Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 46542 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 46542 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato a Milano 1’11/8/1982
avverso la sentenza del 2/11/2023 della Corte di appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 2/11/2023, la Corte di appello di Milano confermava la pronuncia emessa il 28/10/2021 dal locale Tribunale, con la quale NOME COGNOME era stato giudicato colpevole del delitto di cui agli artt. 56, 515 cod. pen. e condannato alla pena di 1.200 euro di multa.
Propone ricorso per cassazione l’Hu, deducendo i seguenti motivi:
violazione o erronea applicazione della norma contestata. La censura riporta diversi orientamenti giurisprudenziali (anche a Sezioni Unite) sul tentativo di frode in commercio, e sostiene che il reato potrebbe esser riscontrato soltanto a fronte
di elementi che comprovino una qualche offerta del prodotto al pubblico, dalla quale desumere la chiara intenzione dell’agente di destinare i beni alla vendita. Ebbene, questi elementi non emergerebbero nel caso di specie, nel quale sarebbe stata accertata soltanto la presenza di confezioni di riso – con marca di scadenza in inglese, diversa da quella (successiva) in italiano, anch’essa stampata – stoccate in una cella frigorifera; ciò non indicherebbe alcuna destinazione alla vendita, anche alla luce delle ampie dimensioni del magazzino e delle modalità di stoccaggio, come peraltro ricavabile dalle dichiarazioni dell’imputato e dei suoi dipendenti;
contraddittorietà e illogicità della motivazione; travisamento della prova. La Corte avrebbe travisato le parole dell’imputato, che non avrebbe reso dichiarazioni contrastanti, come invece affermato in sentenza, limitandosi a riferire le circostanze ritenute rilevanti ai fini della difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta infondato; le due censure, peraltro, possono essere trattate in modo congiunto, in quanto concernenti entrambe la valutazione delle prove per il giudizio di responsabilità.
Il primo motivo, che coinvolge la corretta qualificazione giuridica della condotta, deve essere rigettato.
4.1. In primo luogo, deve essere richiamato il principio di diritto espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 28 del 25/10/2000, alla luce del quale integra il tentativo di frode in commercio, perché idonea e diretta in modo non equivoco alla vendita della merce ai potenziali acquirenti, la condotta dell’esercente che esponga sui banchi o comunque offra al pubblico prodotti alimentari scaduti sulle cui confezioni sia stata alterata o sostituita l’origina indicazione del termine minimo di conservazione; viceversa, il tentativo non è configurabile, per l’assenza del requisito dell’univocità degli atti, ove i prodotti con etichetta alterata o sostituita siano semplicemente detenuti all’interno dell’esercizio o in un deposito senza essere esposti o in qualche modo offerti al pubblico)
4.2. Tanto ribadito, il Collegio osserva, quanto al giudizio in esame, che l’effettiva destinazione alla vendita di un prodotto con data di scadenza alterata è stata accertata dai Giudici del merito con motivazione del tutto solida, fondata su concreti elementi istruttori e priva di illogicità manifesta; come tale, dunque, non censurabile. E’ risultato pacifico, infatti, che l’imputato – amministratore unico della “RAGIONE_SOCIALE“, avente ad oggetto commercio all’ingrosso di alimenti e bevande – il 2/8/2017 aveva detenuto, in una cella frigorifera presso la società
(dunque non in un mero deposito), centinaia di confezioni di riso recanti una data di scadenza in lingua inglese (“exp date. .1une/24/20169 diversa da altra, in lingua italiana, riportata sulle medesime confezioni (“Consumarsi preferibilmente entro il 08.03.2018”). La società di importazione indicata su questa seconda etichetta, peraltro, era risultata diversa da quella effettiva (profilo non trattato nel ricorso)
Di seguito, la sentenza ha sottolineato che le dichiarazioni rese dall’imputato erano risultate del tutto contraddittorie: in un primo momento, questi aveva sostenuto trattarsi di un errore di etichettatura, non corretto per esigenze di lavoro e, comunque, tale da non poter ingannare il cliente finale, in quanto l’etichetta in italiano non avrebbe comunque coperto quella in inglese. In un secondo momento, l’Hu aveva invece affermato che queste confezioni sarebbero state destinate allo smaltimento, proprio perché scadute, e che a tal fine sarebbero state poste su un pancale con il cartello “Merce scaduta”, poi volato via.
6.1. Ebbene, con riguardo a queste dichiarazioni, e con argomento privo di illogicità manifesta o travisamento, la sentenza ha ravvisato, in primo luogo, l’evidente inconciliabilità delle due versioni, tese ad accreditare, l’una, una possibile destinazione alla vendita delle confezioni di riso, l’altra, la cert destinazione allo smaltimento. Di seguito, quanto alla prima, la Corte ha evidenziato che l’asserita inidoneità dell’etichetta in italiano a trarre in inganno un potenziale acquirente, risultando sulla confezione anche l’altra – corretta – in inglese, non poteva esser sostenuta, risultando evidente che la collocazione dell’attività e della merce in Italia rendeva del tutto verosimile che il prodotto sarebbe stato offerto in vendita proprio nel Paese, e che dunque l’idoneità all’inganno della falsa indicazione non poteva esser negata. Quanto, poi, alla destinazione allo smaltimento, la Corte di appello ha sottolineato che questa versione risultava palesemente contraddetta dal tempo trascorso dalla data di scadenza, pari ad oltre un anno; il cartello che sarebbe stato apposto sul pancale, inoltre, non era stato rinvenuto in sede di accertamento, né mai prodotto.
A fronte di questa esaustiva e più che congrua motivazione, peraltro, il ricorso oppone argomenti di puro merito, non ammessi in sede di legittimità, richiedendo una differente e più favorevole lettura delle dichiarazioni dell’imputato e dei suoi dipendenti, così come delle modalità di stoccaggio o delle dimensioni del magazzino.
7.1. Il ricorso, poi, non può essere accolto neppure laddove sostiene che la motivazione si porrebbe in contrasto con il già citato indirizzo delle Sezioni Unite di questa Corte: come ben emerge dalle sentenze di merito, infatti, l’affermazione di responsabilità non si fonda sulla mera presenza della merce all’interno del deposito, ma su un complesso di elementi oggettivi e distinti che, letti
contestualmente senza alcun vizio logico, hanno adeguatamente giustificato la pronuncia di condanna.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 16 ottobre 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente