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Fungibilità della pena: il presofferto non si sconta

Un condannato ha richiesto l’applicazione del principio di fungibilità della pena, chiedendo di detrarre un periodo di carcerazione cautelare, sofferto per un reato poi estinto, da una pena che stava scontando. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: un periodo di detenzione che è già stato interamente computato e scomputato da altre condanne non può essere utilizzato una seconda volta per ottenere un’ulteriore detrazione. La decisione sottolinea che il ‘doppio utilizzo’ del presofferto non è ammissibile ai fini della fungibilità.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fungibilità della Pena: il Presofferto Già Calcolato Non Si Sconta Due Volte

Il principio di fungibilità della pena, disciplinato dall’articolo 657 del codice di procedura penale, rappresenta un fondamentale strumento di giustizia per evitare che un individuo sconti più del dovuto. Tuttavia, la sua applicazione richiede il rispetto di precise condizioni, come chiarito da una recente sentenza della Corte di Cassazione. Il caso in esame offre uno spaccato interessante su come la detenzione già computata per altre pene non possa essere ‘riutilizzata’ per ottenere un ulteriore sconto, anche quando emergono questioni procedurali complesse.

La vicenda processuale: una richiesta di fungibilità

La questione nasce dalla richiesta di un condannato di vedersi riconosciuta la fungibilità di un lungo periodo di custodia cautelare, pari a 2 anni e 6 mesi, sofferto per un reato che è stato successivamente dichiarato estinto per prescrizione. In parole semplici, l’interessato chiedeva che questo periodo di detenzione, scontato sine titulo (cioè senza una condanna definitiva a giustificarlo), venisse detratto dalla pena che stava attualmente espiando per un altro reato.

La vicenda giudiziaria è stata particolarmente travagliata, con un’istanza rigettata più volte dalla Corte d’Appello e due precedenti annullamenti con rinvio da parte della stessa Corte di Cassazione per vizi procedurali. Il nodo centrale, evidenziato in un precedente annullamento, era la necessità per il giudice dell’esecuzione di verificare una condizione essenziale: se il reato per cui si stava scontando la pena fosse stato commesso prima dell’inizio della carcerazione di cui si chiedeva la detrazione.

Il ricorso in Cassazione e l’applicazione della fungibilità della pena

Nel suo ultimo ricorso, il difensore ha lamentato che la Corte d’Appello, anche nell’ultima ordinanza, avesse omesso di effettuare la verifica richiesta dalla Cassazione, ovvero l’accertamento della cronologia tra la commissione del reato e la detenzione sine titulo. Sosteneva, inoltre, una violazione diretta dell’art. 657 c.p.p., che regola appunto la fungibilità della pena.

Secondo la difesa, la condizione temporale era soddisfatta e, pertanto, il periodo di detenzione andava scomputato dalla pena in esecuzione, poiché relativo a un reato (commesso tra il 2003 e il 2007) precedente alla carcerazione subita per il reato poi estinto (dal 2008 al 2010).

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, pur riconoscendo la correttezza formale dell’osservazione difensiva sulla mancata verifica da parte della Corte d’Appello, ha dichiarato il ricorso infondato, basando la sua decisione su un punto ritenuto decisivo e assorbente.

Il nucleo della motivazione risiede in un fatto accertato dal giudice dell’esecuzione: il periodo di detenzione di cui si chiedeva lo scomputo era già stato integralmente computato ai fini della determinazione della pena residua da espiare per altre sentenze. In pratica, l’imputato era stato detenuto contemporaneamente per diversi titoli e quel periodo di carcerazione era già servito a ‘pagare’ altre pene definitive.

La Corte ha affermato che non è possibile procedere a un ‘reiterato computo’ dello stesso periodo di custodia cautelare. Una volta che un periodo di presofferto è stato utilizzato per ridurre una pena, esso si ‘esaurisce’ e non può essere impiegato nuovamente per ottenere uno sconto su un’altra condanna. Di conseguenza, la richiesta di fungibilità della pena non poteva essere accolta, non perché mancasse la condizione temporale, ma perché il ‘credito’ di detenzione era già stato speso.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio logico e di equità nel sistema esecutivo: il presofferto non può essere scomputato due volte. Anche se la Corte d’Appello ha omesso una verifica procedurale richiesta, questa mancanza non ha intaccato la sostanza della decisione, che si fondava su un presupposto insuperabile: l’avvenuto e completo utilizzo del periodo di detenzione a beneficio del condannato. La decisione finale, quindi, rigetta il ricorso, sottolineando che il principio di fungibilità non può trasformarsi in un meccanismo per ottenere una duplicazione ingiustificata di sconti di pena.

È possibile detrarre un periodo di carcerazione sofferto ‘sine titulo’ (per un reato poi estinto) da una pena che si sta scontando?
Sì, in base al principio di fungibilità della pena previsto dall’art. 657 del codice di procedura penale, è possibile. Tuttavia, una condizione fondamentale è che il reato per cui si sconta la pena sia stato commesso prima dell’inizio della carcerazione di cui si chiede la detrazione.

Cosa succede se un periodo di detenzione è già stato calcolato e scomputato da altre pene?
Se un periodo di detenzione, anche se sofferto sine titulo, è già stato integralmente computato e detratto da altre pene definitive, non può essere utilizzato una seconda volta per ottenere un ulteriore sconto. La Corte di Cassazione ha chiarito che non è ammissibile un ‘reiterato computo’ dello stesso periodo.

Qual è stato l’elemento decisivo per il rigetto del ricorso in questo caso specifico?
L’elemento decisivo è stato l’accertamento che il periodo di detenzione in questione era già stato interamente calcolato al fine di determinare la pena residua da espiare per altre condanne. Poiché il ‘credito’ detentivo era già stato esaurito, la richiesta di un’ulteriore fungibilità è stata considerata infondata, rendendo irrilevante l’omissione di altre verifiche procedurali da parte del giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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