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Frode in commercio: cibi surgelati, quando scatta?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una ristoratrice condannata per tentata frode in commercio. La Corte ha stabilito che la mera disponibilità in cucina di alimenti surgelati, non indicati come tali nel menù, è sufficiente a integrare il reato, senza che sia necessario l’inizio di una contrattazione con il cliente. La decisione si basa sul principio che tale condotta è un atto univocamente diretto a ingannare i consumatori. È stata inoltre respinta la richiesta di applicare la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale

Frode in commercio: cibi surgelati non indicati nel menù? Scatta il reato

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande interesse per il settore della ristorazione: la frode in commercio legata all’utilizzo di alimenti surgelati. La decisione chiarisce un punto fondamentale: la semplice disponibilità di prodotti congelati in cucina, pronti per essere serviti ma non segnalati come tali nel menù, è sufficiente per integrare il tentativo di reato, anche senza che un cliente li abbia effettivamente ordinati. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna inflitta a una ristoratrice sia in primo grado che in appello. L’accusa era quella di tentata frode in commercio, ai sensi degli articoli 56 e 515 del codice penale. Il motivo? Durante un controllo, erano stati rinvenuti nelle cucine del suo ristorante alimenti surgelati destinati alla somministrazione, senza che questa caratteristica fosse specificata nel menù offerto alla clientela.

La difesa dell’imputata ha proposto ricorso in Cassazione, basandosi su due motivi principali. In primo luogo, lamentava un’errata valutazione delle prove, sostenendo che non vi fosse la certezza che tali alimenti fossero destinati ai clienti. In secondo luogo, chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), ritenendo l’offesa di minima entità.

La Frode in Commercio e la Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna e fornendo chiarimenti cruciali sulla configurabilità del reato. I giudici hanno respinto le argomentazioni della difesa, ribadendo un orientamento consolidato.

Il Tentativo di Frode si Configura con la Sola Disponibilità

Il cuore della decisione risiede nell’affermazione che il reato di tentata frode in commercio si perfeziona non con la vendita, ma molto prima. Secondo la Corte, la detenzione di alimenti surgelati in cucina, pronti per essere preparati e serviti, costituisce un “atto idoneo e diretto in modo non equivoco” a commettere la frode.

In pratica, il comportamento del ristoratore che non indica sul menù lo stato di conservazione del prodotto è considerato di per sé rivelatore della volontà di consegnare ai clienti una cosa diversa da quella pattuita. Il cliente, leggendo il menù, si aspetta un prodotto fresco, e l’omissione di un’informazione così rilevante integra l’inganno. Non è quindi necessario attendere che un avventore ordini il piatto: il reato è già configurato nella sua forma tentata.

La Reiezione della Particolare Tenuità del Fatto per la Frode in commercio

La Corte ha anche respinto la richiesta di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La motivazione dei giudici d’appello, ritenuta congrua dalla Cassazione, si basava sul numero di alimenti coinvolti e sulle possibili implicazioni per la salute dei consumatori.

I reati in materia alimentare sono considerati “reati di pericolo astratto”, ovvero non è necessario che si verifichi un danno concreto alla salute di qualcuno. La legge punisce la condotta a priori, per il solo fatto di creare un potenziale rischio. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto che l’offesa non potesse essere considerata di particolare tenuità.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa della normativa a tutela del consumatore. I giudici hanno sottolineato come, in presenza di una “doppia conforme” – ossia due sentenze di merito che giungono alla stessa conclusione – il sindacato della Cassazione sulla valutazione delle prove sia estremamente limitato. Le critiche mosse dalla difesa non hanno evidenziato un “travisamento della prova” manifesto, ma si sono limitate a proporre una lettura alternativa del materiale probatorio, inammissibile in sede di legittimità.

Sul piano giuridico, la Corte ha ribadito che la destinazione degli alimenti alla somministrazione è implicita nella loro conservazione all’interno delle cucine di un esercizio commerciale. La presenza di cibi surgelati, pronti per essere cucinati, rende evidente la loro finalità, integrando così il presupposto del reato. La condotta è univoca perché l’unica ragionevole interpretazione è che l’esercente intenda servire quel prodotto come se fosse fresco, traendo in inganno il cliente. L’inizio di una contrattazione non è un presupposto indispensabile per la punibilità del tentativo quando, come in questo caso, gli atti compiuti sono già di per sé chiari e inequivocabili.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio di massima importanza per tutti gli operatori del settore della ristorazione: la trasparenza nei confronti del cliente è un obbligo non solo etico, ma anche giuridico. La mancata indicazione nel menù dello stato di congelazione di un alimento non è una semplice dimenticanza, ma una condotta che può integrare una fattispecie penale grave come la tentata frode in commercio. La lezione per i ristoratori è chiara: il menù deve essere uno specchio fedele di ciò che viene servito in tavola. Ogni omissione può costare cara, non solo in termini di reputazione, ma anche in sede penale.

È necessario che un cliente ordini un piatto per configurare il reato di tentata frode in commercio con cibi surgelati?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera disponibilità di alimenti surgelati nelle cucine di un ristorante, non indicati come tali nel menù, è sufficiente a integrare il tentativo di frode, poiché costituisce un atto idoneo e non equivoco a ingannare i clienti, indipendentemente dall’inizio di una concreta contrattazione.

Per quale motivo è stata esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte ha ritenuto che il fatto non fosse di particolare tenuità in ragione del numero di alimenti coinvolti e delle possibili implicazioni per la salute degli avventori. I reati alimentari sono considerati di pericolo astratto, e la condotta è stata giudicata non minimale.

Cosa significa “doppia conforme” e quali sono le sue conseguenze sul ricorso in Cassazione?
Si ha una “doppia conforme” quando la sentenza del tribunale e quella della Corte d’Appello giungono alla medesima conclusione sulla responsabilità dell’imputato. In questo caso, i motivi di ricorso in Cassazione sono più limitati, e in particolare non è possibile contestare la valutazione delle prove, a meno che non si dimostri un palese e macroscopico travisamento della prova da parte di entrambi i giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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