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Furto aggravato beni pubblici: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 45040/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il furto di materiale informatico da una scuola. La Corte ha stabilito che il reato di furto aggravato beni pubblici sussiste anche se i beni sono in disuso, a meno che non siano stati formalmente dismessi secondo le procedure di legge. La presenza dei beni nell’inventario scolastico è stata considerata prova decisiva della loro destinazione a un servizio pubblico.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Furto Aggravato di Beni Pubblici: Irrilevante lo Stato di Disuso

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza pratica: il furto aggravato beni pubblici. Con la recente ordinanza n. 45040/2024, i giudici hanno chiarito che la sottrazione di beni appartenenti a un ente pubblico costituisce furto aggravato anche qualora tali beni siano in disuso o temporaneamente non utilizzati. La decisione sottolinea un principio fondamentale a tutela del patrimonio dello Stato e degli enti pubblici.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un furto di materiale informatico avvenuto all’interno di un istituto scolastico. L’imputato, insieme ad altri complici, si era introdotto nella scuola dopo aver danneggiato la recinzione e si era impossessato di vari beni. A seguito delle sentenze di merito, l’uomo veniva condannato per furto, con il riconoscimento delle aggravanti di cui all’art. 625, n. 2 (violenza sulle cose) e n. 7 (cose destinate a pubblica utilità o a pubblico servizio) del Codice Penale.

Il Ricorso in Cassazione: la Tesi della Difesa

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione contestando specificamente l’applicazione dell’aggravante relativa alla destinazione dei beni a pubblico servizio. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero errato nel considerarla sussistente, poiché il materiale informatico sottratto era in disuso e di fatto abbandonato dalla scuola. Di conseguenza, a suo dire, non poteva più considerarsi destinato a una funzione pubblica.

L’Analisi della Cassazione sul Furto Aggravato Beni Pubblici

La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, definendo il motivo di ricorso come ‘manifestamente infondato’. I giudici hanno ribadito un orientamento consolidato, secondo cui l’aggravante del furto aggravato beni pubblici sussiste anche quando i beni di un ente pubblico sono in disuso, a patto che non siano stati ufficialmente dismessi secondo le procedure previste dalla legge.

Il Valore dell’Inventario Pubblico

Un elemento decisivo nella valutazione della Corte è stato il fatto che i beni sottratti, come emerso nel corso del processo e confermato dalla testimonianza del dirigente scolastico, erano ancora regolarmente iscritti nell’inventario della scuola. Questo dettaglio non è meramente formale: la registrazione in un inventario pubblico attesta che il bene fa ancora parte del patrimonio dell’ente e, potenzialmente, è ancora suscettibile di essere utilizzato o riassegnato a un servizio pubblico.

Il Principio Giuridico Applicato

La Corte ha spiegato che un bene di proprietà pubblica mantiene la sua destinazione originaria fino a quando un atto formale dell’amministrazione competente non ne sancisce la dismissione. Fino a quel momento, la semplice circostanza che il bene non sia correntemente utilizzato non ne fa venir meno la natura pubblica né la tutela rafforzata prevista dal legislatore penale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione richiamando il principio secondo cui la destinazione a pubblica utilità di un bene non cessa per il solo fatto del suo mancato utilizzo. Per escludere l’aggravante, è necessario un atto formale di dismissione da parte dell’ente proprietario, che ne modifichi lo status giuridico. Nel caso di specie, i beni erano ancora ‘in carico’ alla scuola, come dimostrato dalla loro presenza nell’inventario. Pertanto, la loro sottrazione integra pienamente la fattispecie di furto aggravato. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibile per carenza d’interesse il motivo relativo a un presunto difetto di motivazione della sentenza d’appello, poiché l’infondatezza manifesta del motivo principale rendeva inutile l’analisi di tale censura, non potendo portare alcun beneficio all’imputato.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma un importante baluardo a protezione del patrimonio pubblico. Il messaggio è chiaro: non è possibile appropriarsi di beni appartenenti a enti pubblici (scuole, comuni, ospedali, ecc.) giustificandosi con il loro apparente stato di abbandono o disuso. Finché un bene è inventariato e non formalmente radiato dal patrimonio dell’ente, esso resta destinato a un fine pubblico. La decisione serve da monito, sottolineando che la legge offre una tutela rafforzata ai beni della collettività, indipendentemente dal loro stato di conservazione o utilizzo momentaneo.

È possibile commettere un furto aggravato per beni pubblici che non sono più utilizzati?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, l’aggravante del furto su cose destinate a pubblico servizio si applica anche se i beni sono in disuso, a meno che non siano stati ufficialmente dismessi dall’ente pubblico proprietario secondo le procedure di legge.

Cosa dimostra che un bene pubblico, anche se non usato, non è stato abbandonato?
Un elemento di prova fondamentale è la sua presenza nell’inventario ufficiale dell’ente pubblico. Finché un bene risulta ‘in carico’ all’ente, esso è considerato parte del patrimonio pubblico e destinato a un pubblico servizio, anche se non immediatamente utilizzato.

Perché un motivo di ricorso può essere dichiarato inammissibile per ‘carenza d’interesse’?
Un motivo di ricorso viene dichiarato inammissibile per carenza d’interesse quando il suo eventuale accoglimento non porterebbe alcun vantaggio concreto al ricorrente. Nel caso specifico, siccome il motivo principale era palesemente infondato, l’analisi di una presunta carenza di motivazione non avrebbe comunque potuto modificare l’esito finale del giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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