario o di un dipendente non esclude l’aggravante.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché generico e assertivo. L’imputato non ha fornito elementi di prova specifici per dimostrare che la merce fosse sottoposta a una vigilanza costante, tale da far venir meno l’affidamento alla pubblica fede.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende, oltre a rendere definitiva la sentenza di condanna.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20897 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20897 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (CUI O1ITHR5) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/01/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale di Milano aveva condannato NOME per più episodi di furto tentato, aggravati dall’aver commesso il fatto su cose esposte alla pubblica fede;
che, avverso detta sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del suo difensore;
che il ricorrente, con un unico motivo, contesta l’applicazione dell’aggravante;
che il motivo è generico e meramente assertivo, non avendo il ricorrente indicato gli atti dai quali si dovrebbe desumere che la merce esposta sugli scaffali fosse sottoposta all vigilanza costante della persona offesa; che la giurisprudenza di legittimità ritiene sussiste l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 7 cod. pen. qualora l’agente abbia fat affidamento sull’ordinaria impossibilità del titolare del bene di sorvegliare la cosa propria, s che rilevi l’occasionale presenza del medesimo al momento della commissione del fatto (cfr. Sez. 2, n. 15604 del 25/03/2021, Berolo, Rv. 281120; Sez. 5, n. 6351 del 08/01/2021, COGNOME, Rv. 2804393; Sez. 5, n. 6416 del 14/11/2014, Garofalo, Rv. 262663);
che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, l’8 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente