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Fungibilità della pena: no crediti per reati futuri

Un condannato, dopo aver scontato una pena e maturato crediti per la liberazione anticipata, commette un nuovo reato. La sua richiesta di utilizzare i crediti pregressi per ridurre la nuova pena viene respinta. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10919/2024, conferma che il principio di fungibilità della pena non si applica ai reati commessi dopo la detenzione che ha generato il credito, per evitare di incentivare future condotte criminali.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fungibilità della pena: La Cassazione pone un limite invalicabile ai crediti per reati futuri

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10919 del 2024, ha affrontato un tema cruciale nell’ambito dell’esecuzione penale: i limiti della fungibilità della pena. In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che i crediti maturati grazie alla liberazione anticipata non possono essere utilizzati per ridurre la pena relativa a un reato commesso in epoca successiva alla detenzione che ha generato tali crediti. Questa decisione ribadisce un principio fondamentale: evitare che un beneficio penitenziario si trasformi in un incentivo a delinquere.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato con una sentenza divenuta irrevocabile nel 2017 per un reato associativo e una tentata estorsione aggravata. In precedenza, aveva già scontato interamente la pena per altri reati, commessi tra il 1986 e il 1995, beneficiando della liberazione anticipata.

Il Pubblico Ministero, nel calcolare la pena residua da scontare, aveva creato due distinti ‘cumuli’: il cumulo ‘A’, relativo alle pene già interamente espiate, e il cumulo ‘B’, contenente solo la nuova condanna. Il ricorrente si è rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di decurtare dalla pena del cumulo ‘B’ i periodi di liberazione anticipata maturati durante l’espiazione delle pene del cumulo ‘A’. L’istanza è stata rigettata dalla Corte d’Appello, spingendo il condannato a ricorrere in Cassazione.

La Decisione della Corte e i limiti alla fungibilità della pena

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione dell’articolo 657, comma 4, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce una regola chiara: la detenzione subita non può essere computata per un reato commesso successivamente alla detenzione stessa.

Secondo gli Ermellini, questo principio si applica non solo alla custodia cautelare ma anche ai benefici come la liberazione anticipata. Sebbene il ricorrente sostenesse che il riconoscimento della continuazione tra i reati creasse un’unica pena, rendendo i periodi di detenzione fungibili, la Corte ha specificato che questa regola non può superare il limite temporale imposto dalla legge.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si basa su una logica di politica criminale ben precisa: impedire la creazione di un “credito di pena”. Consentire a un soggetto di utilizzare i benefici ottenuti per una condanna passata come ‘sconto’ su una pena per un reato futuro sarebbe controproducente. In pratica, si creerebbe un incentivo a commettere nuovi reati, sapendo di avere a disposizione un ‘bonus’ da spendere.

La Corte chiarisce che il principio della fungibilità della pena, sebbene fondamentale per garantire l’equità nel calcolo della pena quando più reati sono legati dal vincolo della continuazione, trova un limite insormontabile nella cronologia dei fatti. I benefici maturati durante una detenzione possono essere usati solo per reati commessi prima di quella stessa detenzione.

Il caso del ricorrente era emblematico: il reato oggetto della nuova condanna era stato commesso in un’epoca successiva al periodo di detenzione durante il quale aveva maturato i crediti di liberazione anticipata. Pertanto, applicare tali crediti alla nuova pena avrebbe violato direttamente il divieto sancito dall’art. 657, comma 4, c.p.p.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza n. 10919/2024 della Corte di Cassazione rafforza un paletto fondamentale nel diritto dell’esecuzione penale. La fungibilità della pena e i benefici penitenziari non sono strumenti utilizzabili a piacimento per compensare pene derivanti da reati futuri. La finalità rieducativa della pena e dei suoi benefici non può essere distorta fino a creare una sorta di ‘conto corrente penale’ da cui attingere per neutralizzare le conseguenze di nuove scelte criminali. La progressione temporale dei reati e delle detenzioni rimane un criterio determinante e non derogabile per l’applicazione dei crediti di pena.

È possibile utilizzare i giorni di liberazione anticipata, maturati per una vecchia condanna, per ridurre una nuova pena per un reato commesso successivamente?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è possibile. I crediti di pena, come la liberazione anticipata, non possono essere applicati a pene per reati commessi in un’epoca successiva alla detenzione durante la quale tali crediti sono stati maturati, in applicazione dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen.

Qual è la logica dietro il divieto di usare “crediti di pena” per reati futuri?
La logica è quella di evitare l’incentivazione alla commissione di nuovi reati. Se un soggetto potesse contare su un “credito di pena” pregresso per ridurre le conseguenze di una futura condotta illecita, verrebbe meno la funzione deterrente della sanzione penale.

Il principio del “reato continuato”, che unifica più pene, permette sempre la fungibilità della pena?
No, non sempre. Anche se il riconoscimento del reato continuato crea un titolo esecutivo unico, non supera il limite temporale imposto dall’art. 657, comma 4, c.p.p. Pertanto, la fungibilità non opera se il nuovo reato, sebbene inserito in un medesimo disegno criminoso, è stato commesso dopo la detenzione relativa ai reati precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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