Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14565 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14565 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a GUASTALLA il 14/05/1991 NOME nato a REGGIO NELL’EMILIA il 14/04/1984 NOME nato a GUASTALIA il 27/06/1986
avverso la sentenza del 09/07/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME il quale visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Ritenuto in fatto
Con sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Bologna ha confermato la condanna pronunciata dal giudice di primo grado, con rito abbreviato, nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME per il reato di cui agli artt. 61, primo comma, n. 5, 110, 624 e 625, primo comma, nn.4 e 5, cod. pen.
Avverso la sentenza, hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, per il tramite dei propri difensori, con due diversi atti, affidando le proprie censure ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Il ricorso a firma dell’Avv. NOME COGNOME consta di un unico motivo, con cui si lamenta violazione di legge in relazione alle ritenute circostanze aggravanti di cui all’art. 625, primo comma, nn. 4 e 5, cod. pen. Erroneamente applicata al caso in esame è la circostanza aggravante della destrezza, atteso che la materiale apprensione della borsa, che la persona offesa aveva collocato sul sedile del passeggero della propria auto, non può definirsi condotta contrassegnata da particolare abilità o astuzia.
Quanto alla circostanza aggravante della minorata difesa, si osserva che la Corte territoriale, pur inquadrando il tema alla luce di corretti principi giurisprudenziali (che hanno escluso l’automatismo dell’applicabilità della predetta circostanza a fatti di reato commessi in orario notturno), non ha tuttavia indicato elementi da cui desumere la ritenuta sussistenza della ritenuta circostanza aggravante. L’assenza di un sistema di video sorveglianza non può, infatti, ritenersi tale, dal momento che esso è assente anche in orario diurno; il transito occasionale della pattuglia costituisce, secondo la difesa, circostanza a sua volta “occasionale sia di notte che di giorno”. La diminuita capacità di difesa, sia pubblica sia privata, non è stata dunque in alcun modo argomentata in concreto dalla Corte territoriale
4 Il ricorso a firma dell’Avv. NOME COGNOME espone due motivi, col primo dei quali si contesta la valutazione della Corte d’appello in tema di circostanza aggravante della destrezza alla luce dei principali arresti di questa Corte sul tema. Si evidenzia come la condotta del mero approfittare di un momento di distrazione della persona offesa non sia sufficiente a configurare la sussistenza della ritenuta circostanza, essendo necessario che la situazione della quale l’agente approfitta sia causata dallo stesso. Tale non è la dinamica che ha contrassegnato il caso in scrutinio.
4.1 Col secondo motivo, si lamenta vizio di motivazione, per non avere la Corte d’appello fornito ragioni in punto di trattamento sanzionatorio né replicato al motivo d’appello con cui si rimarcavano elementi positivamente valutabili, quali
le disagiate condizioni sociali e familiari dei giovani imputati. Il discostamento dal minimo edittale non è affatto minimo, come ritenuto invece dalla Corte distrettuale
4.2. Col terzo motivo, lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’esclusione della circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, per avere la Corte fondato tale esclusione sulla complessiva condotta dell’imputato e non sul danno oggettivamente causato. Quanto alle
Sono state trasmesse a) le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi b) memorie di replica alle conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale.
Considerato in diritto
I due ricorsi sono, nel complesso, infondati, per le ragioni di seguito rappresentate.
L’unico motivo del ricorso a firma dell’Avv. NOME COGNOME e il primo motivo del ricorso a firma dell’Avv. NOME COGNOME che insistono sulla valutazione delle ritenute circostanze aggravanti dell’ascritto reato di furto, sono infondati. Ove, infatti, si considerino adeguatamente i principi posti dalla giurisprudenza di legittimità in tema di tema di furto e di circostanza aggravante della destrezza (che «sussiste qualora l’agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla “res”, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo»:Sez. U, n. 34090 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 270088 – 01), dovrà condividersi la valutazione resa dalla Corte d’appello nell’impugnata sentenza. Dopo aver analiticamente illustrato la complessa preparazione del furto da parte degli imputati (si veda la narrazione del monitoraggio dei movimenti della persona offesa a p. 8 della motivazione), i giudici di merito hanno ragionevolmente escluso che gli imputati si siano limitati ad approfittare di un momento di distrazione della vittima, ponendo bensì in essere una serie di accorgimenti ulteriori rispetto a quanto essenziale al compimento dell’azione predatoria. In motivazione, si è invero chiarito che, a seguito del pedinannento e di quell’attento monitoraggio, i ricorrenti compivano un’azione caratterizzata per la particolare abilità e per l’idoneità a sorprendere la vittima: l’autore materiale del furto (NOME COGNOME), dopo aver atteso che la vittima entrasse nella propria auto e riponesse gli effetti personali sul sedile accanto a quello del
guidatore, agiva infatti con “mossa fulminea”, aprendo lo sportello dal lato destro, afferrando gli effetti personali della persona offesa, in tal modo sorprendendo la vigilanza della vittima. La motivazione resa dalla Corte distrettuale, a parere di questo Collegio, dà dunque sufficientemente conto delle condizioni minime per ritenere il furto aggravato dalla circostanza in parola, dal momento che la destrezza implica l’aver posto in essere «accorgimenti ulteriori rispetto a quanto essenziale al compimento dell’azione predatoria e idonei a sorprendere la vigilanza della persona offesa» (Sez. 5, n. 2236 del 17/11/2022, dep. 2023, R., Rv. 284116 – 01).
Egualmente argomentata, con motivazione esente dalle dedotte censure, è la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 61, primo comma, n. 5, cod. pen. In disparte l’orario notturno in cui il furto ha avuto luogo (sul punto, cfr., da ultimo, Sez. U, n. 40275 del 15/07/2021, COGNOME, Rv. 282095 – 01: «la commissione del reato in tempo di notte è idonea ad integrare, anche in difetto di ulteriori circostanze di tempo, di luogo o di persona, la circostanza aggravante della cosiddetta “minorata difesa”, essendo peraltro sempre necessario che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto»), si ritiene che la Corte distrettuale abbia fornito una motivazione adeguata a illustrare, in concreto, il complesso di condizioni integranti la ricorrenza della circostanza aggravante in esame. Lungi dal ricorrere alla prospettiva anche implicita della valorizzazione di presunzioni assolute, e dal richiamare il dato astratto della commissione del reato in tempo di notte, la Corte territoriale ha invece considerato lo specifico contesto spazio-temporale in cui si è verificata la vicenda storico-fattuale oggetto d’imputazione, sì da enucleare, in concreto, l’effettivo ostacolo alla pubblica e privata difesa derivato dalla commissione del reato nella circostanza in concreto valorizzata (in questo caso, di tempo), nonché l’approfittamento di essa da parte dei soggetti agenti (così, Sez. U, COGNOME, cit., in motivazione). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Innanzitutto, è stata data evidenza a quanto emerso dai brani di conversazione tra gli imputati e, in particolare, alla netta consapevolezza, in capo agli stessi, della condizione di minorata difesa della vittima (p. 8 motivazione: “è sola”), nonché all’attesa, da parte degli agenti, del momento propizio, in cui la condizione di isolamento totale della vittima si sarebbe verificata. Pertanto, deve ritenersi adeguatamente effettuata la verifica (richiesta da Sez. U, “COGNOME“, v. par. 14.3 della motivazione) in ordine al vantaggio che il soggetto agente ha tratto dall’obiettiva situazione di vulnerabilità in cui versava il soggetto passivo.
Diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, infine, la circostanza del transito occasionale di una pattuglia di polizia è stata ragionevolmente considerata
non equiparabile a un’ipotesi di vigilanza attiva e intensa; non a caso -ha osservato la Corte- il passaggio della volante è stato agevolmente eluso dagli imputati. I principi di diritto esposti da Sez. U, “COGNOME” sono stati, dunque, correttamente applicati anche con riguardo all’assenza, nel caso di specie, di un sistema di videosorveglianza o di allarme, tanto meno collegato con una centrale operativa (Sez. U, “COGNOME“, cit., in motivazione, par. 19: «l’esistenza di un siffatto impianto potrà essere valorizzata per escludere la circostanza aggravante de qua nei casi in cui l’impianto di videoripresa, atto di per sé a consentire ex post l’individuazione dei responsabili del reato, sia collegato alla centrale operativa di polizia o di un istituto di vigilanza privata, sì da consentire il tempestivo accorrere di soccorsi. In altri casi in cui l’impianto sia spento o altrimenti disattivato dal soggetto agente, o sia privo del collegamento con centrali operative delle forze dell’ordine o di istituti di vigilanza privati, la sua installazione non rileverà ai fi dell’esclusione della circostanza aggravante in esame: Sez. 5, n. 12051 del 2021 cit.; Sez. 5, n. 20480 del 26/02/2018, COGNOME, in motivazione, in un caso nel quale l’impianto di videosorveglianza era disattivato)».
3. I motivi secondo e terzo del ricorso a firma dell’Avv. NOME COGNOME sono inammissibili, per mancato confronto, critico ed effettivo, con la motivazione dell’impugnata sentenza (Sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, COGNOME, Rv. 260608 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, COGNOME, Rv. 255568 – 01; Sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, COGNOME, Rv. 253849 – O; Sez. 2, n. 29108 del 15/7/2011, COGNOME, non mass.).
Trattasi di censure già sottoposte all’esame del giudice di appello, il quale ha puntualmente evidenziato (con riguardo al terzo motivo) il valore non irrisorio della refurtiva, oltre al più generale pregiudizio derivante dalla sottrazione di documenti e, dunque, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, il complessivo danno oggettivamente causato (cfr., ex plur., Sez. 4, n. 16218 del 02/04/2019, COGNOME, Rv. 275582 – 01). Quanto alle doglianze di cui al secondo motivo (mancata considerazione del disagio dei giovani imputati per le condizioni sociali e familiari d’origine), si osserva che la Corte distrettuale ha reso motivate repliche sul punto, ricordando come le condizioni di marginalità sociale degli imputati siano state già valutate ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche. Inammissibile è, infine, anche la doglianza relativa alla determinazione del trattamento sanzionatorio; sul punto, è necessario ribadire che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova
valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014,
COGNOME, Rv. 259142): arbitrio o illogictà dell’argomentare che non ricorrono nel caso di specie (v. anche Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, COGNOME, Rv. 245596,
secondo cui una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura
media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: “pena
congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità
del reato o alla capacità a delinquere).
4. Per le ragioni illustrate, il Collegio ritiene che i ricorsi vadano rigettati e i
616 cod. proc. pen, al pagamento delle spese ricorrenti condannati,
ex art.
processuali.
P. Q. M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 19/02/2025
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